"Il genitore autorizzato a continuare l'esercizio di un'impresa per conto e nell'interesse di figli minori può compiere anche atti di straordinaria amministrazione senza necessità di ulteriori autorizzazioni purché si tratti di atti pertinenti all'esercizio dell'impresa, ovvero di atti che si ricolleghino direttamente a tale esercizio". E' quanto si legge in una recente pronuncia della Corte di Cassazione (Sent. n. 13154/07) che ha confermato la sentenza della Corte di Appello che aveva annullato, ai sensi dell'art. 322 c.c., la vendita di una partecipazione ad una s.r.l. effettuata da una madre autorizzata ai sensi dell'art. 320 comma 4 c.c. a continuare l'esercizio dell'impresa commerciale del defunto marito. La Corte territoriale, "all'esito di un accertamento sorretto da congrua e logica motivazione", aveva ritenuto che la dismessa partecipazione ad una s.r.l. "non poteva essere considerata bene strumentale di un'impresa che si occupava di lavori edili e stradali se non come momentanea immobilizzazione di capitali cui attingere per procurarsi la liquidità necessaria all'esercizio dell'impresa", ma che "di tale necessità non vi era alcuna traccia in atti, e che comunque non era stata provata una qualsiasi forma di reimpiego del ricavato detenuto dalla alienazione della suddetta partecipazione nell'attività di impresa di cui era stato titolare il de cuius". L'autorizzazione del genitore alla continuazione nell'esercizio di una specifica impresa individuale nel nome e per conto del minore pertanto - continuano i giudici di legittimità - "non si estende ad altri atti privi di un qualsiasi collegamento, quantomeno funzionale, con l'esercizio dell'impresa medesima, secondo una valutazione di fatto riservata al Giudice di merito, come appunto è avvenuto nella fattispecie".
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