Proponiamo un nuovo saggio del Prof. Enrico Cuccodoro, costituzionalista Direttore di "Quaderni Salentini". Istituzioni e Società Civile, Coordinatore nazionale Osservatorio Istituzionale per la libertà e la giustizia sociale "Sandro e Carla Pertini"
Buona lettura!
IL PARLAMENTO, LE SFIDE OGGI
di Enrico Cuccodoro
Nella tormentata crisi, coinvolgente il rapporto istituzioni-partiti-cittadini, che ha contraddistinto quest'ultimo scorcio di storia repubblicana, particolare effetto assume la questione della legittimazione ricorrente dell'istituzione parlamentare. L'originario disegno costituzionale che poneva il Parlamento al cuore del sistema, quale massimo organo di garanzia per il popolo sovrano e principale fonte di riconoscimento dell'esercizio del potere pubblico, cede progressivamente il passo ad una sempre più disarmonica architettura, fondata sul fragile e vacillante equilibrio dell'endiadi Parlamento-Governo; rappresentanza politica-partecipazione al voto.
Infatti, la forma di governo parlamentare prescelta dai Costituenti, garante suprema dei fondamentali principi di sovranità popolare, legalità e democrazia nella sua modalità rappresentativa e dinamica, purtroppo è rimasta coinvolta dall'adattamento dell'impianto istituzionale alle progressive vocazioni distorsive, causa il perdurante disagio e tanto discusso rendimento; fenomeni avvertiti nel sistema e nello sviluppo del processo politico, insiti alla alterata, spesso difettosa funzionalità del circuito delle istituzioni in genere. Aspetti e tendenze dell'oscuro cono di crisi, quale manifestazione dell'eclissi di rappresentanza e rappresentatività politiche per le Assemblee legislative e i congegni della democrazia, di fronte ad un progressivo, strisciante stato di alta tensione delle regole e del modello di governabilità assestato in Italia, dopo questo Settantacinquesimo di vita costituzionale, con sintomi e tentativi vari in direzione del superamento nella forma del nostro regime politico. Soprattutto, il modello parlamentare è risultato assai condizionato e profondamente influenzato dalle diverse plusvalenze politico-istituzionali, dalla condizione di debolezza del "fragile figurino" sovente sospeso dallo stato di crisi, dall'incertezza decisionale dei poteri maggiori e delle forze politiche direttamente protagoniste in campo.
Le contemporanee trasformazioni costituzionali, vissute con periodi alterni e congiunture di rilevante fermento fra Paese legale e Paese reale, nello Stato e nella società civile, possono dimostrare come il valore che esprime la centralità del Parlamento è un dato che non si può collegare soltanto a una determinata situazione o tendenza politica, ma che si riferisce alla efficienza del sistema che vive. Proprio, al centro dell'organizzazione della collettività nazionale nel punto in cui si esprime e articola, con il processo della rappresentanza politica, il grado più alto, qualificante e nobile della sovranità popolare.
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Siamo davanti a sfide e delicati passaggi istituzionali, nei quali convergono concezioni assai eterogenee del ruolo e dell'attività degli organi legislativi attuali e dell'impianto complessivo della rappresentanza.
Se si vuole che le Camere siano realmente baluardo dell'architettura democratica nazionale, allora, come si è detto, si deve assicurarne reale funzionalità, con la capacità permanente di risposta e soluzione ai problemi sul tappeto. Mentre, diversamente, argomenta chi ritiene che il Parlamento debba essere il luogo dove si esprimono soprattutto giudizi politici e la protesta. Non, invece, come davvero è il fulcro unitario e costruttivo di elaborazione, direzione e direttiva per la vita dello Stato, pur nella legittima, aspra competizione e visione fra parti politiche divergenti, auspice la leale collaborazione fra Governo del Paese e Assemblee politiche, pur sempre momento riconosciuto quale sintesi "armonica" di coordinare il pluralismo istituzionale e sociale voluto in Costituzione.Il consecutivo affievolimento nella c.d. "centralità" del Parlamento ha lasciato sempre più spazio all'affermazione del Governo e del suo problematico agire politico-istituzionale, sia dal lato della produzione normativa, sia sul versante della determinazione dell'indirizzo generale e della programmazione politica in itinere. Alla luce dell'evoluzione in atto, la tendenza si è assestata e orientata verso la sedimentazione di una rinnovata performance parlamentare, molto diversa da quella che originariamente era stata definita nell'assetto immaginato dai Costituenti.
