Divieto di avvicinamento con indicazione dei luoghi interdetti
Il divieto di avvicinamento, misura cautelare disposta nei confronti dell'indagato, deve indicare la distanza che lo stesso deve rispettare, ma anche i luoghi specifici frequentati dalla vittima, da cui deve stare lontano. Questo quanto sancito dalla sentenza della Cassazione n. 7228/2023 (sotto allegata).
Il Gip applica la misura del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima in relazione alla imputazione per il reato di atti persecutori. Contro il provvedimento viene fatto ricorso, ma il Tribunale del riesame lo rigetta.
Nel ricorso in Cassazione il difensore dell'indagato evidenzia come il provvedimento presenti un evidente vizio di motivazione in quanto dispone l'obbligo di mantenere la distanza di 500 metri dalla persona offesa, ma senza l'indicazione specifica dei luoghi che la persona offesa frequenta abitualmente. Il tutto in palese violazione dei principi di tassatività e determinatezza previsti in relazione alle misure cautelari. Difetto tra l'altro, evidenzia il difensore, che non può essere rimesso a una successiva decisione Gip.
Motivo questo che la Cassazione accoglie in quanto la recente sentenza delle Sezioni Unite n. 39005/2021 ha sancito la necessità di indicare nel dettaglio i luoghi preclusi all'indagato che sia stato raggiunto da un divieto di avvicinamento alla vittima.
Non è quindi sufficiente che il giudice, nel disporre il divieto di avvicinamento, stabilisca solo la misura della distanza senza indicare specificamente i luoghi che la persona offesa frequenta abitualmente.
Ne consegue l'annullamento dell'ordinanza con rinvio al Tribunale affinché riesamini la questione relativa alla omessa indicazione dei luoghi che la vittima frequenta abitualmente, restando comunque fermo il punto stabilito della distanza di almeno 500 metri.
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Scarica pdf Cassazione n. 7228/2023