Il legislatore, accecato dal facile consenso, genera deliberatamente una disciplina incomprensibile

Entrata in vigore disposizioni contraddittorio obbligatorio

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Il decreto legislativo 30 dicembre 2023 n. 219 con l'articolo 3 ha introdotto nella legge 27 luglio 2000 n. 212 l'art. 6-bis, la cui rubrica è titolata "Principio del contraddittorio".

All'art. 3 del decreto legislativo n. 219/2023, al comma 1, si legge: «il presente decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana».

Il decreto legislativo n. 219/2023 è stato pubblicato sulla G.U. n. 2 del 03 gennaio 2024. Ne consegue, senza complicati calcoli aritmetici, che il provvedimento in questione è entrato in vigore il 18 gennaio 2024.

Ciò nonostante, il MEF, con un atto di indirizzo, pubblicato il 29 febbraio 2024 sul sito del Dipartimento delle Finanze, ha fornito indicazioni, di seguito illustrate, sull'istituto disciplinato dal citato articolo 6-bis dello Statuto dei diritti del contribuente:[1]

«Il citato nuovo 6-bis dello Statuto dei contribuenti ha portata generale, ma non assoluta, tanto da sopportare deroghe (atti automatizzati e fondato pericolo per la riscossione); deroghe che, peraltro, necessitano di un apposito D.M. per essere individuate;

la sintetica disciplina generale sulla procedimentalizzazione applicativa dell'istituto del contraddittorio, contenuta nell'articolo 6-bis comma 3 dello Statuto dei diritti del contribuente, non sembra volersi sostituire a quella che già da tempo regola le forme partecipative e l'esercizio del contraddittorio ed è destinata a breve ad essere ulteriormente adattata e specificata in relazione alle disposizioni sulla partecipazione del contribuente al procedimento di accertamento contenute nell'articolo 1, del D.lgs. n. 13/2024, che si applicheranno agli atti emessi a decorrere dal 30 aprile 2024;

pertanto, "una lettura interpretativa d'ordine sistematico delle recenti novità normative che si sono susseguite porta a far ritenere che fino al momento dell'emanazione del decreto ministeriale di elencazione delle fattispecie nelle quali il diritto al contraddittorio è assolutamente escluso e, in ogni caso, fino alla predetta data del 30 aprile 2024 nulla sia mutato in ordine alle modalità procedurali di contraddittorio, occorrenti per far legittimamente valere la pretesa tributaria, tradizionalmente disciplinate nella legislazione ancora vigente».

Il MEF sconvolge radicalmente la disciplina sulla entrata in vigore delle leggi con una lunga digressione con la quale "abroga" l'art. 10 delle disposizioni preliminari al codice civile che testualmente recita: «Le leggi e i regolamenti divengono obbligatori nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione, salvo che sia altrimenti disposto». Verrebbe, ironicamente, da pensare che il MEF abbia ritenuto di potere modificare la data di entrata in vigore dell'art. 6-bis dello Statuto del contribuente, perché il Decreto Legislativo del 30 dicembre 2023 n. 219, all'art. 3, stabilisce che il decreto entra in vigore il quindicesimo giorno successivo a quello della sua pubblicazione, mentre nell'art. 10 delle disposizioni preliminari del codice civile si legge nel decimoquinto giorno successivo a quello della loro pubblicazione.

Purtroppo, la ciambella non è riuscita con il buco, perché il Costituente, occupandosi dell'entrata in vigore delle norme ha scritto all'art. 73 «Le leggi sono pubblicate subito dopo la promulgazione ed entrano in vigore il quindicesimo giorno successivo alla loro pubblicazione, salvo che le leggi stesse stabiliscano un termine diverso».

Il legislatore folgorato, un mese dopo, forse da Dike (gr. """") dea greca della giustizia, sembra rendersi conto che la nota di indirizzo del MEF non può risolvere il pasticcio creato e inserisce nel Decreto-legge n. 39 del 29 marzo 2024 l'art. 7 che testualmente recita:[2]

«Le disposizioni dell'articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212 non si applicano agli atti emessi prima del 30 aprile 2024 e a quelli preceduti da un invito ai sensi del 19 giugno 1997 n. 218, emesso prima della medesima data.

1. Agli atti di cui al comma 1 si applica la disciplina vigente prima del 30 aprile 2024.

2. Qualora l'Amministrazione finanziaria abbia, prima della data di entrata in vigore del presente decreto della presente disposizione (sic), comunicato al contribuente lo schema d'atto di cui all'articolo 6-bis della legge 27 luglio 2000, n. 212, agli atti emessi con riferimento alla medesima pretesa si applica comunque la proroga dei termini di decadenza prevista dal comma 3, terzo periodo, del medesimo articolo».

