- Bigenitorialità, diligenza e celerità i criteri cardine
- La riforma Cartabia
- Un precedente importante della Corte di Cassazione
- Esecuzione coattiva provvedimenti minorili non appartiene a stato di diritto
Bigenitorialità, diligenza e celerità i criteri cardine
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L'art. 8 della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e delle libertà fondamentali interpone il divieto di ingerenza dei pubblici poteri alla violazione del fondamentale rispetto alla vita privata e familiare della persona.
Inoltre La Corte Edu, allorquando chiamata a pronunciarsi sul rispetto della vita familiare di cui all'art. 8 CEDU e, soprattutto, alla crescita adeguata e serena del minore, ha precisato che è necessario un rigoroso controllo delle restrizioni alla capacità genitoriale e in particolare al c.d. diritto di visita dei genitori sotto il duplice profilo di diritto dei genitori e dei figli, ritenendo anche la mancanza di celerità delle procedure nazionali come una ingerenza eccessiva e arbitraria nei rapporti familiari: la Corte osserva che per un genitore e suo figlio stare insieme costituisce un elemento fondamentale della vita familiare e che, nell'adottare una decisione che riguardava i diritti garantiti dall'articolo 8 della Convenzione, sono necessarie sia diligenza che rapidità (Kutzner c. Germania n. 46544/99 CEDU 2002, Improta c. Italia n. 66396/14).
La riforma Cartabia
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La riforma Cartabia introduce nell'ordinamento italiano lo strumento della revocazione delle decisioni passate in giudicato il cui contenuto sia stato dichiarato contrario alla CEDU dalla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (entro 60 giorni dalla comunicazione o, in mancanza di comunicazione, entro 60 giorni dalla pubblicazione della sentenza della Corte europea).
Un precedente importante della Corte di Cassazione
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Nel sistema interno, non di rado la Corte di legittimità, cassando i decreti di merito impugnati con riferimento al principio del superiore interesse del minore disciplinato dagli artt. 337 ter c.c., dall'art. 8 Cedu e dall'art. 3 Convenzione ONU sui diritti dell'Infanzia, ha più volte affermato che, nell'interesse superiore del minore va assicurato il rispetto del principio di bigenitorialità, inteso come presenza comune dei genitori nella vita del figlio ovvero come presenza idonea a garantire al minore una stabile consuetudine di vita e solide relazioni affettive con i genitori.
L'ordinanza n. 9691/2022 (sotto allegata) in particolare, ha recentemente offerto un contributo di estrema chiarezza in un sistema che non di rado disapplica il buon senso, stabilendo il principio che, al fine di evitare una visione parziale dell'interesse del minore, nell'allontanamento del minore dal proprio alveo familiare debba essere necessariamente affrontata in concreto la questione delle conseguenze della sua sottrazione improvvisa a uno (o a entrambi) i genitori e all'ambiente familiare in cui è cresciuto.
La Corte motiva rammentando che non può essere sottaciuto che ogni decisione che si ponga il problema di privilegiare l'interesse del minore in prospettiva futura deve compiere un difficilissimo bilanciamento: la scelta della prospettiva futura può essere ragionevolmente privilegiata solo se è altamente probabile che dia esito positivo, vale a dire se l'allontanamento non costituirà invece un trauma per il minore; rammenta inoltre che l'allontanamento del minore dal suo nucleo familiare può avvenire solo per evitargli un pericolo grave e imminente per la sua incolumità e solo per il tempo strettamente necessario.
Esecuzione coattiva provvedimenti minorili non appartiene a stato di diritto
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In tale ottica, la Cassazione con l'ordinanza di cui sopra ha ribadito anche che l'"uso di una certa forza fisica diretta a sottrarre il minore dalla propria residenza per collocarlo altrove [nel caso di specie in una casa famiglia] non appare conforme ai principi dello Stato di diritto", "ponendo seri problemi anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona" sebbene ispirata a finalità di cura del minore medesimo.
Il nodo centrale della questione è costituito dall'obbligo di ascolto del minore, sovra dodicenne o infra dodicenne ma capace di discernimento, che costituisce nel processo un adempimento previsto a pena di nullità, a tutela dei principi del contraddittorio e della giustizia del processo medesimo, in relazione ai quale incombe al giudice che ritenga di ometterlo un obbligo di specifica motivazione, e ciò anche qualora opti per l'ascolto effettuato tramite indagini peritali, atteso che solo l'ascolto diretto del giudice dà spazio alla partecipazione attiva del minore al procedimento che lo riguarda (Cass. 1474/2021 cit. in Cass. 9691/2022).
Avv. Francesca Pietropaolo