- Procedimento penale
- Opposizione alla richiesta di archiviazione
- Limitazione al diritto di opposizione: la giurisprudenza
- Disparità di trattamento e di "potere processuale"
Procedimento penale
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Con il deposito della denuncia/querela da parte della persona offesa del reato ha inizio quel che viene definito "Il procedimento penale", un insieme di fasi che, ove sussistano tutti gli elementi richiesti dall'Ordinamento Giuridico, porterà poi alla celebrazione di un processo penale e all'eventuale sentenza di condanna o di assoluzione dell'imputato.
Tale procedimento ha inizio con le Indagini Preliminari che rappresentano la fase nella quale, la Procura della Repubblica, grazie ai propri inquirenti, tenta di ricostruire, mediante l'acquisizione di prove, gli eventi descritti in denuncia/querela e stabilire se sussistano o meno gli elementi previsti dalla fattispecie incriminatrice.
Una volta ultimate le indagini preliminari, il PM si troverà di fronte ad un bivio, e cioè dovrà decidere se esercitare l'azione penale, mediante la richiesta di rinvio a giudizio, oppure, ove non ritenga sussistente la configurazione del reato, presentare al GIP la c.d. richiesta di archiviazione.
La richiesta di archiviazione è l'atto con cui il PM dichiara la propria decisione di non voler esercitare l'azione penale nei confronti dell'indagato in quanto ritiene infondata la notizia di reato.
Opposizione alla richiesta di archiviazione
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A seguito della richiesta di archiviazione, notificata alla parte offesa del reato, l'Ordinamento Giuridico, con l'art. 410 c.p.p., riconosce a quest'ultima la possibilità di opporsi presentando nel termine di 20 o 30 giorni, a seconda del reato in questione, un proprio atto, denominato "opposizione alla richiesta di archiviazione" che verrà sottoposto al vaglio del GIP.
L'articolo in questione, nello specifico cita:
"1. Con l'opposizione alla richiesta di archiviazione la persona offesa dal reato chiede la prosecuzione delle indagini preliminari indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova. 2. Se l'opposizione è inammissibile e la notizia di reato è infondata, il giudice dispone l'archiviazione con decreto motivato e restituisce gli atti al pubblico ministero. 3. Fuori dei casi previsti dal comma 2, il giudice provvede a norma dell'articolo 409 commi 2, 3, 4 e 5, ma, in caso di più persone offese, l'avviso per l'udienza è notificato al solo opponente".
Tale articolo disciplina i casi in cui, a seguito della richiesta di archiviazione avanzata dal PM ex art. 408 c.p.p., la persona offesa dal reato, voglia opporsi, chiedendo al medesimo GIP dinanzi al quale è stata presentata la richiesta di archiviazione del PM, di analizzare le indagini svolte e disporne la prosecuzione o la formulazione di un'imputazione coatta.
L'articolo in questione, all'interno del co. 1, presenta però una particolare indicazione (indicando, a pena di inammissibilità, l'oggetto della investigazione suppletiva e i relativi elementi di prova) che impone al soggetto opponente di indicare, a pena di inammissibilità, uno o più elementi su cui si richiede che vengano svolte ulteriori indagini, prevedendosi, in caso di mancata indicazione, un provvedimento di rigetto immediato da parte del Gip senza che venga svolta una valutazione delle doglianze indicate nell'atto di opposizione.
Limitazione al diritto di opposizione: la giurisprudenza
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Questa previsione normativa, rappresenta una chiara limitazione del diritto di opporsi alla richiesta di archiviazione da parte della parte offesa dal reato in quanto, non consentendole di impugnare semplicemente le valutazioni fatte dal PM durante le indagini preliminari e di dare una diversa interpretazione alla fattispecie in questione richiedendo poi al GIP di valutare quale delle due interpretazioni sia quella giusta, obbliga l'opponente a dover quasi inventarsi nuovi elementi di prova da indicare al GIP in quanto, ove tale indicazioni non fossero presenti e pertinenti, tale Gip si limiterà, senza neanche leggere le motivazioni contenute nell'atto di opposizione, a dichiararlo inammissibile, precludendo, in questo modo, ogni possibile futura attività della parte offesa nel medesimo procedimento. Infatti, una volta emesso il decreto di archiviazione da parte del GIP, il procedimento in questione di chiuderà definitivamente (tranne nei casi di richiesta del PM di riapertura delle indagini in caso di nuove prove) e la parte offesa non potrà fare altro che prenderne atto non potendo poi impugnare tale provvedimento se non mediante "reclamo" ex art. 410 bis c.p.p, nei casi di "violazione formale del contraddittorio".
