il redditometro ha origini risalenti nel tempo, ma non ha mai risolto i problemi dell'evasione fiscale, forse, neppure li ha scalfiti. Non è lo strumento che ridurrà l'evasione fiscale nel nostro paese a causa di ostacoli pratici insuperabili

Redditometro, il decreto e la sospensione

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Il Viceministro per l'economia e le finanze ha emanato il Decreto 7 maggio 2024 - determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche - pubblicato sulla GU n. 116 del 20.05.2024.

Con un Atto di indirizzo del 23 maggio 2024[1], il MEF ufficializza il rinvio dell'entrata in vigore del "nuovo" redditometro, come modificato dal DM del 7 maggio 2024, pubblicato in G.U. del 24 maggio 2024, annullandone gli effetti. In realtà l'atto non annulla gli effetti del DM del 7 maggio 2024, ma li sospende fino all'entrata in vigore dei provvedimenti che disporranno la modifica del quinto comma dell'art. 38 del DPR n. 600/1973, per rendere più esplicita la normativa dell'istituto della determinazione sintetica del reddito.

Chi non apprende gli insegnamenti della storia è destinato a ripeterne gli errori

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L'art. 53 della Costituzione che testualmente recita che: "tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva", è forse una delle norme più derogate, perché il legislatore non ha mai affrontato in maniera organica il problema, ma sempre in modo assolutamente contingente, per fare fronte a esigenze transitorie di cassa o per far fronte a obblighi che scaturiscono da trattati internazionali. Il nostro è il Paese della SOCOF[2], una delle imposte più evase introdotte nel nostro paese; dell'ISI - l'imposta straordinaria sugli immobili - classico ossimoro del linguaggio politico italiano, in cui straordinario equivale a ordinario (anche perché in Italia, il mattone è sempre stato considerato un investimento sicuro anche per l'Erario)[3]; successivamente toccò all'Ici - l'Imposta comunale sugli immobili - che fu istituita nel 1992 con il decreto legislativo n. 504, che garantiva un gettito di esclusiva competenza dei Comuni.

Al legislatore che non manca la fantasia dei termini fiscali si devono le cosiddette una tantum sulle auto, sul medico, inducendo il contribuente a rettificare il termine una tantum in una semper (sic). I nostri parlamentari, appassionati di algoritmi statistico matematici, non potevano non elaborare modelli capaci, magari derogando!" all'art. 53 della Costituzione, di combattere la madre di tutte le guerre contro l'evasione fiscale: la minimum tax, i coefficienti di reddittività, i coefficienti presuntivi e infine l'arma letale - gli Studi di Settore - logaritmi e coefficienti di regressione - con buona pace del diritto alla difesa.

Abbiamo omesso fino a ora di parlare del redditometro, perché questo istituto è l'ennesima prova dei cosiddetti corsi ed i ricorsi storici di Giovanbattista Vico.

L'accertamento sintetico[4] al suo sorgere appare equilibrato, benché meritevole di puntualizzazioni. La lettura del testo lascia chiaramente intendere che dovranno essere individuati dal Ministro delle Finanze indici presuntivi di capacità reddituali che mal si conciliano con il reddito dichiarato. Il tenore della norma sembra riferirsi anche a indizi che siano gravi, precisi e concordanti, confermando l'assunto che precede che la spesa sia assolutamente anomala rispetto al reddito dichiarato. La norma faceva probabilmente difetto nella parte in cui non stabiliva dei parametri per emettere l'accertamento. Abbiamo parlato di parametri e non di indici, come prevede la disposizione vigente, per motivi che chiariremo più avanti. Il legislatore aveva imboccato una strada prudente con la quale si era cercato di evitare di creare un sistema capace di contrarre i consumi con pesanti ripercussioni sull'economia nazionale. Questo problema è stato affrontato dal "The New York Times" in un servizio pubblicato il 27 gennaio 2023 con il quale si è messo in evidenza che l'istituto ha funzioni dissuasorie nei confronti di categorie avvezze all'evasione.

