Art. 460 c.p.p.: i nuovi benefici introdotti dalla riforma Cartabia
La norma di cui all'art. 460, comma 1, lett. h-ter c.p.p., entrata in vigore il 30.12.2022, prevede "il pagamento della pena pecuniaria in misura ridotta di un quinto, nel termine di quindici giorni dalla notificazione del decreto, con rinuncia all'opposizione".
Nel caso in esame, l'imputato veniva sanzionato, con decreto penale di condanna notificato in data 24.01.2023, al pagamento di una multa di euro 400,00 per il reato di cui all'art. 639, comma 2, c.p., per aver imbrattato un bene immobile del comune di Milano. Detto provvedimento era stato emesso il 25.02.2022 ma, come visto, notificato all'imputato il 24.01.2023; mentre, l'istanza con cui l'imputato aveva domandato l'adozione di un nuovo decreto penale di condanna che tenesse conto delle novità intervenute con la riforma Cartabia, veniva depositata il 01.03.2023, quindi dopo la scadenza del termine per presentare opposizione.
Il GIP, investito della questione, aveva rigettato tale istanza, affermando che, la disposizione di cui all'art. 460, comma 1, lett. h-ter c.p.p., non era in vigore al momento dell'emissione del decreto e la stessa, ritenuta dal GIP avente natura processuale, non poteva pertanto essere applicata retroattivamente.
La lex mitior in caso di applicazione della pena
Avverso la decisione del GIP, l'interessato ha proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione, formulando un unico motivo d'impugnazione consistente nella violazione di legge dell'art. 460, comma 1, lett. h-ter c.p.p., ritenuta norma applicabile al decreto penale emesso nei suoi confronti, posto che, secondo il ricorrente, viene in rilievo una norma avente natura sostanziale oltre che processuale.
La Suprema Corte, con sentenza n. 1296/2024 (sotto allegata), ha accolto la doglianza del ricorrente ed ha annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata, rideterminando la pena applicata con il decreto penale di condanna emesso nei confronti dell'interessato.
La Corte, dopo aver ripercorso i fatti di causa, ha preso in considerazione alcune pronunce adottata dal Giudice di legittimità su temi analoghi a quello oggetto del ricorso.
In particolare, il Giudice ha fatto riferimento alla decisione adottata circa l'applicabilità dell'art. 459, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dalla legge n. 103/2017, rispetto ai procedimenti penali allora pendenti. In ordine a tale ipotesi, la Corte aveva affermato che "in tema di procedimento per decreto, l'art. 459, comma 1-bis cod. proc. pen., introdotto dall'art. 1, comma 53 della legge n. 103 del 23 giugno 2017 (…) si applica, ai sensi dell'art. 2, comma quarto, cod. pen., anche ai decreti penali di condanna emessi prima dell'entrata in vigore di tale disposizione, ma notificati successivamente, in quanto si tratta di norma di carattere processuale, che ha prodotto effetti sostanziali, comportando un trattamento sanzionatorio più favorevole".
Esito analogo, ricorda la Corte, si è avuto anche con riguardo alle norme che si sono succedute nel tempo rispetto alla disciplina del rito abbreviato.
Proseguendo nell'esame, il Giudice di legittimità ha ricordato l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite con sentenza n. 46653/2015, le quali "nel ricostruire il principio di legalità della pena e l'ambito del giudicato, hanno affermato che il diritto dell'imputato desumibile dall'art. 2, comma quarto, cod. pen., di essere giudicato in base al trattamento più favorevole tra quelli succedutisi nel tempo, comporta per il giudice della cognizione il dovere di applicare la lex mitior anche nel caso in cui la pena inflitta con la legge previgente rientri nella nuova cornice sopravvenuta, in quanto la finalità rieducativa della pena ed il rispetto dei principi di uguaglianza e di proporzionalità impongono di rivalutare la misura della sanzione (…). Secondo tale pronuncia, il principio costituzionale di legalità della pena riguarda non solo l'an dell'irrogazione della pena bensì anche il quomodo e, in particolare, il quantum della pena inflitta".
Sulla scorta dei principi e degli orientamenti suddetti, la Corte ha dunque ritenuto che l'imputato, nel caso di specie, aveva diritto di accedere al rito a sé più favorevole, che avrebbe condotto all'applicazione di una pena ridotta. Invero, spiega la Corte anche l'art. 460 , comma 1, lett. h-ter c.p.p ha introdotto una disposizione che può produrre, ancorchè sulla base di uno strumento processuale, un effetto favorevole e migliorativo in ordine al trattamento sanzionatorio applicato.
Scarica pdf Cass. n. 1296/2024• Foto: 123rf.com