Infatti, come ben specificato dalla Suprema Corte, con sentenza n. 6685 del 20.02.2020, "Il provvedimento di archiviazione è reclamabile solo dinanzi al Tribunale in composizione monocratica nei soli casi di nullità previsti dalla legge, e quindi nei soli casi di mancato rispetto delle regole poste a garanzia del contraddittorio formale e non quindi del contraddittorio sostanziale relativamente a censure concernenti la valutazione del giudice circa la configurabilità del reato prospettato nella condotta dell'indagato".
Ritornando al co. 1 dell'art. 410 c.p.p., la previsione normativa in esso contenuta, è stata oggetto di dibattito sia in dottrina che in giurisprudenza creando non pochi dubbi e contrasti tra le varie interpretazioni, fino ad arrivare ad essere esaminata anche dalla Corte Costituzionale la quale, con sentenza n. 95 del 1997, ripresa da seguenti pronunce della Corte di Cassazione (fra le altre, Cass. pen., 14 gennaio 2003, n. 19039), ha statuito che "la disciplina apprestata dall'art. 410 commi 1, 2 e 3 c.p.p. è idonea a tutelare le ragioni della persona offesa sia nel caso in cui questa intenda contrastare carenze e lacune investigative, sia quando l'opposizione sia basata su una valutazione dei fatti ovvero su ragioni di diritto diverse da quelle poste a base della richiesta di archiviazione del p.m.; sicché, dal sistema del codice, emerge chiaramente che, in sede di opposizione, la persona offesa, nei casi in cui si trovi nell'impossibilità di chiedere la prosecuzione delle indagini preliminari, può comunque far valere le ragioni volte a contrastare la richiesta di archiviazione, in accordo del resto con la facoltà riconosciutale in via generale dall'art. 90 c.p.p. di presentare memorie al giudice, con la conseguenza che questo può non accogliere la richiesta di archiviazione e fissare l'udienza in camera di consiglio ai sensi dell'art. 409 comma 1 c.p., così pervenendo ad un risultato analogo a quello previsto dalla specifica disciplina apprestata dai commi 1 e 2 dell'art. 410 c.p.p.".
Disparità di trattamento e di "potere processuale"
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Tale principio, però, anche se ben specificato sia dalla Corte Costituzionale che da varie pronunce della Corte di Cassazione, ha ben presto lasciato spazio ad una interpretazione molto più ristrettiva della normativa che ha determinato un continuo rigetto degli atti di opposizione che non presentassero l'indicazione di elementi nuovi sui quali si richiedeva un'integrazione di indagine. Infatti, ad oggi, analizzando la stragrande maggioranza, se non addirittura la totalità dei procedimenti di opposizioni alle richieste di archiviazioni, si nota che è ormai diventata prassi comune quella di ammettere, con conseguente fissazione dell'udienza camerale ex. art. 410 co.3 c.p.p., solo ed esclusivamente gli atti contenenti le indicazioni di indagini suppletive limitando in tal modo il diritto della parte offesa di contestare l'interpretazione data dal PM dei fatti descritti in denuncia/querela e degli elementi emersi dalle indagini preliminari.
Tale modus operandi, però, determina una disparità di trattamento e di "potere processuale" tra la parte offesa e il PM, con la conseguente attribuzione di un enorme potere a quest'ultimo, a discapito del primo, che diventa l'unico titolare del diritto di interpretazione degli eventi e delle risultanze delle indagini preliminari, non permettendo, di conseguenza, alla parte offesa di fornire una propria interpretazione al GIP senza l'obbligo normativo di dover invece indicare nuovi elementi sui quali richiedere ulteriori indagini.
Avv. Vito Amalfitano
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