La normativa è stata modificata il 1° gennaio 1992[5], avvicinandosi per un verso al modello francese che prevede uno scostamento nel triennio tra il reddito dichiarato e quello accertabile. Infatti, la nuova normativa di cui ci stiamo occupando prevede la possibilità di emettere l'avviso di accertamento se il dichiarato non è congruo per due più anni. La modifica appare ragionevole rispetto alla versione precedente, perché la mancata congruità per una sola annualità può essere riconducibile ad una miriade di variabili (si pensi all'irregolarità congenita dei flussi finanziari di un avvocato tra l'anno n e l'anno n+1). In questo stesso periodo è stato introdotto per la prima volta l'indice di splafonamento nella misura di un quarto per emettere l'avviso di accertamento. Inoltre, è stato introdotto il principio per cui, in caso di accertamento sintetico per investimenti patrimoniali, la spesa si intendesse realizzata finanziariamente nell'anno dell'acquisto e nei quattro anni precedenti con quote tutte di pari importo.

Il sistema aveva raggiunto un sia pure parziale equilibrio. Non poteva essere considerato perfetto, perché questo è un termine pericoloso da usare nel valutare le disposizioni normative, soprattutto se disciplinano atti che si fondano su presunzioni che rappresentano sempre un vulnus al principio della capacità contributiva. Sul versante della prova contraria la norma risulta invece debole. Un contribuente che ha ricevuto un accertamento sintetico ha eccepito di avere acquistato il bene con donazioni informali tra familiari, ma ha dovuto attendere l'ordinanza del 10 di aprile del 2024 della Corte di Cassazione per definire il suo contenzioso del 2007.

Non ci soffermeremo sulle modifiche apportate all'art. 38 del D.P.R. 600/73 nel periodo intercorrente tra l'8 dicembre 1993 e il 30 maggio 2010, perché è rimasta sostanzialmente immutata la disciplina dell'accertamento sintetico entrata in vigore il 1° gennaio 1992 di cui ci siamo già occupati.

La normativa sul redditometro cambia, radicalmente, il 31 maggio 2010.[6] La normativa come, ormai, accade, da tanti anni non brilla per chiarezza espositiva, nonostante le leggi che la prevedono e le altisonanti esternazioni dell'Agenzia delle Entrate.[7]

La lettura della disposizione porta a concludere che la determinazione sintetica del reddito si fonda su due categorie:

1. La determinazione del reddito del contribuente è effettuata sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile;

2. La determinazione del reddito del contribuente è effettuata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza (in tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma).

A differenza della precedente versione normativa della disciplina del redditometro, nell'ipotesi prevista al punto 1 siamo in presenza di una presunzione assoluta, che non sembra ammettere la prova contraria, mentre nell'ipotesi di cui al punto 2 sussiste la possibilità di fornire la prova contraria. Ancora, la norma ha subito un ulteriore modifica ulteriormente restrittiva per i contribuenti, introducendo il principio che si può emettere l'accertamento sintetico se l'accertabile supera il dichiarato di un quinto a fronte della precedente misura di un quarto. La norma è vigente nell'attuale versione, non essendo stata scalfita dalla modifica all'art. 38 del dpr 600/73 del 14 luglio 2018. Il Decreto Ministeriale 7 maggio 2024, emesso su questo impianto, conferma l'esattezza sistematica dell'interpretazione. Infatti, nello stesso decreto si distingue tra la tabella delle spese e quella a contenuto induttivo.

Criticità del redditometro

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Preliminarmente va sottolineato che le criticità del redditometro sono di carattere sostanziale e non di carattere formale; pertanto, fa sorridere il MEF quando afferma che la vera criticità del redditometro risiede nel nome e che sarebbe sufficiente cambiarlo per spegnere il focolaio del malcontento creato dalla pubblicazione sulla GU del Decreto Ministeriale 7 maggio 2024.