La soluzione adottata dal legislatore non appare conforme ai contenuti dello Statuto del contribuente.

In sede di modifica di quest'ultimo si è puntualizzato all'art. 1, ai commi 1 e 2, quanto segue:

1. Le disposizioni della presente legge, in attuazione delle norme della Costituzione, dei principi dell'ordinamento dell'Unione europea e della Convenzione europea dei diritti dell'uomo, costituiscono principi generali dell'ordinamento tributario, criteri di interpretazione della legislazione tributaria e si applicano a tutti i soggetti del rapporto tributario. Le medesime disposizioni possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali.

2. L'adozione di norme interpretative in materia tributaria può essere disposta soltanto in casi eccezionali e con legge ordinaria, qualificando come tali le disposizioni di interpretazione autentica.

Le disposizioni dello Statuto del contribuente, che costituiscono i principi generali dell'ordinamento tributario e, addirittura, i criteri di interpretazione della legislazione di settore, non possono essere modificate mediante leggi speciali, ma solo da leggi ordinarie che modificano o derogano al suo contenuto espressamente. Nel caso in esame, invece, appare evidente che il legislatore per derogare, sia pure temporaneamente, al principio del contraddittorio obbligatorio è intervenuto, introducendo una disposizione derogatoria nell'ambito della disciplina del bonus edilizio in palese violazione dell'art. 1 comma 1 dello Statuto del contribuente.

L'illegittimità dell'art. 7 del Decreto-legge n. 39 del 29 marzo 2024 è ancora più macroscopica con riferimento al disposto del comma 2 che ammette l'adozione di una norma interpretativa dello Statuto del contribuente solo con legge ordinaria qualificata, espressamente, come norma d'interpretazione autentica.

Il procedimento seguito dal legislatore è tutt'altro che conforme alle disposizioni contenute nello Statuto, perché non è intervenuto con una legge ordinaria, ma con un provvedimento speciale, tra l'altro, emanato nella forma del decreto-legge[3].

In ogni caso dalla lettura del più volte citato art. 7 del Decreto-legge n. 39 del 29 marzo 2024 emergono ulteriori profili di illegittimità nel comportamento del legislatore, che si enunciano sinteticamente di seguito[4].

Le disposizioni tributarie non possono avere effetto retroattivo, pertanto essendo entrato in vigore il citato decreto-legge in data 30 marzo 2024 è doveroso concludere che, almeno, tutti gli atti emanati fino al 29 marzo, senza essere stati preceduti dal contraddittorio, debbono considerarsi illegittimi e di ciò parleremo più approfonditamente nel paragrafo che segue.

Inoltre, il legislatore ha introdotto una discriminazione, che si pone in netto contrasto con il principio costituzionale dell'eguaglianza, creando al comma 3 del citato Decreto-legge n. 39/2024 una sorta di doppio binario. Si legge, infatti, che qualora l'Amministrazione finanziaria abbia, prima del 30 marzo 2024, comunicato al contribuente lo schema d'atto si applica comunque la proroga dei termini di decadenza prevista dal comma 3, terzo periodo, del medesimo articolo. Se con la già menzionata disposizione si è inteso fare salvo il contraddittorio per coloro che hanno ricevuto lo schema d'atto prima del 29 marzo, è evidente l'illegittimo discrimine con chi non lo ha ricevuto; se invece la norma ha inteso solo prorogare i termini di decadenza a tutela degli interessi dell'Erario, è evidente il contrasto con lo Statuto del contribuente, che vieta la proroga dei termini di prescrizioni e di decadenza dei tributi.

Infine, dubbi permangono sulla possibilità di intervenire sui decreti legislativi emessi sulla base di una delega del Parlamento al Governo con lo strumento del decreto-legge, anziché con un altro decreto legislativo nel rispetto dei principi stabiliti nella legge delega[5].

Effetti della violazione del principio del contraddittorio obbligatorio

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Nel paragrafo precedente abbiamo accennato all'illegittimità dell'atto emesso in violazione del principio del contraddittorio, riservandoci di approfondirne gli aspetti.

