A prescindere dal danno, chiarisce il CNF integra un illecito deontologico la mancata o tardiva restituzione dei documenti al cliente

"Sussiste violazione dell'art. 33 c.d.f. (secondo cui l'avvocato è tenuto a restituire senza ritardo alla parte assistita la documentazione ricevuta per l'espletamento del mandato ogni qualvolta il cliente ne faccia richiesta), anche allorché il professionista abbia provveduto a riconsegnare la documentazione soltanto con colpevole ritardo, a nulla rilevando il fatto che il comportamento stesso non abbia di fatto danneggiato il cliente, non incorso in decadenze o preclusioni di sorta". E' quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 92/2024, pubblicata il 16 giugno sul sito del Codice deontologico, rigettando il ricorso di un avvocato avverso la decisione del CDD che aveva disposto nei suoi confronti il richiamo verbale.

Nella vicenda, il legale, veniva tratto a giudizio disciplinare innanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Bologna per violazione degli artt. 12 e 33 comma 1 CDF "per essere venuto meno al dovere di diligenza nello svolgimento della professione di avvocato ed in particolare per aver restituito i documenti di causa ricevuti dal cliente con grave ritardo, dopo oltre tre mesi dalla prima richiesta e solo dopo essere venuto a conoscenza dell'esposto da questi presentato".

L'avvocato adiva il CNF ma il Consiglio ritiene il ricorso infondato, riportandosi alla costante giurisprudenza secondo cui la mancata o tardiva restituzione della documentazione al cliente integra illecito deontologico, a prescindere dall'eventuale danno causato. Non rileva neanche, a tal fine, ricorda il CNF, la rinuncia all'esposto da parte del segnalante, poiché "L'azione disciplinare non rientra nella disponibilità delle parti, sicché la rinuncia all'esposto ovvero la remissione della querela per i fatti oggetto di procedimento disciplinare, così come l'eventuale dichiarazione degli interessati di essere pervenuti ad una risoluzione bonaria della controversia non implica l'estinzione del procedimento, giacché l'azione disciplinare è officiosa e non negoziabile, in quanto volta a tutelare l'immagine della categoria, che non è l'oggetto di un diritto disponibile ma è il bene protetto" (cfr. CNF n. 127/2023). Tali eventi, rammenta infine il Consiglio, possono assumere semmai rilevanza ai fini della dosimetria della sanzione. E nel caso di specie, la "lievità della sanzione comminata dimostra che l'organo disciplinare abbia debitamente considerato le circostanze attenuanti allegate tanto in sede di prime cure che con il ricorso". Per cui il ricorso è rigettato.

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