"Un problema di salute o personale può aver rilievo solo nell'ottica di mitigare il trattamento sanzionatorio e non già per scriminare l'eventuale illecito che sia stato posto in essere, men che meno allorché gli illeciti siano numerosi e gravi, ovvero seriali, sistematici e ripetuti secondo un modulo comportamentale (nella specie, connotato dal raggiro e dal falso astutamente propinato) che arreca un danno enorme al prestigio ed all'immagine dell'intera classe forense. Peraltro, nel caso di problemi di salute o di natura personale che risultassero talmente gravi da costituire enormi difficoltà nell'esercizio della professione e nell'adempimento di tutti gli obblighi e doveri che da essa discendono, l'avvocato dovrebbe dismettere i mandati, addirittura autosospendersi in casi limite, anziché continuare ad esercitare come se nulla fosse e ad accettare - e magari incoraggiare - incarichi professionali che non potrà assolvere". E' il principio affermato dal Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 127/2024 (sotto allegata), pubblicata il 15 luglio scorso sul sito del Codice deontologico.
Inoltre ha aggiunto il CNF, nel decidere sulla vicenda sottoposta alla sua attenzione, l'avvocato ha degli "oneri additivi" rispetto ai comuni cittadini che derivano dalla funzione sociale dallo stesso rivestita. Tra questi, "c'è anche quello che impone all'incolpato di dimostrare in positivo di non avere tradito l'affidamento della comunità".
Scarica pdf CNF n. 127/2024• Foto: 123rf.com