La legge 29 marzo 1903, n. 103 ha introdotto una disciplina organica per la gestione dei servizi pubblici locali

Legge sulla municipalizzazione

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Nota come "Legge Giolitti sulla municipalizzazione",[1] ha regolato, per la prima volta nella storia del Regno d'Italia, la gestione dei servizi pubblici locali e la loro municipalizzazione, introducendo un quadro normativo che consentiva alle amministrazioni locali di assumere direttamente il controllo e la gestione dei servizi pubblici, anziché affidare tali servizi a società private, rappresentando un importante "spostamento" dal modello dominante di gestione privata a un modello di gestione pubblica diretta.

La municipalizzazione dei servizi pubblici era dunque vista come un modo per garantire un maggior controllo pubblico sui servizi essenziali, nonché per promuovere l'efficienza e l'accessibilità economica per i cittadini. Il successo e l'attuazione effettiva della municipalizzazione variarono da città a città e nel corso del tempo, a seconda dei contesti locali e delle sfide specifiche. La legge ha dunque rappresentato una pietra miliare per lo sviluppo economico e sociale delle comunità locali, promuovendo la libera assunzione di numerose attività di servizio pubblico da parte dei comuni, quali i trasporti, gli acquedotti, il gas, l'energia elettrica, la nettezza urbana…, permettendo loro di adottare in modo autonomo le forme di gestione più confacenti alle proprie dimensioni e esigenze, potendo scegliere tra gestione diretta con le aziende speciali o in economia e indiretta, tramite concessioni a imprese private. Era infatti emerso come incompatibile, sia con l'efficienza del sistema economico, sia con le condizioni ed abitudini di vita della cittadinanza, l'agire, di fatto incondizionato, delle forze di mercato. La ratio sottesa alla legge si evince dal dibattito che si svolse in Parlamento, durante il quale emerse la necessità di:" Perseguire mediante la municipalizzazione dei pubblici servizi una risposta efficace alla crescente intensificazione della vita urbana, legata non solo al progressivo ingrandimento della città, ma alla moltiplicazione dei bisogni collettivi a cui occorreva dare riscontro con mezzi sociali".[2]

Il crescente processo di urbanizzazione, che vedeva lo spostamento della popolazione dalle zone rurali a quelle urbane, aveva reso necessario estendere la rete dei servizi pubblici, con la necessità di nuove infrastrutture, la cui realizzazione imponeva ingenti risorse finanziarie, il reperimento delle quali non doveva essere perseguito imponendo un peso all'utente finale di tali servizi. Ne derivava dunque la scelta politica di un progressivo trasferimento dei pubblici servizi ai Comuni, vista in prospettiva quale "Fonte di equi profitti, a sollievo dei contribuenti, secondo una prassi che ha già dato buoni risultati nella vicina Inghilterra".[3]

Obiettivi della legge Giolitti

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La legge Giolitti si poneva quali obiettivi, consentire ai Comuni di assumere direttamente la gestione dei servizi pubblici attraverso la creazione di aziende speciali, senza ricorrere a procedure straordinarie; promuovere e sostenere la valutazione accurata della convenienza economica della gestione diretta dei servizi pubblici da parte dei Comuni, sottesa all'obbligo, da parte delle autorità locali, di assunzione di responsabilità, anche con il coinvolgimento della cittadinanza, chiamata a esprimere il proprio parere tramite "referendum" (da notare che, nonostante il termine referendum non compaia nell'art. 13, fu questo il primo caso di utilizzo nel Paese di un istituto molto vicino, se non addirittura identico); garantire un adeguato controllo sul funzionamento e sulla gestione delle aziende municipalizzate, sia da parte delle autorità comunali che da parte del governo centrale; favorire l'assunzione diretta dei servizi pubblici da parte dei Comuni, offrendo incentivi finanziari per facilitare tale processo, comprendendo anche la possibilità per i Comuni di riscattare i servizi pubblici precedentemente concessi in appalto, anche dopo la revoca della concessione.

L'espansione dei compiti amministrativi venne declinata soprattutto nella gestione che seguiva il modello dell'azienda (ufficio di un ente pubblico che opera come un'impresa privata), che faceva sì parte dell'organizzazione pubblica, ma godeva di una certa autonomia in virtù dell'attività produttiva, piuttosto che burocratica, che svolgeva. Tale modello, consolidato a livello locale, due anni dopo, venne utilizzato per la prima volta a livello nazionale nell'industria ferroviaria: lo Stato riscattò le concessioni ferroviarie che erano state concesse agli operatori privati e concentrò la gestione del servizio in un nuovo ente pubblico (Legge 22 aprile 1905, n. 137 "Che approva i provvedimenti per l'esercizio di Stato delle ferrovie non concesse ad imprese private"). Altri due anni dopo, lo stesso modello fu applicato all'industria telefonica (Legge 15 luglio 1907, n. 505 "Riscatto dei servizi telefonici"), con cui vennero riscattate le linee detenute dalle due maggiori società telefoniche private, che gestivano i tre quarti di tutto il servizio telefonico, intendendo con ciò affermare in modo chiaro il principio dell'esercizio di Stato e segnare la via che si sarebbe dovuta seguire.

