- Interessi e obbligazioni pecuniarie: la questione
- La ratio legis nei documenti parlamentari
- La tesi dell'applicabilità alle sole obbligazioni contrattuali
- La tesi dell'applicabilità anche alle obbligazioni di fonte non negoziale
- La rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione
Interessi e obbligazioni pecuniarie: la questione
[Torna su]
Tra le novità introdotte dal D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito con modificazioni dalla Legge 10 novembre 2014, n. 162, merita senz'altro attenzione la modifica apportata all'art. 1284 cod. civ., cui viene aggiunto il comma 4 secondo cui "se le parti non ne hanno determinato la misura, dal momento in cui è proposta domanda giudiziale il saggio degli interessi legali è pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali."
La norma, che si applica ai procedimenti giudiziali o arbitrali iniziati in data pari o successiva all'11 dicembre 2014 (art. 17, comma 2 D.L. 132/2014), si avvicina al suo decimo anno in vigore e, tutt'oggi, i contorni del suo ambito di applicazione non sono nitidamente definiti.
In particolare, non è ancora definitivamente chiarito se la norma si applichi alle sole obbligazioni pecuniarie di fonte contrattuale o a tutte le obbligazioni pecuniarie, comprese quelle derivanti da fatto illecito o "da ogni altro atto o fatto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico" (art. 1773 cod. civ.).
La questione ha evidenti conseguenze sul piano pratico: ipotizziamo che Tizio abbia svolto in data 01/01/2015 una domanda risarcitoria di € 20.000,00 nei confronti di Caio, che il Giudice l'abbia integralmente accolta e che Caio abbia provveduto al pagamento del dovuto in data 31/12/2023.
Escludendo per semplicità gli interessi dal giorno del fatto illecito (la cui data, nell'esempio, è volutamente omessa) e la rivalutazione monetaria, in caso di applicazione del tasso al saggio ordinario il capitale con interessi, alla data del 31/12/2023, ammonta ad € 21.641,87. Viceversa, in caso di applicazione del tasso al saggio maggiorato ex art. 1284, comma 4 cod. civ., il capitale con interessi, alla stessa data, ammonta ad € 35.070,58. Una differenza rilevante.
Stante l'importanza della questione, occorre indagare quali siano le obbligazioni cui si applica la norma in esame.
La ratio legis nei documenti parlamentari
[Torna su]
I documenti parlamentari offrono limitato aiuto interpretativo, richiamando in termini alquanto generici "l'esigenza di «evitare che i tempi del processo civile diventino una forma di finanziamento al ribasso (in ragione dell'applicazione del tasso legale d'interesse) e dunque che il processo stesso venga a tal fine strumentalizzato». In sostanza, si sostiene che per il debitore anche la lunghezza del processo possa risultare vantaggiosa se il tasso di interesse è quello legale." (vedasi il Servizio Studi n. 235 del 27/10/2014 e l'atto del Senato n. 1612).
La citata documentazione consente di affermare che la norma persegue un intento sanzionatorio e deflattivo, volto a scoraggiare abusi processuali: il debitore in mala fede, infatti, nel costringere il creditore a rivolgersi al Giudice per ottenere il provvedimento di condanna, investendo il denaro dovuto potrebbe ottenere un interesse anche molto maggiore rispetto a quello che dovrà pagare al creditore, il tutto in danno di questi nonché dell'Amministrazione della Giustizia.
Da qui, l'esigenza di introdurre uno strumento che scoraggi tali pratiche e, più in generale - al di là della mala fede o meno del debitore -, che non faccia ricadere sul creditore le conseguenze negative dei tempi della giustizia o quantomeno le mitighi.
Nessun aiuto, tuttavia, viene fornito ai fini della delimitazione del perimetro applicativo della norma che, pertanto, deve essere individuato dall'interprete.
L'unico dato certo, ricavabile direttamente dal testo normativo, è che l'applicazione del tasso al saggio c.d. maggiorato ha quale presupposto un elemento negativo, ossia l'inesistenza di un accordo tra le parti che determini l'ammontare del saggio di interesse stesso.
Nel silenzio del legislatore, si sono contrapposti due diversi indirizzi giurisprudenziali.
La tesi dell'applicabilità alle sole obbligazioni contrattuali
[Torna su]
Secondo una prima tesi, la norma in esame si applica solo quando l'obbligazione dedotta ha fonte contrattuale, con conseguente esclusione delle obbligazioni derivanti da fatto illecito o da altro atto o fatto idoneo a produrla.
Cass. Sez. II, n. 14512 del 09/05/2022, afferma infatti che la norma "costituisce una chiara eccezione, prevista esclusivamente per l'ipotesi in cui gli interessi costituiscano accessorio di un debito negoziale, alla quale il legislatore ha esteso la disciplina speciale prevista per il ritardo nei pagamenti di transazioni commerciali".
