Accertamento polizia tributaria
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La Corte di Cassazione (cfr. ordinanza n. 25314/2021) ha stabilito che i poteri officiosi del giudice della separazione o del divorzio di disporre accertamenti di polizia tributaria ed informazioni di carattere economico sui redditi e sui beni dei coniugi ai sensi dell'art. 337-ter sesto comma c.c. possono essere esercitati esclusivamente quando siano non esaustive le prove acquisite agli atti di causa e detto giudizio di esaustività, se adeguatamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità.La normativa vigente sul divorzio prevede che ove le informazioni di carattere economico fornite dai genitori non risultino sufficientemente documentate, il giudice dispone un accertamento della polizia tributaria sui redditi e sui beni oggetto della contestazione, anche se intestati a soggetti diversi.
Il potere del giudice
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Tale potere è rimesso al giudice solo ed in quanto sia necessario adottare dei provvedimenti di natura economica a tutela dei figli minori o maggiorenni non autonomi; ciò, testimonia, l'intenzione del legislatore di tutelare, la posizione giuridica dei figli minori con la conseguenza che un'analoga richiesta avanzata dai coniugi per un proprio interesse personale sarebbe da ritenersi inammissibile ed improponibile per mancanza dei presupposti di legge.Ciò non vuol dire che i coniugi non abbiano la possibilità di avvalersi di questo mezzo di prova per finalità personali, visto che in questo li sorregge l'articolo 187 c.p.c. che regola il potere officioso del giudice di disporlo se lo ritiene rilevante e pertinente ai fini della sua decisione e anche l'art. 4 comma 2 della Legge n. 54/2006 che ha espressamente legittimato il ricorso a queste informazioni patrimoniali "qualificate" "anche in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati".
A ciò si aggiunga anche che in tema di divorzio la Legge n. 898/1970 all'art. 5 comma 9, come modificata dalla Legge n. 74/1987, prevede che tale potere discrezionale del giudice possa essere esercitato anche al fine di determinare i presupposti per il riconoscimento dell'assegno divorzile in favore del coniuge economicamente più debole.
Tali rimedi sono comunque esperibili solo qualora non siano sufficienti i mezzi "ordinari" di prova generalmente rimessi all'onere delle parti, ivi comprese naturalmente anche le richieste di informazioni o di dati che il giudice in autonomia può richiedere agli organi della Pubblica Amministrazione o anche al datore di lavoro della parte.
Ci si chiede se il giudice possa esercitare detto potere oltre che in caso di contestazione sul punto anche ove egli ritenga non verosimile la documentazione probatoria fornitagli.
A parere dello scrivente, tale potere è esercitabile anche in caso di mancata contestazione delle parti solo quando si tratti di difendere dei diritti della prole, che sono di natura indisponibile. L'articolo 5, comma 9, della legge n. 898 del 1970 non può essere letto nel senso che il "potere" del giudice di disporre indagini di polizia tributaria debba essere considerato come un "dovere" imposto dalla "mera contestazione" , tuttavia "se la parte ha offerto elementi concreti e specifici a sostegno della richiesta di indagini della polizia tributaria, il giudice di merito non può rigettare la richiesta e, nel contempo, rigettare anche le domande su di essa fondate".
I limiti
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Pertanto, possiamo concludere che nei giudizi di separazione e divorzio giudiziale, il potere di disporre indagini della polizia tributaria, derivante dall'applicazione analogica dell'art. 5, comma 9, l. n. 898 del 1970, costituisce una deroga alle regole generali sul riparto dell'onere della prova, il cui esercizio è espressione della discrezionalità del giudice di merito che, però, incontra un limite, nella contestazione delle parti (in caso di di richiesta di indagini finalizzate alla richiesta e quantificazione dell'assegno per il coniuge) in presenza di fatti precisi e circostanziati in ordine all'incompletezza o all'inattendibilità delle risultanze fiscali acquisite al processo.In tali casi, il giudice ha il dovere di disporre le indagini della polizia tributaria, non potendo rigettare le domande volte al riconoscimento o alla determinazione dell'assegno, fondate proprio sulle circostanze specifiche che avrebbero dovuto essere verificate per il tramite delle menzionate indagini.