La Corte di Cassazione (cfr. Cass. n. 31351/2022) sancisce che le violenze fisiche e morali perpetrate da uno dei coniugi rappresentano violazioni così gravi degli obblighi matrimoniali da essere il fondamento, non soltanto per la pronuncia di separazione, in quanto determinante la intollerabilità della convivenza, ma anche ai fini della dichiarazione di addebito, esonerando il giudice dall'obbligo di effettuare una comparazione, con l'eventuale comportamento del coniuge vittima delle violenze, trattandosi di comportamento che, a cagione dell'estrema gravità, sono comparabili solo con comportamenti dello stesso tipo.
Nella vicenda, all'attenzione della S.C., la Corte d'Appello di Catania aveva confermato la sentenza di separazione giudiziale del Tribunale di Siracusa, con la quale erano state rigettate le domande reciproche di addebito spiegate dai coniugi.
La Corte aveva sposato la tesi del tribunale in relazione all'esclusione dei presupposti per l'addebito della separazione al marito, in relazione alle condotte violente sostenute dalla moglie, nonostante le testimonianze dei figli, ritenendo non raggiunta la prova certa delle condotte di violenza reiterata nei confronti della moglie.
La Corte aveva, infatti, sottolineato la mancata indicazione di fatti precisi, di elementi oggettivi o testimonianze di persone estranee al nucleo familiare, a conferma delle condotte denunciate.
La moglie ricorreva in Cassazione, lamentando che il giudice d'appello avesse sbagliato nel considerare non dimostrate le condotte violente del marito poste a fondamento della domanda di addebito, risultanti invece da una serie concreta di elementi emersi in istruttoria dai quali risultava la consumazione delle violenze denunciate (denunzie, provvedimenti di allentamento del questore, referti medici, prove per testi).
La Corte di Cassazione ha accolto le doglianze della moglie.
Nello specifico, in relazione ai comportamenti tenuti dal marito ha riaffermato il principio per cui "Le violenze fisiche costituiscono violazioni talmente gravi e inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole - quand'anche concretantesi in un unico episodio di percosse - non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l'intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all'autore, e da esonerare il giudice del merito dal dovere di comparare con esse, ai fini dell'adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando altresì irrilevante la posterità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass. 7388/2017)".
La Corte quindi stabilisce, sull'addebito, che la condotta violenta di un coniuge nei confronti dell'altro, per la sua gravità, abbia carattere assorbente e non sia comparabile con il comportamento della vittima della violenza, anche qualora si tratti di un unico episodio di violenza.
La Corte ribadisce così l'orientamento già espresso nell' ordinanza Cass. n. 27324 del 2022 ritenendo il "singolo" episodio idoneo a sconvolgere "definitivamente" l'equilibrio della coppia poiché lesivo della dignità della persona.
La Corte di Cassazione, evidenzia, l'irrilevanza della "posterità temporale" della condotta violenta rispetto al manifestarsi della crisi coniugale (Cass.n. 7388/2017), ritenendo quindi, anche sotto il profilo temporale, che tale condotta non possa mai essere giustificata come reazione successiva al comportamento del soggetto passivo.