"Ansia e sintomi depressivi non escludono, di per sé soli, la responsabilità derivante da illecito disciplinare, giacché per l'imputabilità dell'infrazione è sufficiente la volontarietà con la quale è stato compiuto l'atto deontologicamente scorretto". Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 118/2024, pubblicata sul sito del Codice deontologico il 4 luglio scorso (sotto allegata), riportandosi all'orientamento uniforme della giurisprudenza domestica (cfr., tra le altre, CNF n. 138/2018, n. 252/2016).
Nella vicenda, a ricorrere al CNF è un avvocato sanzionato dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense di Brescia con la sospensione dall'attività professionale per quattro mesi.
"A nulla - rileva, ha aggiunto inoltre il CNF - la buona fede dell'incolpato ovvero le sue condizioni psico-fisiche, elementi dei quali si può eventualmente tener conto solo nella determinazione concreta della sanzione".
Considerate le plurime violazioni di cui è stata accertata la responsabilità, il CNF ritiene, tuttavia, anche la "sanzione assolutamente adeguata in relazione alle condotte dell'incolpato, tanto più se si considera che tale sanzione sarebbe già stata ampiamente giustificata anche dalla sola violazione dell'art. 64 CDF".
Da qui il rigetto in toto del ricorso.
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