Di analogo tenore, e con motivazione più articolata, il precedente di Cass., Sez. II, n. 28409 del 07/11/2018 secondo cui "la norma di cui all'art. 1284 c.c., comma 4, disciplina il saggio degli interessi legali […] applicato a seguito d'avvio di lite sia giudiziale che arbitrale però in correlazione ad obbligazione pecuniaria che trova la sua fonte in un contratto stipulato tra le parti, anche se afferenti ad obbligo restitutorio".
La ratio decidendi si fonda sue due rilievi.
Il primo rilievo, di carattere giuridico, richiama la disciplina dei danni nelle obbligazioni pecuniarie e la Corte, nel motivare il principio di diritto affermato, dichiara che in caso di diversa interpretazione la norma "apparirebbe […] inutile ripetizione della compiuta disciplina in tema di danni da inadempimento nelle obbligazioni pecuniarie portata nell'art. 1224 c.c.".
L'affermazione appare fumosa, posto che l'art. 1224 cod. civ., al primo comma, fa riferimento al tasso ordinario da applicare ai debiti c.d. di valuta cui all'art. 1227 cod. civ., che decorre dalla costituzione in mora del debitore, ferma l'applicabilità di un tasso diverso se pattuito e fermo inoltre il diritto al risarcimento del maggior danno, sempre che venga provato e non sia stato pattuito un tasso convenzionale di mora (comma 2).
L'art. 1284, comma 4 cod. civ., invece, fa riferimento al diverso tasso previsto per le transazioni in materia commerciale.
Il secondo rilievo, invece, ha carattere pratico: ritiene la Corte che non si può immaginare la pattuizione di un saggio di interesse relativamente ad un fatto futuro e il cui verificarsi non è nemmeno ipotizzabile (ad esempio, il futuro fatto illecito).
Citando un passo della sentenza, si legge: "così nell'atto illecito e nelle obbligazioni derivanti da disposizione di legge […] per la loro stessa struttura fattuale non è ipotizzabile il previo accordo tra le parti al fine di disciplinare le conseguenze di un fatto genetico dell'obbligazione del quale nemmeno è ipotizzato od ipotizzabile il suo verificarsi da parte di entrambi i soggetti interessati".
Anche tale affermazione appare fumosa: la Corte sembra infatti confondere il momento genetico in cui sorge l'obbligazione (il verificarsi del fatto illecito o dell'altro atto o fatto idoneo a produrla) con il potere dispositivo delle parti che, al contrario, trova la sua ragione d'esistere nell'obbligazione così venuta ad esistere.
Infatti, il creditore-danneggiato da un fatto illecito ben potrebbe concordare con il debitore-danneggiante una dilazione di pagamento contro il riconoscimento di un certo tasso di interesse.
La tesi dell'applicabilità anche alle obbligazioni di fonte non negoziale
[Torna su]
La tesi restrittiva sopra esposta, maturata in seno alla Seconda Sezione Civile della Suprema Corte, non è condivisa da un più recente pronunciamento della Terza Sezione Civile della Corte (ordinanza n. 61 del 03/01/2023) che, nel dichiarare espressamente di non condividere "l'argomento logico-giuridico posto a fondamento di tale indirizzo" (e richiamando espressamente le succitate Cass. n. 28409/2018 e n. 14512/2022), in riferimento all'art. 1224 cod. civ. evidenzia che "le previsioni di cui all'art. 1224 c.c. hanno ad oggetto il tasso di mora nelle obbligazioni pecuniarie, cioè il tasso di interessi applicabile, in tale categoria di obbligazioni, dal giorno della mora (che può ovviamente essere anteriore a quello di inizio del processo), mentre l'art. 1284 c.c., comma 4, riguarda invece solo il tasso degli interessi di mora per il periodo successivo all'inizio del processo: le due disposizioni hanno, quindi, un campo di applicazione differente, il che esclude che possano essere una la duplicazione dell'altra".
Quanto invece al secondo argomento sostenuto dalla tesi contrapposta, la Corte rileva che "anche per le obbligazioni che nascono da fatto illecito o da altro fatto o atto idoneo a produrle, nulla esclude che le parti stabiliscano, con una apposita convenzione tra loro (eventualmente successiva al sorgere dell'obbligazione non derivante da rapporto contrattuale, ed eventualmente anteriore al processo), un tasso degli interessi di mora diverso da quello legale "ordinario" di cui all'art. 1284 c.c.".
Conseguentemente, secondo il diverso e più recente indirizzo della III Sezione della Suprema Corte, il tasso di cui all'art. 1284, comma 4 c.c. ha quale unico presupposto - salva l'esistenza di una specifica pattuizione - la proposizione della domanda giudiziale (o la promozione del procedimento arbitrale), a prescindere dalla fonte dell'obbligazione.
