- Il reclamo contro gli atti del professionista delegato
- Il termine per proporre ricorso al giudice dell'esecuzione
- Gli artt. 591-ter e 534-ter dopo la Riforma Cartabia
- Il decreto del giudice su richiesta del professionista delegato
Il reclamo contro gli atti del professionista delegato
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Il ricorso al giudice dell'esecuzione è il rimedio a disposizione delle parti e di ogni altro soggetto interessato, nell'ambito del processo esecutivo, contro gli atti del professionista delegato.
Tale reclamo va proposto entro venti giorni dal compimento dell'atto o dalla sua conoscenza ed è compiutamente disciplinato dagli artt. 591-ter c.p.c., in tema di espropriazione immobiliare, e 534-ter c.p.c., in tema di espropriazione mobiliare.
Entrambe queste disposizioni, che condividono un testo sostanzialmente identico, sono state sensibilmente modificate dalla recente Riforma Cartabia, che, rispetto alla precedente disciplina, ha introdotto importanti modifiche, applicabili ai procedimenti esecutivi instaurati a partire dal 1° marzo 2023.
Il termine per proporre ricorso al giudice dell'esecuzione
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Per comprendere appieno la disciplina codicistica del ricorso al giudice dell'esecuzione e la portata normativa delle modifiche intervenute con la citata Riforma, è opportuno ricordare che quest'ultima ha previsto la vendita delegata come la modalità ordinaria con cui viene eseguita la vendita forzata, relegando solo in via residuale l'ipotesi di gestione diretta della vendita da parte del giudice (cfr. art. 591-bis, secondo comma).
Ne discende la grande importanza di prevedere un adeguato sistema di rimedi avverso gli atti del professionista delegato alla vendita. Ebbene, a questo proposito, l'innovazione più rilevante introdotta nel testo degli artt. 591-ter e 534-ter è proprio l'introduzione di un termine entro cui proporre il ricorso al giudice dell'esecuzione avverso gli atti del professionista.
Il termine perentorio di venti giorni di cui si è detto sopra, infatti, postula che, in caso di mancato reclamo, l'atto posto in essere dal professionista si stabilizza, nel senso che i vizi in esso eventualmente contenuti devono considerarsi sanati.
Questa circostanza ha un'importante conseguenza. In base alla previgente disciplina, infatti, mancando un termine di impugnazione, i vizi di qualsiasi atto del professionista potevano ripercuotersi sulla validità degli atti successivi della procedura, ivi compreso l'atto conclusivo, cioè il decreto di trasferimento del bene. Quest'ultimo, quindi, poteva essere impugnato anche per nullità derivata da atti precedenti, a scapito quindi della certezza in ordine all'aggiudicazione del bene.
Con la previsione di un termine, pertanto, tale rischio è oggi scongiurato nelle procedure a cui la nuova disciplina è applicabile.
Gli artt. 591-ter e 534-ter dopo la Riforma Cartabia
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Il giudice dell'esecuzione decide sul ricorso con ordinanza, impugnabile con il rimedio dell'opposizione agli atti esecutivi di cui al secondo comma dell'art. 617 c.p.c. Anche questa previsione rappresenta una novità introdotta dalla Riforma Cartabia, dal momento che, nella precedente disciplina, l'ordinanza veniva impugnata davanti al collegio ex art. 669-terdecies.
Immutata resta, invece, la previsione secondo cui la proposizione del ricorso contro gli atti del professionista delegato non è idonea a sospendere le operazioni di vendita, salvo diverso avviso del giudice, ove concorrano gravi motivi.
Il decreto del giudice su richiesta del professionista delegato
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Gli articoli in esame contengono anche un'altra norma di notevole rilievo, già prevista nella formulazione precedente alla Riforma. Il primo comma degli artt. 591-ter e 534-ter, infatti, dispone che "quando nel corso delle operazioni di vendita insorgono difficoltà, il professionista delegato può rivolgersi al giudice dell'esecuzione, il quale provvede con decreto".
Si tratta di una previsione che ribadisce lo stretto legame che permane tra professionista delegato e giudice dell'esecuzione, con il primo nei panni del "braccio operativo" della procedura di vendita e il secondo che rimane, nonostante la delega, il punto di riferimento cui, non a caso, il codice riserva il potere di vigilanza sull'operato del professionista e la facoltà di sostituzione del medesimo (cfr. art. 591-bis, undicesimo comma).
Anche su questo punto, in ogni caso, la Riforma ha inciso in maniera rilevante. Il decreto con cui provvede sull'istanza del delegato, infatti, non è più soggetto al reclamo delle parti o degli interessati, che sotto la previgente disciplina potevano impugnarlo con ricorso, analogamente a quanto accadeva (e accade) nei confronti degli atti del professionista delegato.
In ogni caso, è da ritenere che tale decreto possa essere impugnato con opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., come ogni altro atto dell'esecuzione e, in particolare, come l'ordinanza che consegue al ricorso contro gli atti del delegato, di cui si è detto più sopra.
Si ritiene, inoltre, sulla scorta dell'esperienza giurisprudenziale fin qui maturata, che il decreto con cui il giudice fornisce le indicazioni richieste dal professionista sia comunque revocabile e modificabile, finché non sia stato eseguito.
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