Per il tribunale di Milano non c'è nessun ritardo se il tracciato non mostra avvisaglie di rischio e i sanitari si sono attenuti alle linee guida


Nessun ritardo nel taglio cesareo se il tracciato non mostra avvisaglie di rischio. Così il tribunale di Milano nella sentenza del 20 settembre 2023 (sotto allegata).

A trascinare in giudizio i genitori di un bambino che, a causa del ritardo nell'esecuzione del parto cesareo urgente subiva danni gravi e, nonostante i tentativi di rianimazione decedeva 48 ore dopo la nascita. Per gli attori la causa era l'"ingiustificabile ritardo dei sanitari" nell'esecuzione del taglio cesareo, giacché già nei primi minuti di monitoraggio eseguito avrebbero dovuto porre indicazione di immediata esecuzione dell'operazione o comunque "in epoca ben più precoce rispetto a quando l'intervento è stato effettivamente praticato". Per la struttura ospedaliera, non vi era alcuna responsabilità dei sanitari, invece, poiché i numerosi accertamenti erano stati eseguiti nel rispetto della procedura e nei tempi raccomandati e il decesso del piccolo era "unicamente riconducibile all'improvvisa e massiva emorragia feto-materna occorsa durante il travaglio, rara e imprevedibile patologia, che non poteva essere diagnosticata dagli operatori, a cui la paziente non aveva mai riferito di incidenti e/o cadute che potessero giustificarla e che - unitamente alla patologia funicolare riscontrata alla nascita ed a condizione placentare evidenziata dall'esame istologico - ha determinato l'asfissia intrapartum".

Il tribunale dà torto ai ricorrenti, richiamando la giurisprudenza della Suprema Corte in materia (cfr., tra le altre, Cass. n. 19541/2015 e Cass. n. 28987/2019) escludendo qualsiasi responsabilità della struttura sanitaria, come evidenziato dall'accertamento peritale svolto dal CTU che ha rilevato come il tracciato non manifestava evidenti alterazioni e che dal momento della decisione (dopo il partogramma) di procedere a taglio cesareo alla estrazione erano trascorsi solo 18 minuti in piena aderenza a quanto previsto dalle linee guida. "Considerando le condizioni materne e fetali al momento del ricovero, il monitoraggio fetale era da considerare necessario per valutare nel tempo le condizioni del feto. Sono state rispettate le Linee Guida e al momento in cui improvvisamente è comparsa la gravissima decelerazione che, per quanto conosciuto fino a quel momento, non era prevedibile è stata data l'indicazione chirurgica" ha proseguito il giudice. Per cui, "alla luce dei chiarimenti offerti l'indagine deve considerarsi completa ed esaustiva nel senso di escludere una negligenza colposa da parte dei sanitari operanti, alla luce dei segnali di allarme raccolti al termine di una gravidanza definita normale in un feto definito sano".

"Deve quindi ritenersi che, alla luce della situazione clinica presentata dalla sig.ra non vi fossero segnali di allarme tali da prevedere la necessità od anche la opportunità di procedere ad un parto cesareo, che rimane comunque un intervento non routinario e non preferibile al parto spontaneo in corso di travaglio. Non risulta accertato un ritardo né, una volta che l'urgenza si è verificata, i tempi di estrazione chirurgica del feto sono stati superiori a quelli indicati dalle linee guida" ha concluso il giudice non ravvisando "con criterio ex ante e giustificato dalla osservazione clinica e dalla linee guida richiamate, un ritardo nel procedere a taglio cesareo caratterizzato da negligenza od imperizia, in buona sostanza da colpa medica".

Scarica pdf Trib. Milano 20.9.2023

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