Oggi, le Assemblee rappresentative non sono più gli esclusivi luoghi del confronto dialettico tra le forze che governano il Paese, e neppure il principale referente di decisive scelte politiche, strategie e linee programmatiche. Tanto più che senza incisive, radicali modificazioni strutturali e funzionali si ritiene quasi impossibile l'estremo recupero di un preminente ruolo del Parlamento, ormai addirittura additato al tramonto, con evidenti sintomi di un suo preoccupante declino.
Si tratta di una seria frattura politica, che ha risvolti di estensione istituzionale e di condizionamento esteso nel mancato chiarimento di ordine costituzionale, da tempo segnalato: se è vero, come spesso si sostiene in genere, si può vedere solo quello che si vuole vedere, così come si può evidenziare soltanto ciò che si intende ricercare. Ci sono, dunque, più segmenti di crisi del sistema, tali da meritare approfondite, non episodiche forme di attenta esplorazione a vasto raggio, oggetto di analisi e valutazioni cospicue, accertate e assai circostanziate.
Il protagonismo delle formazioni politiche attuali è in tensione, rispetto ai modi di partecipazione in alleanze e movimenti che il dinamismo della società spesso richiama nell'interesse della cittadinanza. E, di conseguenza, si modifica in solidità il circuito che lega i partiti e le formazioni politiche in crisi alla precaria funzionalità del Parlamento, divenuto ben al di là dei richiami alla sua opacizzata posizione di centralità, nervo davvero scoperto per l'incertezza avvertita dagli istituti maggiormente rappresentativi del Paese, quando ognuna delle Assemblee parlamentari si comporta talvolta pure come un'opposizione essa stessa, per richiamare la lapidaria affermazione data, a suo tempo, da Vezio Crisafulli.
La difficoltà delle Camere di intercettare le trasformazioni politico-sociali, divenendo esse il reale baricentro, si scarica nella capacità selettiva e, volta a volta, propositiva del Governo, potere decisivo sì del figurino costituzionale odierno, ma in realtà condizionato, spesso, dal collante di coalizione effettivamente problematico, per causa delle incerte, deboli soluzioni di leggi elettorali, le quali oltretutto sono prive per l'elettore di poter indicare preferenze di candidati, provocatrici fra altre ragioni contingenti di un frazionismo esasperato delle liste, di gruppi, sottogruppi, partiti personali ed interessi settoriali scollegati o, spesso, smarcati da una visione progettuale unitaria, incapaci di arginare la piaga della risorgente frammentazione nelle volubili scelte, spesso contingenti o episodiche, dettate dalla spinta della necessità ovvero orientate da un pur momentaneo indice di gradimento. Sono tali i segnali che denotano l'incapacità delle formazioni politiche di adesso, della propria nomenclatura e classe dirigente di raggiungere e detenere l'interesse reale dei programmi e obiettivi sui quali, volta a volta, far convergere l'adesione. Poiché, s'impone una rielaborazione del regime di partiti e formazioni di massa, in gran parte pressoché concentrata nel momento della organizzazione del voto e della promozione del consenso, in modalità flessibili e sovente non durature del suffragio popolare raccolto. Si verifica, così, lo snaturamento del compito propulsivo, in forma stabile e continuativa quanto del tutto trainante per la sovranità popolare, indicato costituzionalmente alla macchina di partito, ex artt. 1, c. 2, 48-49 Cost. Sicché, da tempo affiora un esito di disorientamento nel comportamento del cittadino elettore, con parallelo pregiudizio mosso verso la classe parlamentare che connota, proprio, sfiducia e disagio nell'intero ambito della accertata rappresentanza politica con caduta di legittimazione psicologica e morale. Un preoccupante effetto che destruttura e deforma la relazione cittadino-realtà politica, con sintomi disparati vuoi di disaffezione crescente dalle urne, vuoi di altrettanto manifestazioni serie di assenteismo e latitanza dal fondamentale diritto-dovere della partecipazione democratica.
