La Sezione Lavoro della Corte di Cassazione (Sent. n. 5221/2007) ha stabilito che per il riconoscimento del danno esistenziale lamentato dal lavoratore per il comportamento del datore di lavoro occorre la dimostrazione del nesso di causalità tra il lamentato danno e la condotta omissiva contestata "con argomentazioni chiare sull'iter logico seguito ed immuni da errori logico-giuridici". Aggiunge poi la Corte che "senza dubbio, pure in ipotesi di danno esistenziale il giudice di merito può fare ricorso alle presunzioni semplici, in quanto esse costituiscono una prova completa su cui il medesimo giudice può basare, anche in via esclusiva, il proprio convincimento, ma è necessario che a tale proposito la parte alleghi elementi di fatto i quali, per poter essere valorizzati come fonti di presunzione, devono presentare, come richiede l'art. 2729 cod. civ., i requisiti di precisione, gravità e concordanza, sì che da essi il giudice possa desumere secondo un criterio di normalità l'esistenza del fatto ignoto". Inoltre, i Giudici hanno evidenziato che "le Sezioni Unite, intervenute sul contrasto di giurisprudenza verificatosi in tema di prova del danno esistenziale derivante da dequalificazione professionale del lavoratore per fatto ascrivibile al datore di lavoro, se cioè tale danno consegua di per sé al demansionamento, oppure sia subordinato all'assolvimento da parte del lavoratore dell'onere probatorio circa l'esistenza del pregiudizio, con la citata pronuncia avvertono che non è sufficiente prospettare l'esistenza della dequalificazione e quindi chiederne genericamente il risarcimento, "non potendo il giudice prescindere dalla natura del pregiudizio lamentato, e valendo il principio generale per cui il giudice - se può sopperire alla carenza di prova attraverso il ricorso alle presunzioni ed anche alla esplicazione dei poteri ufficiosi previsti dall'art. 421 cod. proc. civ. - non può invece mai sopperire all'onere di allegazione che concerne sia l'oggetto della domanda, sia le circostanze in fatto su cui questa trova supporto". Con questa decisione la Corte ha confermato la decisione di secondo grado che aveva escluso la sussistenza del danno esistenziale lamentato da una lavoratrice a causa della condotta omissiva del datore di lavoro che non aveva dato riscontro alla domanda di mutamento del rapporto di lavoro da full-time in part-time, ritenendo non sussistere un nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta omissiva contestata.
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