La rimessione alle Sezioni Unite della Cassazione
[Torna su]
Ad avviso di chi scrive, il più recente indirizzo giurisprudenziale è preferibile, apparendo più coerente sia con la ratio legis (che ha il dichiarato fine di bandire condotte di abuso del processo) sia con il dettato normativo (che non fa alcun richiamo alle sole obbligazioni aventi fonte contrattuale).
Peraltro, non può certo affermarsi che la questione sia oggi superata.
Infatti, benché la lettura di Cass., ord. n. 61/2023 sta mostrando rilevante seguito nella giurisprudenza di merito (Trib. Venezia, Sez. II, n. 1934 del 03/11/2023; n. 1599 del 21/09/2023; n. 1313 del 19/07/2023; n. 1290 del 14/07/2023; n. 1080 del 20/06/2023; n. 1060 del 16/06/2023; App. Firenze, Sez. II, n. 2124 del 19/10/2023; Trib. Roma, Sez. X, n. 12919 del 12/09/2023; App. Napoli, Sez. VI, n. 3102 del 30/06/2023; Trib. Cosenza, Sez. I, n. 976 del 01/06/2023; App. Milano, Sez. I, n. 1417 del 03/05/2023; Sez. III, n. 1286 del 19/04/2023; App. Brescia, Sez. I, n. 673 del 19/04/2023; App. Roma, Sez. VIII, n. 2167 del 29/03/2023; Trib. Padova, Sez. II, n. 419 del 06/03/2023), non mancano successivi pronunciamenti di segno contrario (vedasi in particolare App. Venezia, Sez. IV, n. 1263 del 08/06/2023 che espressamente dichiara "si condivide non Cass. 61/2023 […] ma Cass. 28409/2018, poiché "il saggio d'interesse previsto dall'art. 1284, 4 comma cc si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale"; Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 5993 del 19/06/2023, secondo cui "[…] pur avendo la ricorrente indicato una pronuncia della Corte di cassazione che afferma l'applicabilità degli interessi ai sensi dell'art. 1284, comma 4, c.c. per ogni tipologia di obbligazione pecuniaria (Cass. civ., Sez. III, ord., 3 gennaio 2023, n. 61), in base ai principi su richiamati, nel silenzio del titolo portato ad esecuzione […], il Collegio ritiene che debba applicarsi il tasso legale di cui all'art. 1284, comma 1, c.c.. […]. Depongono per questa soluzione […] la circostanza che secondo l'orientamento maggioritario "Il saggio d'interesse previsto dall'art. 1284, comma 4, c.c. si applica esclusivamente in caso di inadempimento di obbligazioni di fonte contrattuale".
Vi è poi un ulteriore rilievo che non può essere sottaciuto: entrambe le statuizioni della Suprema Corte favorevoli alla tesi "restrittiva" (Cass. n. 28409/2018 e Cass. n. 14512/2022) decidevano su controversie aventi ad oggetto il pagamento dell'indennizzo per la durata irragionevole del processo (la parte valorizzava l'applicabilità del saggio maggiorato; il Ministero della Giustizia chiedeva che venisse escluso).
La Suprema Corte, nell'ordinanza n. 61/2023 e la cui massima si auspica verrà fatta propria dalle SS.UU., verosimilmente consapevole dei costi maggiori per lo Stato ha lasciato aperta una finestra per la fattispecie decisa dai due precedenti, affermando: "sarà naturalmente sempre possibile ricavare, in via interpretativa o sistematica, limiti normativi all'applicabilità dell'art. 1284 c.c., comma 4, in relazione a determinate e specifiche tipologie di obbligazioni, sulla base della speciale natura o delle particolari caratteristiche di dette obbligazioni", richiamando proprio le controversie in tema di indennizzo per irragionevole durata del processo.
Attualmente, la questione è finalmente al vaglio delle Sezioni Unite: il Tribunale di Parma (ordinanza 03/08/2023 sotto allegata) ha infatti disposto rinvio pregiudiziale alla Suprema Corte di Cassazione e la questione è stata assegnata alle SS.UU. (come da provvedimenti sotto allegati).
Con l'occasione la Suprema Corte - nella sua massima espressione nomofilattica - porrà fine al contrasto e, auspicabilmente, offrirà indicazioni sulle fattispecie eventualmente escluse dalla norma (quali, ad esempio, le indennità per irragionevole durata del processo, oggetto dei precedenti citati).
Emiliano Torchia - Avvocato in Olgiate Comasco (CO)
Scarica pdf Ordinanza Trib. Parma
Scarica pdf provv. rimessione Sezioni Unite
• Foto: 123rf.com