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Tutto ciò, affiora a fronte di varie altre iniziative volte a far prevalere le ragioni dell'Esecutivo, spesso sospinto o collocato nello scenario delle costruzioni costituzionali in punto di accertata supremazia, rispetto al ruolo cruciale delle Assemblee politiche, così risultate discriminate, a tacere di ventilati, altri indirizzi di sbocco riformatore tali da assestare con il c.d. "premierato" la definitiva trazione cardine per la leadership governativa.
L'interazione istituzionale e l'insieme delle relazioni che, da sempre nel meccanismo del sistema parlamentare sono sperimentati in Italia, cioè del Governo in fiducia talora "a rischio" del Parlamento, si sono poi compromessi a fortiori, sminuiti, destrutturati se non sovvertiti addirittura. Tutto ciò, affiora con occasionali legami fiduciari, forme sperimentate di galleggiamento fra maggioranze ora politiche, ora solo pericolosamente numeriche o "movimentiste" di momentaneo consenso, e si ripropone in altre "geometrie variabili" sia imposte per recuperare l'individuale sostegno di singoli parlamentari dichiaratisi dissenzienti, sia fra alleanze, cartelli e compagini senza un vero e proprio impianto organico di equilibrio e prospettiva politici e strategici, e senza alcun rilievo politico-costituzionale e d'impronta istituzionale, davvero ragionevole quanto d'azione costruttiva.
In una organizzazione policentrica e pluralista articolata su più livelli di governo, tanto in ambito infra-statuale, che in direzione sovranazionale, la posizione del Parlamento può rafforzarsi e conquistare nuovi spazi di agibilità, se vi è capacità d'inserimento in un circuito di coordinamento, partecipazione e leale collaborazione tra i vari centri elaborativi delle politiche nazionali e sovranazionali. È necessario, altresì, che il Parlamento, non più esclusivo monopolista dell'elaborazione delle scelte politiche di fondo, assuma quel ruolo, altrettanto decisivo, di principale sede di discussione di tali obiettivi e di effettivo modello "relazionale e comunicativo", specie in direzione degli accentuati fermenti della Territorialità (e, in particolare, pure nel riconoscimento delle peculiarità delle Isole per "promuovere le misure necessarie a rimuovere gli svantaggi derivanti dall'insularità", secondo la modifica introdotta al c. 6, ex art. 119 Cost.), implementati a seguito delle revisioni del Titolo V della Costituzione e degli ulteriori propositi di discussa, problematica innovazione progettata nel disegno di una c.d. "autonomia differenziata".
Vanno pertanto valorizzati tutti gli aspetti inerenti il rapporto dialettico ed il circuito informativo tra organo legislativo e Governo, anche alla luce dei mutati assetti organizzativi interni alle Assemblee rappresentative, in seno ad un comunque trasformato "Parlamento plusmaggioritario". Anche, perché una gran parte del confronto dialettico del Governo in Parlamento si svolge ed integra, sempre più spesso, sull'onda del personalismo per stringenti necessità di riferire, sul piano di un contraddittorio, stimolato direttamente dai parlamentari con il Presidente del Consiglio, singoli Ministri, Vice-ministri e Sottosegretari, in virtù di quanto disposto ex art. 64, c. 4, Cost.
ll crescente rilievo, anche di qualità della società mediatica e digitalizzata, del "conoscere per deliberare" ha fatto emergere, in maniera autonoma e trasversale rispetto alle altre funzioni, che per storia e tradizione sono attribuite alle Assemblee rappresentative, la particolare, tempestiva esigenza dell'acquisizione conoscitiva delle Camere e delle audizioni parlamentari dei membri del Governo. A questa direzione funzionale si riconducono: le indagini conoscitive (artt. 144 R.C. e 48 R.S.); il potere di svolgere udienze informative, aprendo parentesi di conoscenza nell'ambito del procedimento legislativo o nell'esame di altre questioni di merito (artt. 79, c. 3 e 5 e 143 R.C.; art. 47 R.S.); il potere di acquisizione documentale direttamente dai Ministri competenti ed il potere di chiedere loro di presentarsi in Commissione o di autorizzare l'intervento di dirigenti preposti a settori della P.A. (artt. 143 R.C. e 46-47 R.S.); l'invito al Governo per riferire direttamente alle Commissioni parlamentari competenti, in ordine all'esecuzione di leggi ed all'attuazione data a mozioni, risoluzioni ed ordini del giorno (artt. 143, c. 3, R.C. e 46, c. 2, R.S.).
