La Cassazione torna su un istituto risalente nel tempo, il livello, spiegandone caratteristiche e differenze con l'enfiteusi

Cos'è il livello

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Il livello (detto anche precario) è un istituto avente origini romane. Si trattava, in particolare, di un contratto in forma scritta che nasceva da una petizione del richiedente, il quale redigeva due libelli di uguale contenuto, dove venivano specificate le condizioni della concessione di un terreno. Se la petizione veniva accolta, uno dei due libelli veniva trattenuto dal concedente e l'altro veniva consegnato al concessionario.

Il livello aveva ad oggetto beni di qualsiasi entità e natura, di qualsiasi durata, e prevedeva di norma un canone pecuniario o in natura.

Veniva stipulato fra persone di varie condizioni sociali e venne molto utilizzato dalla Chiesa, la quale richiedeva una rigorosa procedura formale per la sua costituzione, poiché il livello conferiva al livellario un diritto reale di pieno godimento sulla cosa.

Il termine "livello", derivante da libellus - la scrittura in doppio originale (duo libelli pari tenore conscripti) con cui veniva stipulato il contratto costitutivo del diritto e nel quale venivano documentati gli obblighi delle parti - designa un contratto conosciuto già nel tardo diritto romano e molto diffuso nel medioevo e fino alle soglie dell'età contemporanea, avente ad oggetto il possesso e lo sfruttamento, generalmente con clausole di miglioria, di fondi rustici, o anche urbani (cfr. Cass. n. 30823/2023).

Natura e disciplina del livello

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Sulla natura e disciplina dell'istituto in esame, la Corte Costituzionale, con sentenza del 9.7.1959, n. 46, ha affermato che l'istituto del livello è stato dal legislatore considerato nella sua autonomia e disciplinato con criteri autonomi, che in parte coincidono ed in parte contrastano con la disciplina giuridica dell'enfiteusi e degli istituti similari.

La Corte di legittimità ha, però, affermato che i livelli erano soggetti alla disciplina del contratto enfiteutico vero e proprio perché il livello non corrisponde nel diritto positivo vigente - e del resto non corrispondeva neppure nel passato - ad un istituto giuridico che presentasse una sua autonomia giuridica rispetto all'enfiteusi.

Con il contratto di livello, il concedente si obbligava a mantenere il livellario nella concessione senza, in tanti casi, pretendere un corrispettivo (detto censo, spesso in natura o in denaro) o pretendendo un corrispettivo simbolico (censo livellare).

Il livellario, titolare di un diritto reale di godimento, era tenuto a curare e migliorare le terre. Il diritto del livellario era estremamente ampio, poiché poteva compiere ogni attività sul terreno, anche alienarlo o assoggettarlo a servitù, fermo restando il diritto di prelazione del concedente.

Livello ed enfiteusi

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Il "livello" si identifica in un diritto reale di godimento assimilabile all'enfiteusi (cfr. Cass. 1366/1961, Cass. 1682/1963, Cass. 64/1997, Cass. 23752/2011, Cass. 9135/2012, Cass. 3689/2018).

Secondo autorevole dottrina, infatti, la disciplina dell'enfiteusi, nell'ambito degli istituti di antica tradizione contemplati nel Libro sulla proprietà, rispecchia l'antica distinzione tra un dominio utile del soggetto - l'enfiteuta, al quale sono attribuite nella sostanza facoltà assai simili a quelle di un dominus - ed un dominio eminente e diretto in capo al concedente, al quale sembra far capo la sola formale qualità di proprietario, poiché il corrispondente diritto è quasi integralmente svuotato di contenuto.

Nella successiva evoluzione storica, fino ai nostri giorni, i nomi "livello" ed "enfiteusi" vennero promiscuamente adoperati nell'uso comune, per modo che i due istituti, pur se originariamente distinti finirono in prosieguo, già prima delle codificazioni moderne, per confondersi ed unificarsi, con la conseguente estensione della generale disciplina sulla enfiteusi anche ai livelli.

La figura del livellario e quella dell'enfiteuta appaiono infatti considerate unitariamente, ad esempio, nel Regolamento per l'esecuzione delle disposizioni legislative sul riordinamento dell'imposta fondiaria, approvato con il R.D. n. 1539 del 1933, con riguardo le modalità di intestazione dei beni (art. 55) e nel Regolamento per la conservazione del nuovo catasto terreni, approvato con il R.D. n. 2153 del 1938, con riguardo alle modalità di redazione della nota di voltura (art. 29).

Si realizzò, pertanto, nel corso dei secoli una totale fusione tra i due istituti a vantaggio dell'enfiteusi, con la conseguente estensione, in maniera diretta ed analogica, ai livelli della disciplina e della normativa prevista per l'enfiteusi dal codice civile e dalle varie leggi speciali che si sono succedute nel tempo.

Costituzione ed estinzione del diritto

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Quanto all'estinzione del diritto, l'esame dell'atto costitutivo è essenziale per accertare se il contratto prevedesse un termine o fosse perpetuo, integrando una colonia perpetua (Cass., Sez. III, 15.6.1985, n. 3601).

Sempre l'atto costitutivo consente di verificare l'effettiva natura del rapporto intercorso tra le parti, avendo la giurisprudenza affermato che "non possa considerarsi costitutivo di enfiteusi il contratto che, oltre a non prevedere l'obbligo di miglioramenti, rechi una destinazione del fondo oggettivamente incompatibile con ogni successiva miglioria" (Cass. 10646/1994).


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