Il Consiglio Nazionale Forense chiarisce i confini del divieto di assumere l'incarico nei confronti dell'ex cliente, sottolineando il concetto di estraneità

Divieto di assumere incarico nei confronti dell'ex cliente e concetto di estraneità

"L'avvocato non può né deve assumere un incarico professionale contro una parte già assistita, se non dopo il decorso di almeno un biennio dalla cessazione del rapporto professionale, ma anche dopo tale termine deve comunque astenersi dall'utilizzare notizie acquisite in ragione del rapporto già esaurito". E' quanto ha affermato il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 100/2023. Peraltro, si tratta di un divieto non soggetto ad alcun limite temporale se l'oggetto del nuovo incarico non sia estraneo a quello espletato in precedenza, "ovvero quando dovesse assistere un coniuge o convivente more uxorio contro l'altro dopo averli assistiti congiuntamente in controversie di natura familiare, ovvero ancora quando abbia assistito il minore in controversie familiari e poi dovesse assistere uno dei genitori in successive controversie aventi la medesima natura o viceversa" specifica il CNF.

L'art. 68, comma 2, CDF eleva a parametro selettivo della condotta sanzionabile, infatti, il concetto di "estraneità", opportunamente evocato dal regolatore forense in luogo del concetto di "diversità" per chiarire, già dal punto di vista letterale, spiega il Consiglio, "come la condotta dell'avvocato assume potenziale rilievo disciplinare non solamente quando l'oggetto del secondo mandato non differisce da quello del primo - cioè quando petitum e causa petendi non sono diversi -, ma anche quando l'oggetto del nuovo incarico non è estraneo a quello espletato in precedenza, nonostante petitum e causa petendi differiscano, per via della consonanza tra gli incarichi professionali alla luce dei doveri fondamentali di probità, lealtà e correttezza che si impongono all'avvocato nell'esercizio della sua attività professionale: è solo attraverso il filtro costituito dalla trama dei doveri fondamentali che debbono guidare anche nei rapporti con i terzi la condotta del professionista che si rende perciò possibile misurare quanto il nuovo incarico risulti estraneo a quello già espletato". Una valutazione condotta dal giudice disciplinare unicamente in fatto, perché è solo attraverso l'apprezzamento degli elementi di fatto che connotano la fattispecie oggetto di disamina che egli è posto in grado di stabilire o meno se il nuovo incarico possa dirsi estraneo al precedente, sicché il relativo responso è sottratto al sindacato della Corte di Cassazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 10810/2023).

Scarica pdf CNF n. 100/2023

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