In particolare, quest'ultima attività si distingue per la stretta interconnessione tra la funzione ispettiva e quella di indirizzo, che può evidenziare profili di co-gestione e leale collaborazione conseguenti tra Parlamento e Governo nel quadro dell'indirizzo politico: la "determinazione di fini e di mezzi", espressione sostanziale degli orientamenti tipicamente assunti mediante mozioni, risoluzioni ed ordini del giorno (artt. 110, 114 e 110 R.C.; artt. 50 e 157 R.S.) è seguita dalla verifica puntuale dei risultati. E da un siffatto impegno può emergere, tanto la formulazione di nuovi indirizzi, quanto eventuali forme di responsabilità politica suscettibili di adeguato accertamento nelle sedi parlamentari.
Alla richiamata serie degli strumenti conoscitivi si aggiungono quelli a prevalente carattere ispettivo, eminentemente orientati a verificare l'attività del Governo ed a farne valere la responsabilità politica. In guisa che, al diritto del Parlamento di acquisire notizie ed informazioni si fa corrispondere un doveroso obbligo di risposta, da parte dell'Esecutivo. Nel costante confronto parlamentare è il caso ricorrente della articolata tipologia di interrogazioni ed interpellanze, delle quali il Governo è destinatario esclusivo.
Nel flusso continuo delle informazioni scambiate tra Governo e Parlamento si ascrivono, pure, le comunicazioni e dichiarazioni dell'Esecutivo da parte del Presidente del Consiglio e dei singoli Ministri, come risposta alla funzione ispettiva esercitata dal potere legislativo nelle due Assemblee.
Presso le Camere, soprattutto, ogni comunicazione politico-istituzionale dei Ministri è vincolata all'osservanza dell'omogeneità dell'indirizzo politico e programmatico stabilito in seno al Consiglio dei Ministri, espressione di un accordo di programma del Governo, condiviso e poi sostenuto dalla maggioranza parlamentare. Sia in ragione dell'art. 95, c. 1, Cost.; sia degli artt. 2, c. 3 a), e 5, c. 1 b) della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Presidente del Consiglio personalmente e l'organo collegiale di vertice del Consiglio dei Ministri assolvono alla funzione di assicurare che, sempre, la politica generale del Governo non sia posta a repentaglio da pubbliche dichiarazioni rese dai Ministri e non direttamente concordate con il Premier. Naturalmente, superata la normale qualificazione della responsabilità ministeriale ogni "esternazione" ed altro intervento e comportamento individuali dei Ministri, che necessiti iniziative di consultazione o di mediazione politica più impegnativa nella sfera di governo, rientra nelle regole di salvaguardia ed articolata, rispettosa custodia della collegialità. Interventi tali da assicurare la compattezza e l'efficacia indispensabili per l'azione operativa dell'Esecutivo, senza pregiudiziali motivi politici di tensione e contesa. Poiché, nel principio della collegialità si esalta pur sempre la solidarietà politica tanto più nel governo di coalizione risultato dello sforzo di fare prevalere più nitidamente possibile la omogeneità governativa sulla eterogeneità partitica, mediante una assunzione di responsabilità collettiva che la formula di alleanza accentua, secondo atteggiamenti e incidenze, tuttavia, sempre variabili e modulabili per circostanze e necessità del caso.