Innanzitutto, si puntualizza, come già anticipato, che se il redditometro vuole essere uno degli strumenti di lotta ai grandi evasori bisogna sostituire l'indice di soglia di un quinto del reddito dichiarato per emettere l'avviso di accertamento con parametri matematici aderenti al rischio del livello di scostamento. Per meglio chiarire la fattispecie è opportuno procedere con un esempio:

a. il contribuente ALFA ha dichiarato un reddito di € 20.000,00 che equivalgono a € 24.000,00, applicando l'indice di soglia di un quinto. In sostanza il contribuente non è accertabile se il reddito presunto non supera l'importo di € 24.000,00;

b. il contribuente BETA ha dichiarato un reddito di € 100.000,00 che equivalgono a € 120.000,00 applicando l'indice di soglia di un quinto. In sostanza il contribuente non è accertabile se il reddito presunto non supera l'importo di € 120.000,00;

L' esempio che precede suggerisce che il redditometro può considerarsi uno strumento di accertamento, ma non di lotta ai grandi evasori. Il contribuente ALFA ha un margine di tolleranza irrisorio che, se correttamente individuato dal modello matematico con il quale si è stabilito il margine di un quinto, gli consentirebbe al massimo di fare spese necessarie, mentre BETA con il suo margine potrebbe sostenere anche spese voluttuarie. I principi di equità fiscale non possono disconoscere queste conseguenze se non si vuole dare legittimazione al principio della "evasione di necessità" che è, invero, una chiara violazione della regola della "capacità contributiva", ma l'esempio evidenzia un ulteriore criticità.

Il contribuente BETA, titolare di un reddito medio, può, tranquillamente fare un viaggio in Svizzera e tornare, in giornata, in Italia con un lussuoso Rolex al polso con rischi fiscali prossimi a zero. Se poi il reddito del contribuente BETA è medio alto, esiste sempre la possibilità di acquistare, tramite la BETA SRL di cui è socio, un immobile di rappresentanza, una autovettura aziendale con qualche limitazione in termini di deducibilità, ma pur sempre una autovettura che per molti rappresenta solo un sogno. Esempi che trovano un limite sono nella fantasia di chi pianifica le evasioni. Non si tratta di demonizzare l'istituto del redditometro, ma solo di riconoscere l'inadeguatezza dello strumento nella lotta ai grandi evasori.

Lo strumento dell'accertamento sintetico può avere effetti deleteri di segno opposto. Può verificarsi che induca alla contrazione dei consumi, spesso voluttuari, ma volàno fondamentale dell'economia.

Nel 2012 il settore della nautica fu colpito da una crisi profonda per il costo degli ormeggi e del costo dei carburanti e delle manutenzioni che si ritenne aggravata, anche, dai controlli effettuati dal fisco nei confronti dei proprietari e di imbarcazioni da diporto mediante lo strumento del redditometro.

Si rilevò una significativa tendenza di uscita dai porti turistici italiani, a beneficio degli altri approdi del mediterraneo (Spagna, Croazia, Costa Azzurra e Costa Brava). Non è, evidentemente, semplice individuare le cause di crisi di un settore alle quali può concorrere lo stato di altri settori, ma non c'è dubbio che la pressione fiscale o il mero timore di un incremento reale della pressione ha gravi ricadute sui settori produttivi.

Lo stesso legislatore ha sentito il bisogno di scrivere nella legge delega[8] all'art. 3 che il potere esecutivo deve introdurre nel nostro ordinamento, per il tramite dei decreti legislativi, "misure volte a conformare il sistema di imposizione sul reddito a una maggiore competitività sul piano internazionale…tali misure possono comprendere la concessione di incentivi all'investimento o al trasferimento di capitali in Italia per la promozione di attività economiche nel territorio nazionale".

Nella legge delega non mancano ulteriori indicazioni che appaiono, purtroppo, violate dal Decreto del Ministro del 7 maggio 2024, in particolare nel settore istruzione, tempo libero, cultura e giochi, dove è stato, del tutto, ignorato il disposto dell'art. 2, il quale prevede che il Governo mediante i decreti delegati "…stimoli la crescita economica e la natalità attraverso l'aumento dell'efficienza della struttura dei tributi e la riduzione del carico fiscale, soprattutto al fine di sostenere le famiglie, in particolare quelle in cui sia presente una persona con disabilità, i giovani che non hanno compiuto il trentesimo anno di età, i lavoratori e le imprese".

