La Cassazione ha chiarito che l'elezione di domicilio in sede di impugnazione non è necessaria se l'imputato è detenuto

Elezione di domicilio e imputato detenuto: il caso

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La Cassazione, con la sentenza n. 38442/2023, ha chiarito che l'elezione di domicilio in sede di impugnazione non è necessaria se l'imputato è detenuto.

Nella vicenda, la Corte d'Appello di Torino, con ordinanza del gennaio 2023, dichiarava inammissibile un appello proposto dal difensore di un imputato rilevando l'assenza della dichiarazione o elezione di domicilio, così come statuito dall'art. 581 comma 1 ter c.p.p.

La difesa proponeva ricorso per Cassazione, lamentando la violazione dell'art. 606 comma 1 lett. c) c.p.p. in relazione alla corretta applicazione dell'art. 581 comma 1 ter c.p.p.; nello specifico, si evidenziava la superfluità dell'atto di dichiarazione o elezione di domicilio, dal momento che il decreto di citazione sarebbe stato notificato personalmente all'imputato in carcere, così come previsto dall'art. 156 c.p.p.

L'art. 156 comma 1 c.p.p.

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1. Le notificazioni all'imputato detenuto, anche successive alla prima, sono sempre eseguite nel luogo di detenzione mediante consegna di copia alla persona.

L'art. 581 comma 1 ter c.p.p.

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1 ter. Con l'atto di impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata, a pena di inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

La pronuncia della Cassazione

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Il Supremo Consesso accoglieva la doglianza del ricorrente, annullando con rinvio la sentenza impugnata.

In prima battuta, spiegava come la ratio a base della disposizione normativa di recente introduzione (D.Lvo. n.150/2022) fosse da individuare nella garanzia di speditezza e celerità del giudizio, esonerando l'Autorità Giudiziara dal compito di effettuare ricerche volte all'individuazione del luogo della notifica.

Tuttavia, è lapalissiano affermare che tale necessità venga meno laddove l'imputato sia detenuto, perché il luogo è certo e la notifica agevole.

Del resto, l'art. 161 c.p.p. disciplina l'onere di dichiarazione o elezione di domicilio solo per i soggetti liberi, intervenendo per i detenuti, invece, l'art. 156 c.p.p., secondo cui la notifica è sempre eseguita nel luogo di detenzione.

La Corte, poi, asserisce che il dettame dell'art. 156 c.p.p. è previsto per consentire al detenuto la "facoltà di una consapevole difesa, tanto più necessaria stante il grave status derivante dalla detenzione", onde evitare il rischio che "il domiciliatario, nonostante il rapporto fiduciario, possa non comunicare al detenuto la notifica di atti che lo riguardano e privarlo così della possibilità di partecipare al processo e difendersi in modo tempestivo ed adeguato".

Alla luce di quanto rilevato, in caso di imputato detenuto, l'applicazione dell'art. 581 comma 1 ter c.p.p. sarebbe priva di adeguata ratio giustificatrice: del tutto inutile, visto che, a prescindere dalla dichiarazione od elezione di domicilio, il decreto di citazione andrebbe comunque notificato a mani all'interessato in carcere.

Non solo. Il Giudice nomofilattico ha altresì evidenziato che l'attuazione della disposizione ex art. 581 comma 1 ter

anche per il detenuto, rischia di trasformasi in un sovrabbondante formalismo che andrebbe addirittura in contrasto con gli artt.3 Cost. e 6 CEDU. Invero, la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha più volte ribadito che l'applicazione di determinate formalità, da osservare per la proposizione di un ricorso, rischia di violare il diritto di accesso alla giustizia quando l'interpretazione eccessivamente formalistica della legge impedisce di fatto l'esame nel merito del ricorso.

Nessun problema di sorta in caso di scarcerazione all'atto della notifica, dal momento che in tale sede l'imputato è tenuto alla dichiarazione o elezione di domicilio ex art. 161 c.p.p. che sarà a disposizione del giudicante.


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