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Le cc.dd. "comunicazioni" del Governo alle Camere racchiudono, altresì, le occasioni di dialogo tra i due organi, che nella prassi instaurata permettono all'Esecutivo e alla squadra ministeriale che lo compone di essere sentiti ogni qualvolta lo richiedano, a norma dell'art. 64 u.c. Cost. La disposizione costituzionale formalizza, infatti, uno dei tasselli di fondo dell'impianto organizzativo della forma di governo parlamentare, ed in particolare dello svolgimento pratico del circuito rappresentativo. In quanto, la tenuta di un costante colloquio informativo e documentativo fra le due istituzioni è legato al continuum del vincolo fiduciario, "permanentemente" da assicurare per l'equilibrio politico che razionalizza pienamente le effettive regole del sistema democratico. Sotto questa luce, è significativo interrogarsi del perché il tema delle comunicazioni governative, rivolte alle Assemblee legislative, sia quasi del tutto rimasto fattore sovente poco esplorato da studi e analisi tecnico-scientifiche ad hoc, in ombra nelle diverse stagioni che si sono succedute nella riflessione e negli approfondimenti compiuti in merito a tal profilo fra Esecutivo e Parlamento.
Proprio nella attuale oscillazione della discussa funzionalità parlamentare nei due ambiti operativi, cioè del tutt'ora prevalente momento assembleare, allargato al plenum delle due Aule di Senato e Camera, e, purtroppo di quello rimasto tutt'ora residuale, del momento consiliare, ristretto a tutte le Commissioni parlamentari, con un progressivo svilimento di tali lavori, si ripropone la ricerca di un punto efficace di bilanciamento, dialogo e produttività per gli impegni complessivi del Parlamento, in relazione al ruolo direttivo invocato per il Governo e nelle forme conseguenti di raccordo interistituzionale più adeguato e operativo.
Tale nesso funzionale era peraltro emerso con prioritaria lucidità e realismo nel corso dei lavori preparatori della Costituzione repubblicana, ove il Presidente della Commissione dei Settantacinque, Meuccio Ruini, tenne a precisare come il "regime parlamentare presuppone la fiducia del Parlamento nel Governo, così che chiunque fa parte del Governo deve poter partecipare e rispondere nelle sedute al Parlamento".
Privilegiandosi sempre la soluzione "teatrale" e discorsiva di una dialettica parlamentare che molto risente del prestigio e risonanza degli scranni assembleari nei due Emicicli, pure con i sistematici appuntamenti oggi connessi non solo all'ascolto radiofonico continuo delle sedute, bensì legati alle dirette televisive in significative tornate, procedure ed eventi di cronaca ed attualità, a scapito del più riservato e pragmatico, tecnico, incisivo e duraturo confronto nei collegi ristretti, le comunicazioni del Governo in Parlamento sono andate influenzandosi ed amplificandosi con evidenti, marcate connotazioni politiche, d'indubbio interesse e notevole rilevanza. Ciò, capita a svantaggio ulteriore del contatto informativo per le notizie e i dati richiesti all'Esecutivo, motivo tanto spesso additato come un'esigenza fondamentale per assolvere alla funzione di conoscenza prioritaria dei fatti, propedeutica ai peculiari compiti deliberativi delle due Camere.
Il principio del "contraddittorio con il Governo" posto a fondamento dell'art. 64, c. 4, Cost., ha dunque una riconosciuta funzione "bivalente", poiché investe l'Esecutivo, ed i singoli componenti di esso, di una legittimazione a concorrere direttamente al procedimento parlamentare, sia attiva che passiva. Il ruolo costituzionale che si assegna al Governo si esplica, tanto nel diritto delle Camere di richiedere la presenza dei membri del Governo, al quale corrisponde l'obbligo di questo di intervenire alle sedute; quanto nel diritto dei rappresentanti del Governo di partecipare ai lavori parlamentari e di essere sentiti ogni volta che lo richiedono, con conseguente inoperatività della consuetudine assembleare circa l'accesso in Aula storicamente presidiato nell'indipendenza guarentigiata, tradizionalmente nota come "immunità di sede".
Il diritto del Governo in Parlamento è assistito da una vera e propria garanzia procedurale, potendo l'iniziativa governativa interrompere il procedimento parlamentare in corso, dal semplice ordine del giorno alle procedure più complesse nelle quali si articolano in sequenza i lavori parlamentari.
