- Risanamento dell'esposizione debitoria
- Attestazione
- La novità formale dell'art. 56 D.Lgs. n. 14/2019
- Gli accordi di ristrutturazione dei debiti
- Il procedimento
Risanamento dell'esposizione debitoria
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L'imprenditore in stato di crisi o di insolvenza può predisporre un piano per i creditori che sia idoneo a consentire il risanamento dell'esposizione debitoria dell'impresa e ad assicurare il riequilibrio della situazione economico finanziaria.Il piano che sarà presentato ai creditori, oltre ad avere data certa, deve indicare la situazione economico-patrimoniale e finanziaria dell'impresa; le cause che hanno generato la crisi; le strategie d'intervento e i tempi necessari per assicurare il riequilibrio della situazione finanziaria; i creditori e l'ammontare dei crediti dei quali si propone la rinegoziazione e lo stato delle eventuali trattative, nonché l'elenco dei creditori estranei, con l'indicazione delle risorse destinate all'integrale soddisfacimento dei loro crediti alla data di scadenza; gli apporti di finanza nuova; i tempi delle azioni da compiersi, che consentono di verificarne la realizzazione, nonché gli strumenti da adottare nel caso di scostamento tra gli obiettivi e la situazione in atto; il piano industriale e l'evidenziazione dei suoi effetti sul piano finanziario.
Attestazione
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Un professionista indipendente deve attestare la veridicità dei dati aziendali e la fattibilità economica del piano.
La relazione dell'attestatore dive concentrarsi sulla veridicità dei dati aziendali e sulla fattibilità economica del piano, oltre che sull'idoneità dell'accordo e del piano ad assicurare l'integrale pagamento dei creditori estranei ai sensi del c. 3 dello stesso articolo. L'attività del professionista si risolve, quindi, in una funzione dapprima certificativa in relazione ai dati aziendali e poi prognostica secondo le tecniche della scienza aziendalistica.
I requisiti che la legge prevede per lo svolgimento dell'attività di attestazione sono stabiliti dall'art. 2, c. 1, lett. o) del C.C.I., ai sensi del quale il professionista deve essere congiuntamente:
i) iscritto all'albo dei gestori della crisi e dell'insolvenza delle imprese, nonché nel registro dei revisori legali;
ii) essere in possesso dei requisiti previsti dall'art. 2399 c.c.;
iii) non essere legato all'impresa o ad altre parti interessate all'operazione di regolazione della crisi da rapporti di natura personale o professionale; il professionista ed i soggetti con i quali è eventualmente unito in associazione professionale non devono aver prestato negli ultimi cinque anni attività di lavoro subordinato o autonomo in favore del debitore, né essere stati membri degli organi di amministrazione o controllo dell'impresa, né aver posseduto partecipazioni in essa.
La novità formale dell'art. 56 D.Lgs. n. 14/2019
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L'inserimento nel Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza di un articolo specificamente dedicato agli accordi in esecuzione di piani attestati di risanamento è senz'altro espressione dell'intensa attività di riassetto dell'intera materia fallimentare realizzata dal legislatore del 2019.
L'art. 56 rappresenta sicuramente un esempio emblematico del lavoro svolto dal legislatore al fine di attualizzare il dato normativo rispetto alla prassi del diritto.
L'articolo in esame si connota per la sua assoluta novità, in quanto con lo stesso si giunge (finalmente) alla codificazione espressa dei piani attestati di risanamento; mentre sul piano sostanziale, si è sostanzialmente dinanzi alla traduzione in precetto normativo di principi e regole già affermate dalla dottrina e giurisprudenza nella vigenza della legge fallimentare e, soprattutto, ben presenti nella quotidiana prassi operativa.
Prima dell'adozione del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, era prevalentemente dato alla natura del rimedio, di carattere essenzialmente privatistico e sottratto ad ogni tipo di controllo giurisdizionale.
A tal proposito, occorre rilevare come la norma in commento abbia adottato un'espressione chiara e diretta, stabilendo così in modo espresso che la redazione di un piano attestato di risanamento fa capo ad uno stato di crisi o di insolvenza del debitore.
