Il CNF chiarisce che il comportamento processuale dell'incolpato che ammetta la propria responsabilità può mitigare la sanzione disciplinare

"L'ammissione della propria responsabilità disciplinare da parte del professionista incolpato in sede di procedimento dinanzi al Consiglio territoriale non può non essere valorizzata nell'ambito del complessivo giudizio relativo alla personalità dell'incolpato ai fini della determinazione della giusta sanzione, attestando la consapevolezza della contrarietà della condotta contestata alle regole del corretto agire professionale e di conseguente sanzionabilità dello stessa, nella prospettiva di non ripetere siffatti comportamenti". E' quanto ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 123/2024 (sotto allegata), pubblicata l'8 luglio sul sito del Codice deontologico.

Nel caso di specie, l'avvocato proponeva ricorso avverso la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina di Brescia che gli aveva comminato la sanzione disciplinare della censura per il mancato assolvimento dell'obbligo formativo.


Il CNF ricorda innanzitutto che "l'obbligo degli avvocati di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale viene disciplinato dalla legge n. 247/2012, che all' art. 11 lo qualifica come finalizzato ad «assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al migliore esercizio della professione nell'interesse dei clienti e dell'amministrazione della giustizia»". Inoltre, il Regolamento CNF 16 luglio 2014, n. 6 (Regolamento per la formazione continua) nell'art. 12 comma 1 ha previsto - ai fini del rispetto dell'obbligo formativo sancito dall'art. 11 L.247/2012 - "la partecipazione effettiva e documentata alle attività di aggiornamento e formazione, prevedendo un periodo di valutazione dell'obbligo di durata triennale e che «L'iscritto deve conseguire, nell'arco del triennio formativo, almeno n. 60 Crediti Formativi, di cui n. 9 Crediti Formativi nelle materie obbligatorie di ordinamento e previdenza forensi e deontologia ed etica professionale»". Anche il Codice Deontologico Forense all'art. 15 dispone che "L'Avvocato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente" e prevede nell'art. 70, comma 6, "la sanzione edittale dell'avvertimento nei confronti dell'Avvocato che non abbia rispettato i regolamenti del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell'Ordine di appartenenza concernenti gli obblighi e i programmi formativi".


Pronunciandosi in merito alla sanzione, il Consiglio afferma che "al fine di valutare comunque la corretta dosimetria della sanzione disciplinare applicata, in considerazione della gravità e della natura del comportamento deontologicamente non corretto che si appalesa dalla complessiva valutazione della fattispecie concreta (cfr. Cass. SS.UU. 13791/12), si rileva che appare particolarmente intenso il grado della colpa, come si appalesa dal comportamento - precedente e successivo al fatto - dell'incolpato, il quale non ammette la propria responsabilità, ritenendo piuttosto di non essere affatto tenuto all'assolvimento dell'obbligo formativo, laddove invece l'ammissione di responsabilità avrebbe potuto mitigare la sanzione disciplinare".


Per cui, ritenendo congrua la sanzione della censura comminata dal CDD di Brescia, il CNF rigetta il ricorso.

Scarica pdf CNF n. 123/2024

Foto: 123rf.com
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