- Legge Regione Puglia vaccini anti-Hpv
- Finalità della norma
- Contenuto della norma e intervento del garante Privacy
- Certificato obbligatorio vaccinazione anti-Hpv: considerazioni finali
Legge Regione Puglia vaccini anti-Hpv
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La Regione Puglia, con la Legge Regionale 30 maggio 2024, n. 22, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Puglia n. 45 del 3.6.2024 - ha aggiunto l'art. 4 bis alla Legge Regionale 16 febbraio 2024, n. 1 recante il "Programma di eliminazione del carcinoma del collo dell'utero e delle altre patologie HPV-correlate".
Il nuovo art. 4 bis, rubricato "Programma di vaccinazione anti-papilloma virus umano", prevede che:
"1. Per rendere capillare il dovere di informazione a carico delle autorità sanitarie e scolastiche sull'utilità della vaccinazione anti papilloma virus umano, così da debellare le infezioni e prevenire le relative conseguenze cancerose, nell'esclusivo interesse dei giovani pugliesi a una vita di relazione quanto più libera e affidabile, l'iscrizione ai percorsi d'istruzione previsti nella fascia di età 11-25 anni, compreso quello universitario, è subordinata, salvo formale rifiuto di chi esercita la responsabilità genitoriale oppure, dei soggetti interessati che hanno raggiunto la maggiore età, alla presentazione di documentazione, già in possesso degli interessati, in grado di certificare l'avvenuta vaccinazione anti-HPV, oppure un certificato rilasciato dai centri vaccinali delle Aziende sanitarie locali (ASL) di riferimento, attestante la somministrazione, l'avvio del programma di somministrazione oppure il rifiuto alla somministrazione del vaccino. L'attestazione rilasciata dai centri vaccinali può anche limitarsi, su formale richiesta degli esercenti la responsabilità genitoriale o, ricorrendone i presupposti di legge, dagli stessi interessati, al mero riferimento sull'avvenuto espletamento del colloquio informativo sui benefici della vaccinazione.
2. I dati raccolti nell'applicazione della disposizione di cui al comma 1, rientrano nella gamma dei dati sensibili in materia di salute e per questo sono protetti con le garanzie e le tutele previste dalla legge".
Finalità della norma
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Il legislatore pugliese dichiara espressamente che lo scopo della norma, promulgata in via d'urgenza, è quello di rendere capillare il dovere di informazione a carico delle autorità sanitarie e scolastiche sull'utilità della vaccinazione anti papilloma virus umano".
Tale finalità solleva almeno due ordini di perplessità: la prima attiene al fatto che il legislatore ritenga di primaria importanza solo l'informazione capillare sull'utilità della vaccinazione e non anche, come sarebbe stato preferibile, una capillare informazione sul virus, sulle modalità di trasmissione, sull'evoluzione della malattia, sui rimedi di prevenzione e cura, sui benefici della vaccinazione e sui rischi della stessa.
Per completezza di informazione, vale la pena di riportare quanto pubblicato sul sito EpiCentro-ISS[1], nella parte in cui informa che "l'infezione da Hpv … è molto frequente nella popolazione e si trasmette prevalentemente per via sessuale. La stragrande maggioranza delle infezioni è transitoria e asintomatica. Tuttavia, se l'infezione persiste, può manifestarsi con una varietà di lesioni della pelle e delle mucose, a seconda del tipo di Hpv coinvolto. Alcuni tipi di Hpv sono definiti ad alto rischio oncogeno poiché associati all'insorgenza di neoplasie".
Sul sito di EpiCentro-Iss, si specifica anche che "La maggior parte delle infezioni da Hpv è transitoria, perché il virus viene eliminato dal sistema immunitario prima di sviluppare un effetto patogeno. Il 60-90% delle infezioni da Hpv, incluse quelle da tipi oncogeni, si risolve spontaneamente entro 1-2 anni dal contagio. La persistenza dell'infezione virale è invece la condizione necessaria per l'evoluzione verso il carcinoma. …"Il fumo di sigaretta, l'uso di contraccettivi orali, l'elevato numero di parti, la presenza di altre malattie sessualmente trasmesse sono cofattori nella carcinogenesi cervicale"; concludendo che "Complessivamente l'elevata prevalenza e la breve durata della maggior parte delle infezioni indicano che l'infezione da Hpv è un evento comune, di cui il cervicocarcinoma rappresenta un esito raro".
La seconda perplessità è legata alla circostanza che tale dovere di divulgazione sia attribuito, dal legislatore pugliese, anche all'autorità scolastica e non solo all'autorità sanitaria.
È parere di chi scrive che in capo all'autorità scolastica (salvo le università di materie sanitarie) non possa sussistere alcun dovere, né competenza di divulgazione di notizie in materia vaccinale che è, e rimane, competenza esclusiva dell'autorità sanitaria.
