Per il CNF, l'intensa attività lavorativa non scrimina l'inadempimento al dovere di formazione e aggiornamento professionale

"L'obbligo di formazione continua sussiste per il solo fatto dell'iscrizione nell'albo e non subisce deroga né attenuazioni nel caso di impegni professionali ritenuti tanto assorbenti da precludere -in thesi- la stessa possibilità materiale di acquisire i "crediti formativi" richiesti giacché, diversamente ragionando, detto obbligo finirebbe per dover essere adempiuto con le modalità regolamentari previste solo dall'iscritto all'albo che svolga la propria attività in modo marginale, episodico e discontinuo". Lo ha stabilito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 121/2024 (sotto allegata), pubblicata il 7 luglio sul sito del Codice deontologico.

Il CNF è stato chiamato ad esprimersi sul ricorso di un'avvocatessa sanzionata dal CDD di Milano con la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense per mesi due "per essere venuta meno ai doveri di cui agli artt. 15 e 70 comma 6 del Codice Deontologico Forense, per non aver adempiuto compiutamente all'obbligo formativo per il triennio 2014/2016 non avendo conseguito alcun credito formativo né nelle materie facoltative né in quelle obbligatorie".

Il Consiglio ricorda preliminarmente che "l'obbligo degli Avvocati di curare il continuo e costante aggiornamento della propria competenza professionale viene disciplinato dalla legge n. 247/2012, che all' art. 11 lo qualifica come finalizzato ad «assicurare la qualità delle prestazioni professionali e di contribuire al 2 migliore esercizio della professione nell'interesse dei clienti e dell'amministrazione della giustizia»". A ciò si aggiungono il Regolamento CNF 16 luglio 2014, n. 6 (Regolamento per la formazione continua) che nell'art. 12 comma 1 ha previsto - ai fini del rispetto dell'obbligo formativo sancito dall'art. 11 L.247/2012 - la partecipazione effettiva e documentata alle attività di aggiornamento e formazione, prevedendo un periodo di valutazione dell'obbligo di durata triennale, nonché la previsione di cui all'art. 15 del Codice Deontologico Forense, il quale dispone che "L'Avvocato deve curare costantemente la preparazione professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e a quelli di attività prevalente"

La giurisprudenza domestica, afferma ancora il CNF, "è univoca nel ritenere che l'intensa attività lavorativa non scrimina l'inadempimento al dovere di formazione e aggiornamento professionale" (CNF, sentenza del 1° dicembre 2017, n. 204) e la violazione dell'obbligo formativo è scriminata - solo - dallo stato di necessità".

Nella fattispecie in esame, tuttavia, è oggetto di impugnazione unicamente l'entità della sanzione disciplinare applicata, posto che la ricorrente chiede la riforma della decisione impugnata con irrogazione della sanzione più lieve dell'avvertimento, come prevista dall'art. 70 commi 6 e 7 del vigente Codice Deontologico Forense, ovvero, in subordine, quella della censura.

Atteso che la violazione del dovere di formazione, contemplata dall' art. 70, comma 6 CDF prevede quale sanzione espressa, in via edittale, l'avvertimento e che nella specie sussistevano circostanze attenuanti, sentenzia il CNF, "appare sproporzionata la sanzione disciplinare della sospensione dall'esercizio della professione forense per mesi due irrogata dal CDD di Milano, con decisione meritevole di riforma in quanto erroneamente è stata ritenuta aggravante una circostanza (il non aver partecipato al procedimento disciplinare), che di per sé - secondo indirizzo giurisprudenziale unanime - ha invece valore attenuante".

Da qui l'accoglimento del ricorso e la sostituzione della sanzione della sospensione con quella dell'avvertimento.

Scarica pdf CNF n. 121/2024

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