Perdono giudiziale al minorenne
Sì al perdono giudiziale ma non all'assoluzione per il minore che dalla sua minicar lancia pietre contro un barbone che dorme sotto un cartone. E' quanto emerge dalla sentenza n. 23516/2023 (sotto allegata) della terza sezione penale della Cassazione.
Nella vicenda, il soggetto ricorre per l'annullamento della sentenza del Tribunale per i minorenni di Palermo che ha dichiarato non doversi procedere nei suoi confronti in ordine al reato di cui all'art. 674 cod. pen. per concessione del perdono giudiziale. Deduce, al riguardo, il malgoverno degli elementi di prova indicati dal Tribunale a sostegno della affermazione della propria penale responsabilità.
Per gli Ermellini, però, il ricorso è inammissibile.
Osserva, infatti, il collegio che "il ricorrente risponde del reato a lui ascritto perché mentre era a bordo di un minicar di colore scuro aveva lanciato delle pietre verso alcuni cartoni sotto i quali aveva trovato rifugio un senzatetto", che era "incontestata la materialità del fatto" (non contestata nemmeno dal ricorrente), per cui "il Tribunale ha ritenuto certa la responsabilità dell'imputato perché fermato, in piena notte e nelle immediate vicinanze del luogo del fatto, a bordo di una microcar perfettamente corrispondente alla descrizione che ne era stata fatta, senza che, oltretutto, egli fornisse una qualsiasi spiegazione alternativa che giustificasse la sua presenza". Orbene, affermano ancora dal Palazzaccio, "come correttamente evidenziato anche dal PG, il perdono giudiziale è causa di estinzione del reato (art. 169 cod. pen.); ne consegue che i margini di valutazione del vizio di motivazione dedotto in sede di legittimità sono segnati dall'art. 129, cpv., c.p.p., che limita la rilevabilità del vizio ai soli casi di evidenza dell'innocenza dell'imputato rilevabile 'ictu oculi'".
Nel caso di specie, la valenza evocativa del dato processualmente certo della presenza dell'imputato in piena notte, a bordo della macchina corrispondente a quella descritta e oggetto di ricerche, in zona non lontana dal luogo del fatto e dopo pochi minuti, "esclude l'evidente innocenza del ricorrente il quale, peraltro, deduce il vizio di travisamento della prova (il numero di targa, afferma, non era stato fornito dal senzatetto ma accertato ex post dagli operanti), senza però allegare il dato probatorio a suo dire travisato e senza spiegarne la decisività ai fini non tanto di un successivo riesame, nel merito, dei fatti bensì dell'unico argomento di interesse: l'evidenza della sua innocenza".
Tale evidenza "non emerge dalla lettura della sentenza impugnata con conseguente inammissibilità del ricorso".
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