Alle scuole è richiesto un impegno di cooperazione con le istituzioni sanitarie per le attività ritenute importanti dal "Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025"[2]; in esso è espressamente indicato che "La scuola è il luogo dove favorire la "Promozione della salute" come proposta educativa continuativa e integrata lungo tutto il percorso scolastico. A livello territoriale il rapporto tra Sistema Scuola e Sistema Sanitario necessita di una maggiore interazione, mirata a integrare le specifiche competenze e finalità, secondo quanto espresso nel documento "Indirizzi di policy integrate per la scuola che promuove salute" (Accordo Stato-Regioni 17 gennaio 2019)".
Ebbene, nel documento intitolato "Indirizzi di policy integrate per la scuola che promuove salute" (Accordo Stato-Regioni 17 gennaio 2019)[3] la scuola non è mai posta in relazione attiva alle vaccinazioni (peraltro, mai menzionate nel documento), ma è indicata come luogo di "promozione della salute" attraverso la cura dei luoghi in cui si svolge l'attività scolastica, la promozione dell'attività fisica e della giusta alimentazione, la lotta al bullismo, l'insegnamento del rispetto verso l'altro, verso gli animali e verso l'ambiente, l'educazione civica, la lotta al tabagismo ecc.
Dunque, alla scuola è demandata la cultura della salute nel senso più ampio, mentre le notizie mediche in senso stretto, tra cui le vaccinazioni, sono di stretta competenza dell'autorità sanitaria che però, attraverso la scuola, o servendosi di essa, può informare (nel senso più completo e deontologicamente opportuno) sui rischi e sui benefici di ogni scelta.
Contenuto della norma e intervento del garante Privacy
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La Regione Puglia, con il nuovo art. 4 bis della L.R. 1/2024, subordina, salvo formale rifiuto, "l'iscrizione ai percorsi d'istruzione previsti nella fascia di età 11-25 anni, compreso quello universitario" alla presentazione di un certificato rilasciato dal centro vaccinale, attestante "l'avvenuta vaccinazione anti-HPV", oppure "l'avvio del programma di somministrazione", oppure "il rifiuto alla somministrazione del vaccino", oppure ancora - su formale richiesta dell'interessato o dagli esercenti la patria potestà - attestante il "mero riferimento sull'avvenuto espletamento del colloquio informativo sui benefici della vaccinazione".
Anche qui non si può non constatare che il legislatore pugliese richieda solo il colloquio informativo sui benefici della vaccinazione e non anche un'informazione completa che comprenda anche i rischi connessi alla stessa.
La norma ha destato l'interesse del Garante per la Privacy, il quale ha inviato una richiesta di informazioni alla Regione Puglia[4].
Il Garante per la Privacy, in particolare, "ricorda che il Regolamento europeo sancisce un generale divieto di trattamento dei dati sulla salute, a meno che non ricorrano specifiche esenzioni.
L'Autorità precisa inoltre che, sulla base della normativa di settore, la certificazione che attesta l'avvenuta vaccinazione può essere richiesta dal personale scolastico esclusivamente nei casi di vaccinazioni obbligatorie".
Infatti, l'art. 9, paragrafo 1, del Regolamento UE 2016/679 (aggiornato alle rettifiche pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale dell'Unione europea 127 del 23 maggio 2018) stabilisce che "È vietato trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale, nonché trattare dati genetici, dati biometrici intesi a identificare in modo univoco una persona fisica, dati relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona".
Il motivo di tale divieto è ben spiegato nel Considerando n. 51 del medesimo Regolamento UE, il quale specifica che "Meritano una specifica protezione i dati personali che, per loro natura, sono particolarmente sensibili sotto il profilo dei diritti e delle libertà fondamentali, dal momento che il contesto del loro trattamento potrebbe creare rischi significativi per i diritti e le libertà fondamentali".
Ovviamente il legislatore europeo ha individuato dei casi in cui tale divieto non si applica e tali casi sono tassativamente indicati nel successivo paragrafo 2 dell'art. 9 del Regolamento, tra essi spicca quello indicato nella lettera g) secondo cui "il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato".
I superiori principi normativi sovranazionali hanno trovato radicamento nell'art. 2-sexies del D. Lgs. 196/2003 e ss.mm. (Codice in materia di protezione dei dati personali), che - rubricato "Trattamento di categorie particolari di dati personali necessario per motivi di interesse pubblico rilevante" - stabilisce che "I trattamenti delle categorie particolari di dati personali di cui all'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento, necessari per motivi di interesse pubblico rilevante ai sensi del paragrafo 2, lettera g), del medesimo articolo, sono ammessi qualora siano previsti dal diritto dell'Unione europea ovvero, nell'ordinamento interno, da disposizioni di legge o di regolamento o da atti amministrativi generali che specifichino i tipi di dati che possono essere trattati, le operazioni eseguibili e il motivo di interesse pubblico rilevante, nonchè le misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato".
