La Suprema Corte riafferma il concetto di "partecipazione" nel reato di violenza sessuale di gruppo ripercorrendo la giurisprudenza in merito

Violenza sessuale di gruppo e concetto di "partecipazione"

Con sentenza n. 3419/2024, la terza sezione penale della Corte di Cassazione ritorna sul concetto di "partecipazione", anche richiamando - ripercorrendola - la giurisprudenza in merito.

La Suprema Corte infatti riafferma l'interpretazione del concetto di "partecipazione" servendosi anche delle precedenti sentenze con cui i giudici di legittimità avevano già definito il ‘pensiero del legislatore' della legge n. 66 del 1996 "Norme contro la violenza sessuale".

Il caso in esame ha ad oggetto il reato di violenza sessuale di gruppo ex art. 609 octies (aggravata perché posta in essere ai danni di un soggetto minore di età, tra l'altro anche in condizioni di ridotta capacità psichica).

Le doglianze dei responsabili, "coppia" coimputata, attirano l'attenzione dei giudici del Palazzaccio, in quanto gli stessi proponevano ricorso a seguito di sentenza di condanna emessa con rito abbreviato.

I due ricorrenti attiravano la vittima - contando anche sulla minore età e sulle compromesse piene capacità psichiche della stessa - nella camera da letto della coimputata al fine di farla assistere ad un loro rapporto sessuale e "inducendola contestualmente a subire materialmente atti sessuali" da parte dell'altro imputato.

La S.C. - in risposta alle varie censure eccepite da entrambi i ricorrenti, partecipanti alla violenza - si esprime ancora sul concetto di "partecipazione" agli atti di violenza sessuale ex art. 609 octies, in disamina, in quanto una dei ricorrenti si riteneva estranea al fatto illecito accertato, poiché non aveva posto in essere materialmente atti sessuali sulla vittima, e pertanto si considerava estranea alla violenza di gruppo, respingendo le accuse in merito.

I giudici di legittimità però riconfermano la giurisprudenza già nota, rintracciabile nella lunga linea segnata dalle pronunce che la Corte de qua richiama riguardo alla violenza ex art. 609 octies e nello specifico al concetto di "partecipazione".

La S.C. respingendo fermamente tutti i punti del ricorso di entrambi i ricorrenti; e in particolare - ripercorrendo la linea giurisprudenziale omogenea tracciata dai Capitolini - ricorda che per integrare gli estremi del reato plurisoggettivo ex art. 609 octies "è necessario che più persone riunite partecipino alla commissione del fatto" descritto dalla fattispecie autonoma; ed esplicando di nuovo il concetto di "partecipazione" alla violenza di gruppo, riafferma che "non è tuttavia richiesto che tutti i componenti del gruppo compiano atti di violenza sessuale, essendo sufficiente che dal compartecipe sia comunque fornito un contributo causale, materiale o morale, alla commissione del reato, né è necessario che i componenti del gruppo assistano al compimento degli atti di violenza sessuale, essendo sufficiente la loro presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti vengono compiuti, anche da uno solo dei partecipanti, atteso che la determinazione di quest'ultimo viene rafforzata dalla consapevolezza della presenza del gruppo (cfr. sez.3, n.6464 del 05/04/2000, rv. 216978; Sez. 3, n. 3348 del 13/11/2003, dep. 29/01/2004, Pacca ed altro, Rv. 227495; Sez. 3, n. 11560 del 11/03/2010, Rv. 246448)".

La S.C. continua nella chiara esplicazione ribadendo che "il concetto di partecipazione quindi non può essere limitato nel senso di richiedere il compimento, da parte del singolo di un'attività tipica di violenza sessuale (ciascun compartecipe, cioè dovrebbe porre in essere, in tutto o in parte, la condotta descritta nell'art. 609 bis c.p.", fattispecie di riferimento per la violenza di gruppo, "dovendo invece - secondo un'interpretazione più aderente alle finalità perseguite dal legislatore - ritenersi estesa la punibilità (qualora sia comunque realizzato un fatto di violenza sessuale) a qualsiasi condotta partecipativa… sul luogo ed al momento del reato che apporti un reale contributo materiale o morale, all'azione collettiva (sez. 3, n. 15089 del 11/03/2010 Rv.246614; Sez.3, n.44408 del 18/10/2011, dep. 20/11/2011. Rv. 251610)".

Quindi il contributo causale non deve estrinsecarsi necessariamente in un contributo di partecipazione "attiva" ma è sufficiente per rispondere di violenza ex art. 609 octies la "simultanea e contestuale" presenza nel luogo e nel momento in cui detti atti cui fa riferimento la norma vengono compiuti, anche da uno solo dei partecipanti al gruppo stesso: poiché quella mera presenza però, "seppur inerte", dà sostegno, dà supporto alla perpetrazione degli atti sessuali compiuti da altro o altri componenti del branco.

Aggravamento sanzionatorio per chi partecipa a violenza sessuale di gruppo

La legge n. 66 del 1996 è stata matrice anche della previsione della violenza plurisoggettiva come fattispecie autonoma, quindi con rispettive sanzioni autonome. La legge del 1996 è stata rivisitata anche sotto l'aspetto sanzionatorio dal "Codice rosso" (L. 69/2019).

L'art. 608 octies commina infatti sanzioni più elevate rispetto alla fattispecie monosoggettiva ex art. 609 bis, prevedendo come trattamento sanzionatorio la reclusione da otto a quattordici anni, mentre la violenza sessuale ex art 609 bis prevede la reclusione da sei a dodici anni (e il seguente art. 609 octies contempla le "pene accessorie ed altri effetti'').

Gli Ermellini, proprio nel riaffermare la "definizione del concetto di partecipazione", in una sequenza logica di ragionamento, ribadiscono anche la ratio del trattamento sanzionatorio più aspro previsto per la violenza di gruppo, rispetto alla fattispecie monosoggettiva.

La previsione sanzionatoria più incisiva - come ricorda la Corte nella sentenza de qua - è giustificata e si "connette al riconoscimento di un peculiare disvalore alla partecipazione simultanea di più persone, in quanto una tale condotta partecipativa imprime al fatto un grado di lesività più intenso sia rispetto alla maggiore capacità di intimidazione del soggetto passivo ed al pericolo della reiterazione di atti sessuali violenti (anche attraverso lo sviluppo e l'incremento di capacità criminali singole) sia rispetto ad una più odiosa violazione della libertà sessuale della vittima nella sua ineliminabile essenza di autodeterminazione" e continua la S.C. ricalcando che seppur non richiesto "che tutti i componenti partecipino ad atti di violenza sessuale", la "contemporanea presenza di più di un aggressore è idonea a produrre, infatti, effetti fisici e psicologici particolari nella parte lesa, eliminandone o riducendone la forza di reazione".


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