- L'art. 473 bis.49 c.p.c.
- Cumulo delle domande nella riforma Cartabia
- L'orientamento della Cassazione
- La posizione degli Avvocati Divorzisti
L'art. 473 bis.49 c.p.c.
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A norma del nuovo art. 473 bis.49 c.p.c., intitolato "Cumulo di domande di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio", "negli atti introduttivi del procedimento di separazione personale, le parti possono proporre anche domanda di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e le domande a questa connesse. Le domande così proposte sono procedibili decorso il termine a tal fine previsto dalla legge, e previo passaggio in giudicato della sentenza che pronuncia la separazione personale".
La novità è stata introdotta con riguardo ai procedimenti contenziosi di soluzione della crisi matrimoniale. Nulla dice il legislatore sulla possibilità di proporre le due domande nel procedimento consensuale.
Con la sentenza n. 28727 del 16.10.2023, la Corte di Cassazione ha stabilito che i coniugi, di comune accordo, possono chiedere congiuntamente e simultaneamente la separazione personale e il divorzio.
E' quindi possibile sottoscrivere un unico accordo (sia di separazione sia di divorzio) e, sottoscrivere un solo atto e depositarlo in Tribunale affinché vengano trattate contestualmente tutte le richieste.
La Corte di Cassazione e' intervenuta a seguito del rinvio pregiudiziale ex art. 363-bis c.p.c. disposto dal Tribunale di Treviso.
Cumulo delle domande nella riforma Cartabia
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L'art. 473-bis.49, della riforma Cartabia aveva previsto la possibilità di cumulo delle domande di separazione e divorzio nel rito contenzioso ma non l'aveva previsto esplicitamente per le domande congiunte di separazione e divorzio.
I sostenitori dell'ammissibilità ritenevano che l'intenzione del legislatore di permettere il cumulo anche nei casi di domanda congiunta era deducibile, dal punto di vista letterale, nell'art. 473-bis.51 c.p.c. laddove si fa riferimento ai "procedimenti" e non al "procedimento" di cui all'art. 473-bis.47 c.p.c.
Inoltre, la ratio del cumulo delle domande consente un evidente risparmio in termini di "economia processuale", come anche confermato dalla deroga ai criteri di competenza territoriale e dal richiamo all'istituto della riunione previsto dall'art. 473-bis.49 c.p.c.
La Corte di Cassazione sottolinea che, a differenza della separazione consensuale, il divorzio a domanda congiunta ha natura meramente ricognitiva poiché sarà il Tribunale, con poteri decisionali, a verificare l'esistenza dei presupposti necessari per lo scioglimento del vincolo coniugale (il Giudice «non è condizionato al consenso dei coniugi»): la tesi del cumulo, dunque, non contrasta con il divieto di "patti prematrimoniali", in quanto le parti non dispongono anticipatamente dei loro status.
Vi erano comunque anche alcune posizioni (seppur minoritarie) contrarie all'ammissibilità del cumulo sul presupposto che il mancato rinvio all'art. 473-bis.49 c.p.c. limitasse tale possibilità solo alle ipotesi contenziose espressamente previste.
L'orientamento della Cassazione
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La Corte di Cassazione, accogliendo l'orientamento giurisprudenziale e dottrinale prevalente ha quindi espresso il seguente principio di diritto:
«In tema di crisi familiare, nell'ambito del procedimento di cui all'art. 473-bis 51 c.p.c. è ammissibile il ricorso dei coniugi proposto con domanda congiunta e cumulata di separazione e scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio».
La posizione degli Avvocati Divorzisti
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L'associazione Italiana degli Avvocati Divorzisti nella persona dello scrivente, Presidente Nazionale, Avv. prof. Matteo Santini ha espresso perplessità, in riferimento alla posizione del coniuge economicamente più debole.
La riforma non prevede questo istituto, che invece è dettagliatamente regolato con riferimento al solo procedimento contenzioso.
Inoltre va sottolineato il contrasto con la previsione dell'art. 160 c.c. sulla nullità dei patti stipulati in vista del divorzio; il principio di improcedibilità di domande il cui accoglimento è subordinato al verificarsi di condizioni non ancora avveratesi; gli imprevedibili effetti della revoca del consenso o dell'impossibilità di confermarlo; l'improcedibilità, fino alla pronuncia definitiva, di eventuali istanze per la modifica delle condizioni indicate nel ricorso.
La sentenza n. 4311 del 16.10.2023, emessa su rinvio pregiudiziale ex art. 363 bis c.p.c., affronta molti di questi temi, tuttavia non sempre risolvendoli in modo coerente. Ciò che risulta evidente è che la Corte di Cassazione privilegia il favor libertatis ed il risparmio tendenziale di energie processuali, al contempo valorizzando l'autonomia negoziale dei coniugi.