Alla luce della superiore disamina normativa, si può concludere che il trattamento dei dati sanitari per le scuole è sostanzialmente vietato salvo specifici casi ammessi dalla legge; tra questi casi rientra la possibilità delle autorità scolastiche di richiedere la certificazione dell'avvenuta somministrazione dei vaccini obbligatori previsti dal decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, convertito con modificazioni dalla legge 31 luglio 2017, n. 119 recante "Disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale, di malattie infettive e di controversie relative alla somministrazione di farmaci".
Poiché la disciplina degli obblighi vaccinali è da assegnare alla competenza legislativa statale in quanto appartenente alla determinazione dei principi fondamentali della materia di tutela della salute (Corte Cost., sentenza n. 5 del 2018 e Corte Cost., sentenza n. 137/2019), ne deve conseguire che giammai una legge regionale potrà imporre la richiesta da parte delle autorità scolastiche di certificati vaccinali diversi da quelli previsti dalla legge statale, né potrà ampliare la schiera dei soggetti a cui richiedere le suddette certificazioni. Ricordiamo, infatti, che il DL 73/2017 coinvolge i ragazzi da 0 a 16 anni e impedisce l'accesso dei bambini privi di certificato vaccinale o di esenzione solo nelle scuole dell'infanzia e mai nelle scuole dell'obbligo. Invece, la legge regionale colpisce i ragazzi dagli 11 ai 25 anni, con una insolita condizione per l'iscrizione ai percorsi universitari.
Certificato obbligatorio vaccinazione anti-Hpv: considerazioni finali
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In conclusione si ritengono doverose tre ulteriori constatazioni, che sebbene non vertano in tema privacy, sembrano meritevoli di ulteriori approfondimenti:
la prima attiene al fatto che la Regione Puglia, nella norma in commento, subordina l'iscrizione ai percorsi d'istruzione previsti nella fascia di età 11-25 anni, compreso quello universitario, alla presentazione della certificazione "salvo formale rifiuto di chi esercita la responsabilità genitoriale oppure, dei soggetti interessati che hanno raggiunto la maggiore età".
Sembrerebbe, dunque, bastevole dichiarare di non voler consegnare alcuna certificazione per superare il problema dell'iscrizione, ma questo pone un cortocircuito nella ratio della norma.
La seconda constatazione afferisce al fatto che la legge regionale non prevede la possibilità di esibizione di una certificazione di esenzione dalla vaccinazione anti-HPV: tale mancanza è grave perché la specifica situazione non potrà essere assorbita dalla certificazione attestante il rifiuto alla vaccinazione, che è cosa concettualmente assai diversa, sia in senso sanitario che giuridico, anche per i risvolti discriminatori che ne potrebbero scaturire.
L'ultima considerazione attiene alla scelta del legislatore regionale pugliese di porre una accelerazione forzata e forzosa sulla vaccinazione non obbligatoria anti-HPV, di fatto assumendosi la responsabilità di una campagna vaccinale massiva. Tale scelta, però, confligge con la circostanza che proprio la Regione Puglia è stata tra le regioni virtuose per si sono rese protagoniste di un progetto regionale di farmacovigilanza attiva con riguardo alla vaccinazione quadrivalente anti-MPRV (morbillo - parotite - rosolia - varicella), eseguito nel periodo 15.5.2017 - 15.5.2018.
Il Rapporto pubblicato dalla Regione Puglia in collaborazione con l'Università degli Studi di Bari Aldo Moro, quale esito del progetto di farmacovigilanza attiva, ha attestato che le segnalazioni di reazioni avverse gravi correlabili al vaccino per morbillo-parotite-rosolia-varicella (anti-MPRV) hanno superato di 339 volte le segnalazioni ricevute spontaneamente con la Farmacovigilanza passiva (AIFA) e, sempre in questo studio, si dimostra come il problema di under-reporting (sottostima dei dati) pesi soprattutto sulle reazioni avverse gravi.
Alla luce di questa esperienza scientifica rilevante e dalla constatazione diretta che la sicurezza dei vaccini non è quella che emerge dalla farmacovigilanza passiva, ma solo quella che emerge dalla farmacovigilanza attiva, ci si sarebbe aspettato dalla Regione Puglia una maggiore attenzione o cautela verso i propri giovani.
* a cura dell'Avv. Federica Fantauzzo - Avvocati Liberi, Coordinatore Dipartimento minori
[1] https://www.epicentro.iss.it/hpv/
[2] https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_5029_0_file.pdf
[3] https://www.salute.gov.it/imgs/C_17_notizie_3607_listaFile_itemName_0_file.pdf
[4] https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/10019724
• Foto: Foto di Alexandra_Koch da Pixabay.com