Di contro, i regolamenti parlamentari tutelano il contraddittorio, prevedendo il diritto di replica alle comunicazioni del Governo. Il regolamento della Camera dispone, appunto, che se i rappresentanti del Governo chiedono di nuovo la parola, dopo le dichiarazioni di voto "si intende riaperta la discussione relativa all'oggetto della deliberazione" (art. 50, c. 2, R.C.). Il regolamento del Senato, invece, prescrive che per riaprire la discussione sulle "ulteriori dichiarazioni" del Governo, limitatamente ad un oratore per gruppo, sia necessaria la richiesta di cinque senatori (art. 99, c. 2, R.S.).
La disciplina dell'art. 64 Cost. si estende altresì alle Commissioni in tutte le sedi (artt. 22, c. 3 e 37, c. 1, R.C. e artt. 28 e 59 R.S.) ed, in particolare, a tutte le sedute delle Commissioni in sede legislativa (art. 37, c. 2, R.C.), con l'ulteriore obbligo di presenza del Governo alle sedute delle Commissioni referenti che esaminano nel merito i disegni di legge collegati alla manovra di finanza pubblica per la legge finanziaria e il bilancio dello Stato (art. 120, c. 5, R.C. e art. 126, c. 4, R.S.). Al riguardo, va rammentato che, a differenza della semplice "richiesta" ex art. 64 Cost., l'inottemperanza del Governo all'obbligo di presenza, ai sensi del regolamento, non produce solo conseguenze sotto il profilo della responsabilità politica, ma comporta anche l'invalidazione della seduta.
Le comunicazioni del Governo in Commissione, definite procedure "senza voto" per distinguerle dalle comunicazioni "in Assemblea", che formalmente si chiudono sempre con un atto di risoluzione, seguono un iter semplificato: dichiarazione del Governo, discussione in una o più sedute e replica del Ministro. La replica costituisce il passaggio più eloquente del confronto in Parlamento, poiché da esso si delinea una ulteriore precisazione e specificazione dell'indirizzo politico: il più delle volte vera e propria anticipazione di atti che il Governo si appresta a produrre. Piuttosto che occasione di verifica e di controllo "a consuntivo" dell'attività di governo, le dichiarazioni dell'Esecutivo nella prassi tendono a trasformarsi in strumenti preventivi di co-determinazione dell'indirizzo politico, tanto su materie di carattere generale, quanto su argomenti specifici dell'agenda programmatica.
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Eloquenti, al riguardo, risultano essere le audizioni e le comunicazioni del Governo, a seconda che vengano richieste dalle Commissioni o su diretto impulso di quest'ultimo. Comunicazioni e audizioni che si effettuano tanto in Commissioni permanenti di Camera e Senato, quanto talvolta, come secondo prassi avviene adesso sempre più spesso, nei collegi ristretti di entrambe le Assemblee, convocati "congiuntamente" a tal fine.
Argomenti di non poca rilevanza, soprattutto, toccano le frequenti esigenze di comunicazione dell'Esecutivo, inerenti la partecipazione dell'Italia in ordine ad impegni internazionali delle Forze armate all'estero, anche nell'adesione nazionale a contingenti militari multinazionali o "missioni ad hoc". Informazioni offerte, in queste circostanze, nelle arene decentrate delle Commissioni parlamentari riunite, Esteri e Difesa, per consentire l'immediato confronto ed allo scopo di garantire all'azione intrapresa la sua più idonea operatività funzionale, nonché ogni più opportuno affidamento anche in condizioni emergenziali. Ciò, avviene nel solco della menzionata ratio sottesa alla direzione ed alla tenuta dell'indirizzo politico, che impone il necessario coinvolgimento dell'azione parlamentare e del suo indispensabile intervento nel controllo e nell'informazione, sul processo decisionale in materie tanto cruciali e di istantanea, immediata gestione. Le Assemblee, o una sola di esse, oppure le Commissioni competenti, secondo il regime costituzionale di autonomia degli organi parlamentari, normalmente approvano le determinazioni assunte dal Governo e quindi "parlamentarizzate", sulla base delle comunicazioni da questo fornite in merito alle iniziative intraprese che, appunto, andranno a regime.
