Deposito fiduciario: escluso l'obbligo di fatturazione
Le somme ricevute dall'avvocato in deposito fiduciario dal cliente non vanno fatturate. "Deve escludersi la sussistenza dell'illecito di cui agli artt. 16 e 29 cdf con riferimento alle somme ricevute dall'avvocato a titolo di deposito, per le quali infatti non sussiste l'obbligo di fatturazione, che si riferisce infatti ai soli importi ricevuti a titolo di compenso professionale (art. 3 del DM 31.10.1974)". Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 86/2023 (sotto allegata).Tuttavia, ricorda il CNF sono necessarie istruzioni scritte.
"Qualsiasi somma corrisposta all'avvocato ed estranea al compenso professionale, deve essere custodita nel rispetto di precise regole. In particolare, al fine di evitare che si verifichino situazioni ambigue e poco trasparenti che potrebbero nuocere all'immagine dell'avvocatura, è necessario che la gestione del denaro avvenga sulla base di istruzioni scritte e ben definite (art. 30, co. 4, cdf), a prescindere dalla richiesta della parte assistita" spiega infatti il Consiglio.
La ratio di una disciplina così rigorosa nasce, evidentemente, dalla volontà del legislatore di evitare che la disponibilità del denaro nelle mani dell'avvocato sia "libera ed incontrollata", al punto da potersi concretizzare abusi di tale situazione in danno del rapporto fiduciario che si instaura tra difensore e cliente ed in spregio delle eccezionali condizioni per cui l'avvocato entra in possesso di tali somme (la sua qualifica professionale), senza contare il rischio patrimoniale che la confusione indotta dalla allocazione delle somme in rapporti non immediatamente riconducibili al cliente, possono produrre.
Scarica pdf CNF n. 86/2023• Foto: 123rf.com