L'accordo in ordine alle spese straordinarie
La vicenda in esame prende avvio dalla contestazione, formulata dal padre non convivente nei confronti dell'ex coniuge, per avere quest'ultimo deciso, senza preventivamente consultarsi con il primo, di sostenere diverse spese per la figlia, ritenute straordinarie, tra cui quelle di alloggio universitario, di frequenza di un corso di equitazione e di soggiorno per un periodo di studi all'estero.
Il Giudice di primo grado aveva respinto la suddetta doglianza ed il genitore non convivente aveva proposto appello dinanzi alla Corte territoriale, la quale confermava gli esiti cui era giunto il Tribunale.
In particolare, la Corte d'Appello aveva affermato che "per spese straordinarie devono intendersi quelle che, per la loro rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita dei figli", precisando "che l'effettuazione delle stesse non richiede la previa informazione o concertazione con l'altro genitore, il quale può rifiutarne il rimborso soltanto nel caso in cui non rispondano all'interesse del figlio o risultino incompatibili con le sue condizioni economiche".
Sulla scorta di tali premesse, la Corte d'Appello aveva pertanto ritenuto "non significative le ragioni del dissenso manifestato dal padre, rilevando che, in una comunicazione alla madre, l'appellante si era limitato a contestare la necessità del trasferimento in altra città, ai fini della frequentazione dell'Università, in considerazione della breve distanza di quest'ultima dalla sua abitazione, senza addurre ulteriori motivazioni".
Avverso tale decisione, il padre aveva proposto ricorso per cassazione.
Il preminente interesse del figlio
Con un unico motivo d'impugnazione, il ricorrente ha contestato la sentenza emessa dalla Corte d'Appello nella parte in cui erano state poste anche a suo carico delle spese dallo stesso non autorizzate.
La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 33939/2023 (sotto allegata), ha rigettato il ricorso proposto, condannando il ricorrente alle spese processuali.
Nel formulare le proprie argomentazioni, la Corte ha infatti rilevato che "la sentenza impugnata si è attenuta all'orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità in tema di spese straordinarie sostenute nell'interesse dei figli, secondo cui il genitore convivente non è tenuto a concordare preventivamente e ad informare l'altro genitore di tutte le scelte dalle quali derivino tali spese, qualora si tratti di spese sostanzialmente certe nel loro ordinario e prevedibile ripetersi e riguardanti esigenze destinate a ripetersi con regolarità, ancorché non predeterminabili nel loro ammontare (…), giacché il preventivo accordo è richiesto soltanto per quelle spese straordinarie che per rilevanza, imprevedibilità ed imponderabilità esulano dall'ordinario regime di vita della prole". Sul punto, il Giudice di legittimità prosegue affermando che " per tali spese, quindi, la mancanza di un preventivo accordo con l'altro genitore o il dissenso da quest'ultimo manifestato in ordine alla loro effettuazione non esclude il diritto al rimborso del genitore collocatario, ai fini del quale è tuttavia richiesta la valutazione della conformità della scelta compiuta all'interesse della prole e dell'adeguatezza della stessa allo standard socio-economico della vita familiare".
Ad avvalorare la ricostruzione interpretativa sopra offerta, la Corte ha inoltre ricordato che, per il costante orientamento giurisprudenziale "anche per le spese eccedenti l'ordinario tenore di vita, la mancanza della preventiva informazione ed assenso non determina automaticamente il venir meno del diritto del genitore che le ha sostenute alla ripetizione della quota di spettanza dell'altro, dovendo il giudice valutarne la rispondenza all'interesse preminente del figlio e al tenore di vita familiare".
In tal senso, a giudizio della Corte, il Giudice di secondo grado aveva correttamente motivato la propria decisione in ordine all'obbligo di rimborso del genitore non collocatario in favore dell'altro, tenendo conto sia della situazione economico- patrimoniale degli ex coniugi, sia dell'attitudine e dell'interesse della figlia rispetto agli studi universitari, ritenendo in questo senso congrui e giustificati gli esborsi sostenuti dal genitore convivente per garantire alla stesa la formazione prescelta.
Sulla scorta di tali argomentazioni, come anticipato, la Cassazione ha dunque rigettato il ricorso.
Scarica pdf Cass. n. 33939/2023• Foto: 123rf.com