La Cassazione afferma che l'incompatibilità del giudice ex art. 34 c.p.p. non comporta nullità del giudizio senza astensione o ricusazione

Le incompatibilità del giudice ex art. 34 c.p.p., senza astensione o ricusazione, non comportano nullità del giudizio. Lo ha affermato la terza sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 20349/2024 (sotto allegata) dichiarando infondato il ricorso di un imputato la cui condanna era stata confermata in appello.

L'uomo aveva adito il Palazzaccio lamentando che "il giudice estensore del provvedimento impugnato avrebbe dovuto astenersi, avendo partecipato ad un giudizio sui fatti concernenti l'imputato avvinti dal nesso della continuazione".


Per gli Ermellini però il ricorso è manifestamente infondato.

"Occorre innanzitutto evidenziare che le questioni concernenti l'incompatibilità del giudice possono essere proposte nel nostro ordinamento processuale penale esclusivamente mediante l'istituto della ricusazione" affermano infatti e "costituisce, al riguardo, ius receptum li principio secondo li quale l'esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 cod. proc. pen., allorché non rilevata dal giudice con dichiarazione di astensione, né tempestivamente dedotta con istanza di ricusazione, non incide sulla capacità dello stesso e, conseguentemente, non è causa di nullità ai sensi dell'art. 178, comma primo, lett. a), cod. proc. pen. (cfr. Cass. Sez. U, n. 23/1999).

Si è anche affermato, ricordano ancora i giudici, "che l'esistenza di cause di incompatibilità ex art. 34 c.p.p., non incidendo sulla capacità del giudice, non determina la nullità del provvedimento adottato dal giudice ritenuto incompatibile, ma costituisce esclusivamente motivo di astensione e di ricusazione, che deve essere fatto valere tempestivamente con la procedura di cui all'art. 37 cod. proc. pen.; costituisce unicamente motivo neppure allorquando la causa di essa sia divenuta nota solo dopo la definizione del relativo grado processuale, e sia ormai preclusa la proponibilità di istanza di ricusazione" (cfr. Cass. n. 34581/2021).


Pertanto, l'interessato avrebbe dovuto ricusare il giudice, nelle forme e nei termini di legge.

In assenza di ricusazione, la tematica sollevata dal ricorrente è priva di rilievo e non deve essere esaminata.

Da qui l'inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila, determinata secondo equità, in favore della Cassa delle ammende.

Scarica pdf Cass. n. 20349/2024

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