- Richiesta d'accesso: il caso
- La soluzione
- I riflessi dei principi anche in merito alle istanze 492-bis c.p.c.
Richiesta d'accesso: il caso
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Tizio titolare di un diritto di credito nei confronti di Caio "scopre" che il debitore si è reso nullatenente alienando il suo unico bene. Nel rogito si afferma che il pagamento del prezzo sarebbe avvenuto mediante compensazione con una "cessione di credito registrata presso l'Agenzia dell Entrate in data XX/XX/XXXX."
Tale operazione sembrerebbe finalizzata a rendere irrevocabile l'atto ex art. 2901, IV comma, e dunque Tizio ha necessita e interesse ad avere questo documento.
La richiesta di accesso agli atti viene rigettata attraverso considerazioni riguardanti il "merito" della controversia civile.
Il Riesame alla Commissione per l'accesso ai documenti amministrativi viene integralmente accolto confermando l'interesse di Tizio alla ostensione di tale documentazione.
L'Agenzia delle Entrate, piuttosto che ravvedersi, confermava il diniego all'accesso con considerazioni ulteriori.
Si è dunque reso dovuto il ricorso al TAR il quale ha chiarito alcuni principi "dimenticati".
La soluzione
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Con la sentenza (sotto allegata), il Tar Marche - condannando alle spese legali l'Agenzia delle Entrate - ha ribadito che: Il diritto all'accesso infatti si qualifica come "astratto" e "acausale" e prescinde da un sindacato, nel merito, sulla concreta spettanza del bene della vita cui l'accedente aspira: ciò che rileva è la titolarità di un interesse diretto, concreto ed attuale nonché la strumentalità tra il diritto fatto valere e la documentazione oggetto di richiesta ostensiva.
L'amministrazione non può ergersi giudice dell'utilità dell'accesso per l'eventuale esercizio dell'azione revocatoria o di simulazione.
Ciò in base al ben noto principio, fatto proprio dall'Adunanza plenaria, per cui ai fini del bilanciamento tra diritto di accesso difensivo (preordinato all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale in senso lato) e tutela della riservatezza (nella specie, cd. finanziaria ed economica), secondo la previsione dell'art. 24, comma 7, della legge n. 241 del 1990, trova applicazione non il criterio della stretta indispensabilità (riferito ai dati sensibili e giudiziari) né quello dell'indispensabilità e della parità di rango (riferito ai dati cd. supersensibili), ma il criterio generale della "necessità" ai fini della cura e della difesa di un proprio interesse giuridico, ritenuto dal legislatore tendenzialmente prevalente sulla tutela della riservatezza.I riflessi dei principi anche in merito alle istanze 492-bis c.p.c.
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Con la riforma sono "rimaste" di competenza del Giudice le eventuali istanze connesse ad una causa che risulti pendente. Solitamente la modifica si ha con il verificarsi di eventi sopravvenuti, con riferimento a nuove esigenze dei figli o relativamente al rapporto tra i coniugi: ad esempio, se uno dei due coniugi ha un incremento di stipendio rispetto al momento della separazione oppure se ha perso il lavoro o, ancora, nell'ipotesi di pensionamento o cessazione di un'attività.
In tal senso, l'accesso ai documenti amministrativi, esperito anche prima e indipendentemente dalla pendenza di un procedimento civile, ha lo scopo di impedire il verificarsi degli effetti negativi discendenti dal cd. ricorso "al buio" e di poter valutare, a monte, la convenienza e l'opportunità dell'instaurazione del processo, con effetti deflattivi sul contenzioso (Cons. Stato, Sez. V, 18 dicembre 1997, n. 1591; Cons. Stato, Sez. IV, 6 marzo 1995, n. 158).
Va da sé che non rilevi il fatto che non vi [sia] alcun procedimento attualmente in corso, ma, del resto, l'art. 24, comma 7, l. 241/90 garantisce "l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici" (cd. accesso difensivo nel senso di: a) esigere la sussistenza del solo nesso di necessaria strumentalità tra l'accesso e la cura o la amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici; b) ricomprendere, tra i destinatari, tutti i soggetti privati, ivi compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, senza alcuna ulteriore esclusione; c) circoscrivere le qualità dell'interesse legittimante a quelle ipotesi che - sole - garantiscono la piena corrispondenza tra la situazione (sostanziale) giuridicamente tutelata ed i fatti (principali e secondari) di cui la stessa fattispecie si compone, atteso il necessario raffronto che l'interprete deve operare, in termini di pratica sussunzione, tra la fattispecie concreta di cui la parte domanda la tutela in giudizio e l'astratto paradigma legale che ne costituisci la base legale.
Ai fini del riconoscimento della situazione legittimante, dunque, non è positivamente richiesto il requisito della pendenza di un processo in sede giurisdizionale.
Avv. Fabio Olivieri
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