Va rilevato come il peculiare momento di "dialogo" e di leale collaborazione tra Governo e Parlamento, nella avviata prassi istituzionale si è andato incrementando, per il potenziato impegno dell'Italia, come è noto, intrapreso a seguito degli svariati interventi effettuati all'estero da personale militare italiano e mezzi appositi, o con la presenza militare in contingenti multinazionali di pace (secondo la differente natura tipologica d'intervento: peace-keeping, peace-enforcing e varie operazioni di assistenza internazionale).
Tuttavia, il pur indicato foro politico delle Commissioni, quale momento di relazione dialogica tra Governo e collegi rappresentativi minori, non sembra avvantaggiare, del tutto, l'esercizio del controllo parlamentare, secondo traiettorie che tendano a proporsi come risolutivo bypass delle rispettive Assemblee plenarie.
In questo campo, l'applicazione del Parliament by committees è ancora un obiettivo irrealizzato nel sistema che contraddistingue l'impianto del Parlamento repubblicano, così come può e deve potersi discutere il profilo riscontrato in ordine alla "redditività" del nostro assetto bicamerale perfetto e, dunque, gemellare. Tanto che, il temuto pericolo e l'allarme avanzato per un'ipotetica emarginazione degli organi parlamentari, in guisa del government by committees, insieme ad una "fuga" dalle responsabilità proprie dell'Esecutivo, oggi sembrano comunque scongiurati nei fatti.
Ben più articolati possono affermarsi i settori di raccordo interistituzionale e di scambio con altre istituzioni e con i media che, addirittura, vedano pure coinvolte le Commissioni quali segmenti rappresentativi parlamentari, in un sistema integrato di relazioni, colloqui e comunicazioni, ove si abbia richiamo alle forme articolate di democrazia e partecipazione multilevel come, ormai, vuoi per il processo comunitario in atto, vuoi per la rete estesa sul territorio con le autonomie plurali, ci si misura, in punto di aperta integrazione, convergenza e cooperazione, fino ad auspicare e patrocinare, nel campo specifico di applicazione della governance democratica, quel momento direttivo più efficace e continuativo, originale e produttivo contatto e colloquio comunicativo di gestione monitorata nei rapporti istituzionali complessi.
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In definitiva, se la posizione del regime parlamentare si potrà caratterizzare in una efficace capacità di promuovere squarci di luce, fronteggiare nel prossimo futuro troppo pervasive crisi, sfide e cicliche debolezze in ipotizzate vocazioni al declino, ciò dipenderà dal modo di ricostruire l'impianto delle regole essenziali, misurandosi con la ragione dinamica dell'ordine costituzionale rivolta verso soggetti istituzionali e politici, all'intero tessuto connettivo della comunità rappresentata fra Stato e società civile. Sicché, l'espressione ricorrente del "tramonto" del sistema, e ancora, se addirittura, "serve un Parlamento"", si può contrastare tanto, senza ulteriori solchi scavati su principi e valori, norme e procedure tali da menomare e scompaginare garanzie diffuse, ove denunciate in più occasioni e circostanze con voci e critiche valutazioni; quanto, senza menomare effetti sul buon governo e per tutte le libertà democratiche acquisite nel patrimonio dell'ordinamento. E in tale volontà, consenso e compromesso del disegno costituzionale, governabilità efficace, uso delle leggi e dei vari provvedimenti normativi, innovazione e cambiamento necessari, soprattutto forme di tutela e sostegno del bene comune e della giustizia sociale non si debbono mai sfaldare, logorare, depotenziare. Possono, anzi, rendere il Parlamento e il mondo politico emblematici ambiti e momenti per orientare, distinguere e contenere le opportune necessità di integrazione giuridico-istituzionali insieme alle intenzioni della società civile, specie quando comprese e riconosciute nel diritto legittimo, fino al punto, come ben affermato da Franco Modugno: "di scoprire cioè 'quel pezzo di ragione' esistente nella legislazione politica degli Stati costituzionali democratici". Indubitabile e forte la scommessa vittoriosa sulla quale, alla fine, può reggersi ogni prospettiva valida e operosa di ripresa realistica del parlamentarismo contemporaneo, senza risolversi in crepuscolo o tramonto per la centralità delle odierne Assemblee legislative.