Il regime di agevolazione previsto dalla disciplina dei piani attestati di risanamento produce i suoi effetti soltanto all'interno di un procedimento di liquidazione giudiziale. Per cui, l'utilizzo dello strumento oggetto di analisi non può che essere riservato agli imprenditori che possono essere sottoposti alla nuova procedura liquidatoria, con pacifica esclusione delle entità non commerciali. Si legge, infatti, nella nota illustrativa del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, nel commento all'art. 56, che l'istituto è riservato agli imprenditori assoggettabili alla liquidazione giudiziale, escludendo gli imprenditori minori.
Gli estremi che consentono di identificare la classe di imprenditoriale non interessata dalla materia si rinvengono nell'art. 2, c. 1, lett. d) C.C.I., che qualifica minore l'imprenditore che presenta congiuntamente i seguenti requisiti: 1) un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro € 300.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 2) ricavi, in qualunque modo essi risultino, per un ammontare complessivo annuo non superiore ad € 200.000 nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza di apertura della liquidazione giudiziale o dall'inizio dell'attività se di durata inferiore; 3) un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro € 500.000.
Si deve, inoltre, ritenere che non possono accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti, oltre all'imprenditore minore, anche il consumatore, il professionista, l'imprenditore agricolo, le star-up innovative e gli altri debitori dell'art. 2, c. 1, lett. c) C.C.I.
Il piano di risanamento produce degli effetti premiali stabiliti dagli artt. 166 e 324 del D.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, che garantiscono all'imprenditore, nell'ipotesi di dissesto fallimentare, di non subire le conseguenze di un'azione revocatoria (ordinaria o concorsuale), come anche di non essere considerato responsabile, agli effetti penali, per reati di bancarotta semplice o fraudolenta.
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti
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Con il D.lgs. 14 gennaio n. 12, gli accordi di ristrutturazione dei debiti diventano uno strumento di ricomposizione dell'insolvenza economica - aziendale "estremamente flessibile e attraente".
Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, pur in assenza di specifiche disposizioni al riguardo, devono avere la forma scritta, fosse solo al fine di consentire l'allegazione dei patti al ricorso da depositare in tribunale per l'omologazione, nonché per la loro pubblicazione presso il Registro delle Imprese.
La natura della procedura, tuttavia, non va confusa con il carattere sostanziale degli accordi, ontologicamente privatistico.
Conformemente alle regole generali di ordine civilistico, le convenzioni stipulate dalle imprese nell'ambito del programma di ristrutturazione del debito esistono, e producono effetti, per il solo fatto di essere state stipulate e vincolano soltanto le parti contraenti.
Infatti, l'intervento del Giudice in sede di omologazione non rappresenta una condizione di validità degli accordi, bensì un evento cui la legge subordina la formazione di determinati effetti in favore del debitore e più precisamente l'impossibilità di subire azioni esecutive individuali o l'azione revocatoria per gli atti posti in essere in esecuzione dell'accordo.
Il procedimento
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La procedura prende il via su iniziativa del debitore che, ai sensi dell'art. 37 C.C.I. deposita presso il tribunale competente il ricorso per l'accesso alla procedura di omologazione degli accordi ex art. 57 C.C.I.
Ai sensi dell'art. 265 C.C.I. è poi specificato che, nelle società di persone, la proposta e le condizioni sono promosse e stabilite dai soci che riproducono la maggioranza assoluta del capitale; di converso, nelle società di capitali e nelle società cooperative, le stesse vengono delibate dagli amministratori, le quali devono risultare da verbale redatto da un notaio e, successivamente, depositate e iscritte nel Registro delle Imprese a norma dell'art. 2436 c.c.
Nell'ambito del procedimento di omologa di un accordo di ristrutturazione dei debiti parte necessaria e imprescindibile è il debitore; mentre, legittimati a prendere parte nel procedimento sono chiaramente i creditori. Difatti, l'art. 48, c. 4, C.C.I., concede loro e a ogni altro interessato la possibilità di opporsi all'omologa richiesta dal debitore nel termine di 30 giorni decorrenti dalla data dell'iscrizione della domanda del ricorrente nel Registro delle Imprese.
Avv. Maurizio Auteri
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