Il Parlamento, con la legge 9 agosto 2023, n. 111, ha conferito delega al Governo per l'attuazione della riforma tributaria, stabilendo, per quanto ci riguarda in questa sede, all'art. 4 lettera f) il principio di "prevedere una generale applicazione del principio del contraddittorio a pena di nullità." Il Parlamento ha imposto, in buona sostanza, al Governo di attuare una riforma fiscale che abbia tra i suoi principi fondamentali un contraddittorio di carattere generale a pena di nullità. In questa circostanza ci occuperemo innanzitutto della conseguenza della violazione del principio del contraddittorio, rimandando per la sua portata ad altra sede l'articolata problematica del carattere generale dell'obbligo del principio del contraddittorio.

Benché, il legislatore abbia stabilito nella legge delega la conseguenza della nullità della violazione del principio del contraddittorio, il Governo ha deciso di non considerare la violazione di quest'ultimo una causa di nullità, ma una semplice causa di annullabilità, tra l'altro, da fare valere in forme e termini rigorosi. La volontà del Governo di declassare il vizio cui sono affetti gli atti emanati in violazione del principio del contraddittorio obbligatorio da nullità ad annullabilità è perseguita con determinazione. Per esempio, all'art 6 comma 5 dello Statuto del contribuente si legge. "Prima di procedere alle iscrizioni a ruolo derivanti dalla liquidazione di tributi risultanti da dichiarazioni, qualora sussistano incertezze su aspetti rilevanti della dichiarazione, l'amministrazione finanziaria deve invitare il contribuente, a mezzo del servizio postale o con mezzi telematici, a fornire i chiarimenti necessari o a produrre i documenti mancanti entro un termine congruo e comunque non inferiore a trenta giorni dalla ricezione della richiesta. La disposizione si applica anche, qualora, a seguito della liquidazione, emerga la spettanza di un minor rimborso di imposta rispetto a quello richiesto. La disposizione non si applica nell'ipotesi di iscrizione a ruolo di tributi per i quali il contribuente non è tenuto ad effettuare il versamento diretto. Sono annullabili i provvedimenti emessi in violazione delle disposizioni di cui al presente comma".

Ma, è, soprattutto, leggendo l'art. 7-bis del novellato Statuto del contribuente che emerge in materia di contraddittorio, con evidenza, la volontà del Governo di volere cambiare tutto, cercando di cambiare il meno possibile. Infatti, nell'appena citata disposizione si legge:

1. Gli atti dell'amministrazione finanziaria, impugnabili dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria, sono annullabili per violazione di legge, ivi incluse le norme sulla competenza, sul procedimento, sulla partecipazione del contribuente e sulla validità degli atti.

2. I motivi di annullabilità e di infondatezza dell'atto sono dedotti, a pena di decadenza, con il ricorso introduttivo del giudizio dinanzi alla Corte di giustizia tributaria di primo grado e non sono rilevabili d'ufficio.

Il palese contrasto tra il contenuto della legge delega e i decreti delegati è reso ancor più evidente dal chiaro tenore letterale dell'articolo su riprodotto e dal contenuto del comma 1 dell'art. 7 - ter che testualmente recita:

«Gli atti dell'amministrazione finanziaria sono nulli se viziati per difetto assoluto di attribuzione, adottati in violazione o elusione di giudicato, ovvero se affetti da altri vizi di nullità qualificati espressamente come tali da disposizioni entrate in vigore successivamente al presente decreto».

In conclusione, il tenore letterale dell'art. 7-bis e 7-ter non lasciano adito a dubbi sul fatto che il Governo abbia violato la legge delega, onerando il contribuente di un ricorso alla Corte costituzionale per fare valere l'eccesso del potere Esecutivo che lede in maniera rilevante uno degli aspetti cardine della riforma tributaria. Il potere esecutivo ha reintrodotto una forma surrettizia di contraddittorio obbligatorio la cui violazione non solo si potrà far valere a pena di decadenza solo con il ricorso introduttivo, ma potrebbe essere oggetto anche di sanatoria in corso di giudizio, se i termini del contendere, come è probabile, si spostassero dall'ipotesi, forse scolastica, dell'assenza assoluta del contraddittorio all'eventualità, tutt'altro che remota, dell'assenza di un contraddittorio informato ed effettivo.