Illegittimità avvisi di accertamento sintetici

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Per anni si è discusso sulla natura delle presunzioni del redditometro con particolare riferimento al carattere di presunzione legale dei risultati acquisiti dall'Ufficio, applicando correttamente gli indici di spesa.

La Cassazione civile, sez. tributaria, con l'ordinanza del 29/10/2012 n. 18604 ha confermato, ancora una volta, che la determinazione del reddito effettuata sulla base del redditometro di cui all'art. 38 del D.PR. 29 settembre 1973 n. 600 non richiede all'Amministrazione Finanziaria di provare i fatti posti a fondamento dell'accertamento sintetico.

È a carico del contribuente l'onere di provare che il maggiore reddito accertato non esiste, esiste in misura inferiore o costituisce reddito esente.

In particolare ci si è chiesti se gli indici di capacità contributiva costituissero una presunzione legale relativa ai sensi dell'art. 2728 c.c., idonea ad invertire l'onere della prova, oppure semplicemente una presunzione semplice ai sensi dell'art. 2729 c.c. Nel passato la semplice lettura dell'art. 38 del D.P.R. 29.09.1973, n. 600, non lasciava margini di dubbio per concludere nel senso della natura legale delle presunzioni su cui si fonda lo strumento del redditometro, ma il dibattito giurisprudenziale è sorto, comunque, perché si è voluto dare una interpretazione sistematica dei metodi di accertamento che costituiscono, invece, anche a fronte di un esame superficiale un mondo eterogeneo.

Comunque, la giurisprudenza ha continuato a interrogarsi su questa problematica, In particolare, ci si è chiesti se l'accertamento sintetico attraverso il redditometro stabilisca una presunzione di capacità contributiva "legale", con la conseguenza che il giudice tributario, dopo la verifica dell'esistenza degli indicatori individuati dall'ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo attribuitogli dal legislatore, potendo solo vagliare la prova contraria, eventualmente, fornita dal contribuente, pervenendo alla conclusione che il giudice non può sostituirsi al legislatore nella valutazione degli indici di capacità contributiva.[9]

La sentenza della Corte di Cassazione è confermativa di una sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale aveva statuito che vertendo la controversia su atti fiscali basati sul redditometro il giudice si trovava di fronte a una "presunzione legale" di cui non era stato contestato, in modo adeguato, il fondamento.

Il contribuente aveva ritenuto errata la sentenza per violazione e falsa applicazione dell'articolo 38 del D.P.R. n. 600/1973, sul presupposto che i giudici di secondo grado avevano affermato la natura di "presunzione legale" del redditometro, mentre si tratta, al contrario, di una presunzione semplice.

Il motivo è stato considerato manifestamente infondato dai giudici della Suprema Corte, richiamandosi alla giurisprudenza consolidata, nel senso che "in tema di accertamento dei redditi con metodo sintetico ex art. 38 del d.P.R. n. 600 del 1973, la disponibilità di un alloggio e di un autoveicolo costituisce, ai sensi dell'art. 2 del D.P.R. citato, nella versione "ratione temporis" vigente, una presunzione di capacità contributiva "legale" ai sensi dell'art. 2728 c.c., imponendo la stessa legge di ritenere conseguente al fatto (certo) di tale disponibilità l'esistenza di una capacità contributiva".[10]La Cassazione ha correttamente confermato la natura legale, seppur relativa, della presunzione in questione.

In sintesi, l'articolo 2728 del codice civile stabilisce una presunzione "legale" di capacità contributiva, che può essere utilizzata per determinare il reddito in modo sintetico secondo l'articolo 38 del D.P.R. n. 600/1973, come nel caso attuale. Questo porta alla conclusione che il giudice tributario, dopo aver verificato l'effettività dei particolari "elementi indicatori di capacità contributiva" presentati dall'ufficio, non ha il diritto di privarli del valore presuntivo attribuito dal legislatore alla loro disponibilità. Il giudice può solo valutare le prove fornite dal contribuente riguardo all'origine non reddituale dei fondi necessari per mantenere il possesso di tali beni.[11]

La Corte di Cassazione[12] di recente con la sentenza citata in nota ha di nuovo affrontato la problematica della presunzione legale del redditometro, chiarendo che è la stessa legge a ritenere conseguente al fatto (certo) della disponibilità di alcuni beni «l'esistenza di una "capacità contributiva", sicché il giudice tributario, una volta accertata l'effettività fattuale degli specifici "elementi indicatori di capacità contributiva" esposti dall'Ufficio, non ha il potere di privarli del valore presuntivo connesso dal legislatore alla loro disponibilità, ma può soltanto valutare la prova che il contribuente offra in ordine alla provenienza non reddituale (e, quindi, non imponibile perché già sottoposta ad imposta o perché esente) delle somme necessarie per mantenere il possesso di tali beni».

