Gli Ermellini annullano con rinvio la sentenza di condanna all'ergastolo per il femminicidio di Lorena Quaranta sul diniego delle attenuanti generiche

Omicidio durante il lockdown

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La Corte di cassazione, con la recentissima sentenza n. 27115 depositata il 9 luglio 2024 (sotto allegata), ha affrontato il tema delle circostanze attenuanti generiche in relazione a un caso di omicidio commesso durante il periodo di lockdown per la pandemia di Covid-19. Il caso, che ha avuto un grande clamore mediatico, è quello della giovane Lorena Quaranta uccisa dal proprio compagno nel 2020.

In particolare, secondo la Corte, il giudice di merito, nel valutare la rilevanza dello stato emotivo dell'imputato ai fini della concessione del beneficio, deve considerare non solo la condizione psicologica in sé, ma anche le cause che l'hanno determinata e le concrete possibilità per il soggetto di contrastarla efficacemente, tenendo conto del contesto complessivo in cui si è verificato il fatto.

La vicenda sottesa e la questione giuridica

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La fattispecie concreta riguarda il caso del compagno che, nel marzo 2020, durante il lockdown per la pandemia di Covid-19, ha ucciso la giovane nell'appartamento in cui convivevano.

L'imputato, in preda ad uno stato di forte angoscia, inquietudine ed agitazione legato alla situazione pandemica, dopo aver tentato di allontanarsi da casa ed essere stato convinto a tornare dai familiari, ha aggredito mortalmente la fidanzata al culmine di una lite. Subito dopo ha tentato il suicidio, senza riuscirci.

Condannato in primo e secondo grado all'ergastolo per omicidio volontario (aggravato dalla commissione del fatto contro persona a lui legata da stabile relazione affettiva e con lui convivente), l'uomo ha presentato ricorso in Cassazione contestando, inter alia, il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche.

Contesto normativo e giurisprudenziale

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La sentenza si inserisce nel quadro normativo relativo alle circostanze attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.) e agli stati emotivi e passionali (art. 90 c.p.).

In particolare, la giurisprudenza ha chiarito che:

  • le attenuanti generiche non sono un diritto automatico, ma richiedono elementi positivi dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle stesse (Cass. pen. Sez. 3, n. 24128/2021);
  • per concedere o negare le attenuanti generiche il giudice può limitarsi a valutare anche un solo elemento ritenuto prevalente (Cass. pen. Sez. 2, n. 23903/2020);
  • gli stati emotivi, di per sé, non escludono né diminuiscono l'imputabilità ex art. 90 c.p., ma in casi particolari possono rilevare ai fini delle attenuanti generiche (Cass. pen. Sez. 1, n. 7272/2014).

Il punto della Cassazione

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La Suprema Corte ha annullato con rinvio la sentenza impugnata limitatamente al diniego delle attenuanti generiche, rilevando vizi logici nella motivazione, confermando, per il resto, il rigetto del vizio di mente, ritenendo logiche e ben motivate le conclusioni dei giudici di merito basate sulla perizia psichiatrica che aveva escluso la diagnosi di "disturbo psicotico breve" formulata dalla consulente di parte. Patologia psichiatrica, questa, "suscettibile di influire, scemandola o escludendola, sulla capacità di intendere e di volere".

In particolare, la Cassazione in merito al diniego delle attenuanti generiche ha censurato:

  • la mancata considerazione del contesto pandemico come fonte del disagio psicologico dell'imputato;
  • la valutazione illogica del tentativo di allontanamento dell'uomo come inadeguato a fronteggiare lo stato di angoscia;
  • l'aver omesso di considerare adeguatamente l'incidenza della situazione emergenziale sulla possibilità di attivare presidi psicologici e sanitari;
  • l'aver sottovalutato il nesso tra lo stato emotivo e la condotta omicidiaria;

La Corte ha quindi disposto un nuovo esame sul punto da parte dei giudici di merito, che dovranno valutare se e in che misura la peculiare condizione psicologica dell'imputato, legata all'emergenza pandemica, possa giustificare un contenimento della pena.

La Cassazione ha, nel caso di specie, così concluso: "appare in conclusione, la fragilità, sul piano logico, di una motivazione che, in punto di trattamento sanzionatorio, non tiene conto dell'incidenza sulla condotta - più che degli stati emotivi, in sé considerati - della causa che ha provocato la condizione di agitazione e, inoltre, ha ostacolato la pronta attivazione di quei presidi, di ordine psicologico, affettivo, relazionale, sanitario, diretti a mitigare gli effetti ed a prevenire l'escalation".

Implicazioni pratiche e conclusioni

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La sentenza apre la strada ad una possibile rilevanza dello "stress da pandemia" ai fini del trattamento sanzionatorio, pur senza incidere sull'imputabilità.

I giudici di merito dovranno ora valutare con particolare attenzione:

  • l'effettiva incidenza del contesto emergenziale sullo stato psicologico del reo;
  • le concrete possibilità di gestire il disagio emotivo durante il lockdown;
  • il nesso tra la condizione di angoscia e la condotta criminosa;
  • il bilanciamento tra questi elementi e la gravità del reato commesso;

In conclusione, la pronuncia della Cassazione, pur confermando la responsabilità dell'imputato, apre uno spiraglio per un trattamento sanzionatorio più mite in considerazione del peculiare contesto pandemico, richiedendo una motivazione rafforzata nel negare le attenuanti generiche in casi di forte stress emotivo.

Si tratta di una sentenza che potrebbe fare giurisprudenza per casi analoghi legati all'emergenza Covid-19, imponendo una valutazione più approfondita dell'incidenza dello "stress da pandemia" sulla commissione di gravi reati e, dunque, del contesto in cui matura il reato, offrendo importanti indicazioni su come valutare l'impatto di situazioni emergenziali sulla responsabilità penale.

Resta da vedere come i giudici di rinvio bilanceranno questi elementi con l'indiscutibile estrema gravità dell'omicidio commesso.


Avv. Francesco Pace

Studio Legale Cataldi sede di Roma

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Scarica pdf Cass. n. 27115/2024

Foto: 123rf.com
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