Per il CNF, l'istituto della rimessione in termini richiede una causa di forza maggiore o caso fortuito che abbia il carattere di assolutezza

Rimessione in termini

"L'istituto della rimessione in termini (art. 153 co. 2 cpc) ha una connotazione di carattere generale e, come tale, trova in astratto applicazione anche nella fase di gravame dinanzi al CNF, ricorrendone i presupposti, ovvero una causa di forza maggiore o caso fortuito, giacché il concetto di non imputabilità deve presentare il carattere dell'assolutezza, non essendo sufficiente la prova di una impossibilità relativa, quale potrebbe essere la semplice difficoltà dell'adempimento o il ricorrere di un equivoco, evitabile con l'ordinaria diligenza, anche in ossequio ai doveri di diligenza e competenza imposti all'avvocato dai principi generali del CDF". Così il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 34/2023 (sotto allegata) dichiarando inammissibile il ricorso di un avvocato avverso la sanzione disciplinare della sospensione per mesi 6.

Nel caso di specie, la richiesta di rimessione in termini era fondata su asseriti problemi alla casella di posta elettronica certificata, che, a dire, del ricorrente, per tale motivo non aveva ricevuto notizia del procedimento disciplinare a suo carico, di cui pertanto chiedeva la "riapertura".

Ma "l'incapienza della casella PEC, dichiarata e certificata dalla ricorrente, non presenta i caratteri di non imputabilità e assolutezza necessari a legittimare il beneficio richiesto" ha concluso il CNF.

Scarica pdf CNF n. 34/2023

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