Tali disposizioni, raccolte nel Regio Decreto 15 ottobre 1925, n. 2578, "Approvazione del testo unico della legge sull'assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei Comuni e delle Provincie" [4] restarono in vigore per quasi un secolo e non furono del tutto abrogate neppure con la riforma delle autonomie locali dettata con Legge 8 giugno 1990, n. 142 "Ordinamento delle autonomie locali" e ss.mm. A quest'ultima legge sono seguite varie discipline di settore sugli specifici servizi pubblici locali, così come orientamenti comunitari che, pur se non tradotti in apposita direttiva, devono essere tenuti presenti dagli Stati membri.[5]

Dalla legge Giolitti al Codice del Consumo

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Seppure in ambiti differenti, può essere individuato un parallelo tra la legge Giolitti e il Codice del Consumo (d.lgs. 6 settembre 2005, n. 206), quest'ultimo normativa nazionale di riferimento in materia di tutela dei consumatori, risultato di un significativo intervento di revisione delle diverse discipline di settore e di recepimento della legislazione dell'Unione Europea, nella volontà di entrambe le normative di garantire la tutela dei diritti dei cittadini. La prima mirava a regolare il processo di trasferimento delle infrastrutture e dei servizi pubblici dal settore privato a quello pubblico, attraverso l'istituzione di aziende municipalizzate, un importante passo verso la modernizzazione del Paese e l'espansione del ruolo dello Stato nella gestione dei servizi pubblici essenziali; d'altro canto, il Codice del consumo, disciplinando diritti e doveri che regolano le relazioni tra consumatori e imprese, stabilisce norme per garantire trasparenza, equità e correttezza nei rapporti commerciali. Entrambi riflettono l'importanza attribuita alla tutela dei diritti dei cittadini e al ruolo dello Stato nel garantire un equilibrio tra interessi pubblici e privati.

Dalla sua introduzione, il Codice ha subito significativi interventi di riforma, inerenti ai settori delle pratiche commerciali scorrette (d.lgs. 2 agosto 2007, n. 146), agli obblighi di informazione precontrattuale con riferimento ai contratti negoziati a distanza e al di fuori dai locali commerciali (d.lgs. 21 febbraio 2014, n. 21) e, alla risoluzione extra-giudiziale delle controversie in materia di consumo (Titolo II bis - Risoluzione extragiudiziale delle controversie - Art. 141 e 141 bis, ter, quater, quinquies, sexies, septies, octies, novies, decies - d.lgs. legislativo 6 agosto 2015, n. 130).[6]

Tra le più recenti, il d.lgs. 4 novembre 2021, n. 170, che ha recepito la direttiva UE 2019/771, avente ad oggetto la materia della conformità dei beni e dei rimedi esperibili in caso di difetto di conformità, il d.lgs. 4 novembre 2021, n. 173, in attuazione della direttiva UE 2019/770, che detta specifici obblighi e relative responsabilità per il professionista con riferimento ai contratti di fornitura di contenuto digitale e di servizi digitali, prevedendo inoltre i rimedi attivabili in caso di inadempimento, il d.lgs. 7 marzo 2023, n. 26, in attuazione della direttiva UE 2019/2161, che ha aggiornato la disciplina del Codice del consumo sul tema dell'indicazione dei prezzi, delle clausole vessatorie, delle pratiche commerciali scorrette e dei diritti dei consumatori e, da ultimo, il d.lgs. 10 marzo 2023, n. 28 che, recependo la direttiva UE 2020/1828, ha introdotto nel Codice del consumo la disciplina delle nuove azioni rappresentative a tutela del consumatore, di natura risarcitoria e inibitoria, sia nazionali che transfrontaliere, gestibili dagli "enti legittimati", con lo scopo di assicurare una tutela effettiva ed omogenea dei diritti dei consumatori anche nell'area UE (Azione di classe (Class action) - Azioni rappresentative a tutela degli interessi collettivi dei consumatori).[7]

Al fine di poter garantire un trattamento equo e la medesima tutela dei consumatori, sia nei casi nazionali che transfrontalieri, sono necessari standard di qualità degli organismi ADR e linee guida che devono regolare le procedure, quali la protezione della privacy e la riservatezza, la facilità di accesso, e la trasparenza degli organismi incaricati, che devono garantire una soluzione delle controversie equa, pratica e proporzionata, unitamente alla ridotta onerosità delle procedure. Fondamentale è il tema della comunicazione, laddove le ADR sono efficaci solo se i consumatori sono adeguatamente informati sulla possibilità di utilizzarle, sui vantaggi in termini di costi e tempi e sulle modalità di accesso.

Dott.ssa Luisa Claudia Tessore

Note bibliografiche

[1] https://www.gazzettaufficiale.it/eli/gu/1903/04/03/78/sg/pdf

[2] (1961) "Municipalizzazione di pubblici servizi" - Atti parlamentari in coll. Anidel, Roma

[3] https://leg15.camera.it/_dati/leg15/lavori/stampati/html/relazioni

[4] https://www.edizionieuropee.it/law/html/20/zn41_09_001.html

[5] A. TROCCOLI, A. (1964) Municipalizzazione dei pubblici servizi, Nss. D.I., X, 988 ss

[6] https://www.brocardi.it/codice-del-consumo/parte-v/titolo-ii-bis/

[7] https://www.giustizia.it/giustizia/it/mg_3_7_15.page"tab=d#

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