Abbiamo riportato un'estesa giurisprudenza, a costo di apparire ridondanti, evidenziando che le presunzioni del redditometro sono considerate dalla giurisprudenza prevalente legali. È la stessa legge ad attribuire a un determinato fatto noto il valore di prova rispetto a un altro fatto ignoto. Per esempio, per la normativa fiscale, ogni versamento di denaro in banca, se non trova giustificazione nella dichiarazione dei redditi, si presume un guadagno in nero e quindi va tassato. In questo modo, grazie alla presunzione legale, l'Agenzia delle Entrate è esonerata dall'onere della prova perché è già la legge a ritenere dimostrato un determinato fatto. In generale, infatti, la presunzione legale ha proprio questo effetto: invertire l'onore della prova non più quindi a carico di chi agisce, ma di chi si difende. La lettura dei decreti ministeriali attutivi del cosiddetto redditometro non ha mai lasciato margini significativo di dubbio sul carattere di presunzione legale degli indici di capacità contributiva, ma la situazione è divenuta, a nostro avviso, assolutamente chiara con il Decreto Ministeriale del 7 maggio 2024 per l'impostazione grafica e contenutistica. Gli indici di capacità contributiva sono stati sostanzialmente distinti dal Ministero in due macrocategorie: la prima è costituita da spese risultanti da dati presenti nel Sistema informativo dell'Anagrafe tributaria o comunque nella disponibilità dell'amministrazione finanziaria, mentre la seconda ha contenuto induttivo. Nei confronti della prima non è ammessa prova contraria, che è invece consentita nei confronti della seconda.

La lettura del Decreto Ministeriale non lascia adito a dubbi: la prima categoria ha la natura di presunzione legale assoluta, avverso alla quale non è possibile produrre prova di segno contrario, mentre la seconda avrebbe sempre natura di presunzione legale, ma relativa, perché è ammessa la prova contraria.

In forza di queste conclusioni trova applicazione l'art. 3 della legge 27 luglio 2000 n. 212 che testualmente si riproduce:

"Salvo quanto previsto dall'articolo 1, comma 2, le disposizioni tributarie non hanno effetto retroattivo. Le presunzioni legali non si applicano retroattivamente.

Relativamente ai tributi dovuti, determinati o liquidati periodicamente le modifiche introdotte si applicano solo a partire dal periodo d'imposta successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore delle disposizioni che le prevedono".

Alla luce della disposizione su riprodotta, con particolare riferimento al primo capoverso, è di tutta evidenza che le annualità 2016, 2017, 2018 e 2019 non possono essere, a prescindere dai problemi di decadenza, oggetto di accertamento sintetico, perché questo avrebbe attribuito alla presunzione legale, l'effetto retroattivo espressamente vietato dal citato articolo 3 della L. 212/2000. Del resto, la stessa Agenzia delle Entrate, innanzi alle commissioni tributarie ha sempre difeso i propri accertamenti sintetici sostenendo che si trattava di presunzioni legali, che la esoneravano da ogni onere probatorio.

In conclusione, anche dopo un'eventuale modifica dell'articolo 38 del D.P.R. 600/73 il decreto ministeriale potrà essere legittimamente applicato solo per gli anni successivi al 2025.