L'espressione forbita ed elegante di un contraddittorio informato ed effettivo è idonea a ingenerare grandi aspettative, che non possono non lasciare delusi, appena si tenta di dare un contenuto giuridico sostanziale al già menzionato enunciato. Ci si accorge, presto, che si è in presenza di una norma che solo a fatica si può considerare, meramente, programmatica. Una norma che è solo l'enunciazione di un valore e di un connesso obbligo per il parlamento e l'esecutivo di procedere per la realizzazione di quel valore. Si renderebbero necessarie una serie di norme precettive idonee a dare contenuto agli aggettivi "informato ed effettivo". Il contraddittorio per rispondere allo spirito della norma richiede che le parti siano correttamente e dettagliatamente al corrente delle problematiche fattuali e degli studi relativi all'argomento trattato oggetto di problematiche interpretative e che il confronto sia autentico e corrisponda a realtà evidenti ed esattamente valutabili. Purtroppo, di tutto questo non esiste traccia nell'ambito dell'art. 6-bis dello Statuto del contribuente, anzi la lettura del primo capoverso del comma 3 genera molte preoccupazioni.

Nel citato capoverso l'Esecutivo ha scritto:

3. Per consentire il contraddittorio, l'amministrazione finanziaria comunica al contribuente, con modalità idonee a garantirne la conoscibilità, lo schema di atto di cui al comma 1, assegnando un termine non inferiore a sessanta giorni per consentirgli eventuali controdeduzioni ovvero, su richiesta, per accedere ed estrarre copia degli atti del fascicolo.

La lettura linguisticamente corretta del testo che precede legittimerebbe una lettura estremamente restrittiva della facoltà riconosciuta al contribuente, nel senso che a quest'ultimo sarebbe riconosciuta alternativamente la facoltà di produrre, ove lo ritenga utile, delle controdeduzioni o su richiesta la possibilità di accedere agli atti ed estrarne copia. Appare di tutta evidenza che detta interpretazione, purtroppo corretta linguisticamente, se dovesse prevalere renderebbe il contraddittorio una mera formalità priva di un concreto valore. Per evitare questa interpretazione bisogna disturbare San Paolo: "littera enim occidit spiritus autem vivificat" (lat. «infatti la lettera uccide, lo spirito invece vivifica»). In sostanza il disposto andrebbe letto nel senso che il contribuente dovrebbe accedere sostanzialmente in tempo reale agli atti del fascicolo per estrarne copia e produrre le controdeduzioni. Ovviamente la situazione si complicherebbe se la richiesta di accesso al fascicolo la si interpretasse nei termini e nei limiti della legge 241/90, perché l'Ufficio avrebbe a disposizione trenta giorni, per evadere la richiesta e al contribuente resterebbero senz'altro meno di trenta giorni, considerando i tempi tecnici, per controdedurre allo schema d'atto.

La chiosa finale di questo scritto mette in luce la sostanziale inutilità sostanziale del cosiddetto contraddittorio obbligatorio. Infatti, l'art. 6-bis chiude con il seguente comma 4:

L'atto adottato all'esito del contraddittorio tiene conto delle osservazioni del contribuente ed è motivato con riferimento a quelle che l'Amministrazione ritiene di non accogliere.

Il contraddittorio così come emerge dal disposto dell'art. 6-bis è una semplice memoria esplicativa e non un confronto dialettico tra le parti dalle quali possano emergere elementi di riflessione per entrambi. In sostanza, non si differenza, più di tanto, dalle vecchie osservazioni al processo verbale di constatazione, che si risolvevano di norma con un rigetto a ciclostile delle osservazioni di parte di cui quest'ultimo aveva notizia solo al momento della notifica dell'atto impositivo perfezionato.

Ulteriori criticità della riforma

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Occorre sottolineare che la riforma de quo presenta ulteriori criticità, quali il mancato coordinamento tra contraddittorio e accertamento per adesione e per altro il ridimensionamento del contraddittorio operato con il Decreto del Viceministro dell'Economia e delle Finanze del 24 aprile 2024, che per la loro gravità meritano una trattazione apposita, che si ritiene opportuna approfondire.

Per il momento lo scrivente si sente di concludere con la celebre espressione "Se vogliamo che tutto rimanga com'è, bisogna che tutto cambi". Famosissima frase pronunciata da Tancredi, nipote del principe Fabrizio Salina nel celebre romanzo "Il Gattopardo" di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.


[1] www.asseprim.it Contraddittorio generalizzato: chiarimenti - Atto di indirizzo del MEF del 29 febbraio 2024.

[2] htpps://confprofessioni.eu/economia-e-fisco Il caos della riforma dell'accertamento

[3] STU_195_Deleghe_decreti_correttivi Deleghe e decretazione correttiva e integrativa nella giurisprudenza costituzionale di Loris Iannuccilli e Antonio De Vita

[5] www.quotidianopiù.it/dettaglio/10891260 Contraddittorio e accertamento con adesione al via con qualche criticità


Foto: 123rf.com
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