"Costituisce gravissima violazione dei principi di probità, dignità, decoro e lealtà (art. 9 cdf), ai quali la professione deve sempre ispirarsi, oltre che dello specifico divieto di accaparramento di clientela (art. 37 cdf), il comportamento dell'avvocato che, senza esserne richiesto, pubblichi informazioni sulla propria attività professionale in calce ad una pagina web su un evento tragico, così ponendo in essere una forma di pubblicità promozionale suggestiva, in quanto volta ad acquisire incarichi da parte di persone coinvolte in un contesto di particolare emergenza, così svilendo la reputazione non solo propria ma della professione forense, tanto da suscitare pubblico biasimo ed indignazione". Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 109/2024 (sotto allegata) pubblicata sul sito del Codice deontologico il 2 luglio scorso.
Nella vicenda, in una pagina Facebook che riportava la notizia di un sinistro stradale mortale, l'incolpato postava un messaggio recante il logo del proprio studio legale e la scritta "A chiunque potesse avere bisogno … presente!". Veniva quindi tratto a procedimento disciplinare dal Consiglio Distrettuale di Disciplina di Torino, all'esito del quale gli veniva irrogata la sanzione disciplinare di nove mesi di sospensione dall'esercizio dell'attività professionale.
L'avvocato adiva quindi il CNF, per il quale però il CDD ha correttamente ritenuto la responsabilità deontologica dell'incolpato e congrua la sanzione disciplinare inflitta, rimodulata in 8 mesi a seguito della prescrizione dell'azione disciplinare in relazione al primo procedimento.
Scarica pdf CNF n. 109/2024• Foto: 123rf.com