[1]Ministero dell'Economia e delle Finanze Dipartimento delle Finanze - Oggetto: Atto di indirizzo -Visto l'articolo 38, commi quarto, quinto, settimo e ottavo, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, relativo all'accertamento sintetico del reddito delle persone fisiche; Visto, in particolare, il quinto comma dell'articolo 38 del citato decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, secondo cui "la determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale, sentiti l'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e le associazioni maggiormente rappresentative dei consumatori per gli aspetti riguardanti la metodica di ricostruzione induttiva del reddito complessivo in base alla capacità di spesa e alla propensione al risparmio dei contribuenti. In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma."; Visto il decreto ministeriale 7 maggio 2024 che individua il contenuto induttivo degli elementi indicativi di capacità contributiva sulla base del quale, ai sensi del citato quinto comma dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, può essere fondata la determinazione sintetica del reddito complessivo delle persone fisiche; Considerata l'opportunità, rilevata anche dal Presidente del Consiglio dei Ministri, come ampiamente riportato da organi di stampa, di modificare il contenuto normativo del predetto quinto comma dell'articolo 38 del DPR n. 600 del 1973 al fine di rendere più esplicita la sottointesa volontà di concentrare il ricorso all'applicazione dell'istituto della determinazione sintetica del reddito fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva ai casi nei quali il contribuente ometta di dichiarare i propri redditi, a fronte del superamento di soglie di spesa da determinare; Ritenuto che le predette modifiche normative possano essere effettuate con uno dei prossimi decreti legislativi attuativi della legge 9 agosto 2023, n. 111; Visto l'articolo 10-septies, comma 3, della legge 27 luglio 2000, n. 212, in tema di atti di indirizzo, anche applicativo, rivolti all'Amministrazione finanziaria da parte del Ministro dell'economia e delle finanze ovvero, quando nominato, del suo Viceministro delegato per l'Amministrazione finanziaria; DISPONE che l'avvio delle attività applicative conseguenti all'emanazione del decreto ministeriale 7 maggio 2024, attuativo del quinto comma dell'articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, è differito all'entrata in vigore dei provvedimenti che dispongono le modifiche normative di cui in premessa.

[2] La sovrimposta comunale sul reddito dei fabbricati è stata introdotta dalla l. 26 aprile 1983, n. 131, e consisteva nella facoltà, concessa ai comuni, di istituire una sovrimposta sul reddito dei fabbricati situati nel proprio territorio per l'anno 1983. Ai comuni era concessa anche la scelta di un'aliquota che poteva variare tra l'8%, il 12%, il 16% ed il 20%. Il gettito del tributo era attribuito al comune in cui si trovava il fabbricato. Soggetti passivi dell'imposta erano le persone fisiche e giuridiche e le altre organizzazioni senza personalità giuridica che avessero avuto il possesso di fabbricati nell'anno 1983 o in una frazione di esso. La sovrimposta si applicava sul reddito dei fabbricati determinato secondo i criteri stabiliti agli effetti dell'Irpef o dell'Irpeg e non era deducibile ai fini dell'imposta sui redditi. Il comune procedeva alla liquidazione, all'accertamento, alla riscossione della sovrimposta ed all'irrogazione delle pene pecuniarie e delle soprattasse.

[3] Guardando gli ultimi dati dell'analisi "Gli immobili in Italia", realizzata ogni due anni dall'Agenzia delle Entrate e dal Mef, emerge che il 75,2 per cento delle famiglie italiane è proprietario della casa dove vive. Una propensione alla proprietà che, però, ha il suo peso anche economico. Il patrimonio abitativo complessivo raggiunge i 6mila miliardi di euro, una cifra sulla quale lo Stato mette le mani, con una sfilza di tasse e gabelle sulla casa

[4] La rettifica deve essere fatta con unico atto, agli effetti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche e dell'imposta locale su redditi, ma con riferimento analitico ai redditi delle varie categorie di cui all'art. 6 del DPR n. 597/1973. L'incompletezza, la falsità e l'inesattezza dei dati indicati nella dichiarazione, salvo quanto stabilito nell'art. 39, possono essere desunte dalla dichiarazione stessa e dai relativi allegati, dal confronto con le dichiarazioni relative ad anni precedenti e dai dati e dalle notizie di cui all'articolo precedente anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti.

Se il reddito complessivo risultante dalla determinazione analitica è inferiore a quello fondatamente attribuibile al contribuente in base ad elementi e a circostanze di fatto certi, l'ufficio determina sinteticamente
il reddito complessivo netto in relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze. A tal fine possono essere stabiliti, con decreto del Ministro per le finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, indici e coefficienti presuntivi di reddito o di maggiore reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva di cui al secondo comma
dell'art. 2.

Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione.

[5] L'ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dell'articolo 39, può, in base ad elementi e circostanze di fatto certi, determinare sinteticamente il reddito complessivo netto del contribuente in
relazione al contenuto induttivo di tali elementi e circostanze quando il reddito complessivo netto accertabile si discosta per almeno un quarto da quello dichiarato. A tal fine, con decreto del Ministro delle finanze, da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono stabilite le modalità in base alle quali l'ufficio può determinare induttivamente il reddito o il maggior reddito in relazione agli elementi indicativi di capacità contributiva di
cui al secondo e terzo comma dell'articolo 2, quando il reddito dichiarato non risulta congruo rispetto ai già menzionati elementi per due o più periodi di imposta. Qualora l'ufficio determini sinteticamente il reddito complessivo netto in relazione alla spesa per incrementi patrimoniali, la stessa si presume sostenuta, salvo prova contraria, con redditi conseguiti, in quote costanti, nell'anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti. Il contribuente ha facoltà di dimostrare, anche prima della notificazione dell'accertamento, che il maggior reddito determinato o determinabile sinteticamente è costituito in tutto o in parte da redditi esenti o da redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta. L'entità di tali redditi e la durata del loro possesso devono risultare da idonea documentazione.

[6] L'ufficio, indipendentemente dalle disposizioni recate dai commi precedenti e dall'articolo 39, può sempre determinare sinteticamente il reddito complessivo del contribuente sulla base delle spese di qualsiasi genere sostenute nel corso del periodo d'imposta, salva la prova che il relativo finanziamento è avvenuto con redditi diversi da quelli posseduti nello stesso periodo d'imposta, o con redditi esenti o soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o, comunque, legalmente esclusi dalla formazione della base imponibile.

La determinazione sintetica può essere altresì fondata sul contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l'analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell'area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell'Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale (1). In tale caso è fatta salva per il contribuente la prova contraria di cui al quarto comma.

La determinazione sintetica del reddito complessivo di cui ai precedenti commi è ammessa a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato.

[7] Per assicurare l'accessibilità e la comprensibilità delle norme fiscali, l'art. 2 ("Chiarezza e trasparenza delle disposizioni tributarie"), dello Statuto dei diritti del contribuente stabilisce, tra l'altro, che l'oggetto delle disposizioni tributarie di leggi ed altri atti aventi forza di legge sia esplicitamente richiamato nel titolo.

Per un'adeguata trasparenza delle norme è previsto che, quando vi siano richiami ad altre norme, sia riportata una sintesi delle disposizioni a cui si fa rinvio.

Eventuali modifiche ai testi di legge devono essere accompagnate da una nuova versione del testo normativo, integrata con le modifiche stesse.

Importanti precisazioni sul principio di chiarezza normativa sono state formulate dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri in due successive circolari (Circolare n. 1/2001 "Guida alla redazione dei testi normativi", e Circolare n. 10888/2011 "Regole o raccomandazioni per la formulazione tecnica dei testi legislativi").

Per garantire la chiarezza e la leggibilità dei testi normativi, l'art. 13 bis della legge n. 400/1988, inserito dall'art. 3, comma 1, della legge 18 giugno 2009, n. 69, ha introdotto alcuni principi generali in materia di potestà normativa del Governo. In particolare, è previsto che ogni norma contenga l'indicazione espressa delle disposizioni sostituite, modificate o abrogate e di quelle richiamate o alle quali si rinvia.

[8] Legge 9 agosto 2023 n. 111

[9] Cassazione, ordinanza n. 26729 del 12 settembre 2022

[10]ordinanza n. 17487/2016 confermativa della sentenza n. 16284/2007

[11]Fiscooggi.it "Dal 'redditometro' presunzione di peso 'legale' e non 'semplice'"

[12] Sentenza n. 16656 depositata il 23 maggio 2022


Foto: 123rf.com
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