- La vicenda sottesa e la questione giuridica
- Contesto normativo e giurisprudenziale
- Il punto della Cassazione
- Implicazioni pratiche e conclusioni
La vicenda sottesa e la questione giuridica
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La Corte di Cassazione, con la recentissima sentenza n. 20877 depositata il 26 luglio 2024 (sotto allegata), rigettando il ricorso contro la censura inflitta all'avvocato per violazione dei doveri professionali, ha ribadito l'importanza, fra gli altri, del rispetto dell'art. 26, comma 3 del codice deontologico forense per cui "costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita".
La sentenza in esame riguarda il caso di un avvocato sanzionato con la censura dal Consiglio distrettuale di disciplina di Brescia per aver violato gli artt. 9 comma 1, 10, 12 e 26 comma 3 del Codice Deontologico Forense.
In particolare, gli è stato contestato di non aver adempiuto con diligenza al mandato ricevuto, non partecipando a due udienze in un procedimento penale in cui era difensore di fiducia, nonostante fosse stato, per entrambe, regolarmente avvisato.
Il professionista ha impugnato la decisione davanti al Consiglio Nazionale Forense, che ha confermato la sanzione.
Ha, quindi, successivamente, presentato ricorso in Cassazione chiedendo l'annullamento della sanzione o la sua riduzione ad avvertimento anche per la mancanza di "conseguenze pregiudizievoli per l'assistito".
La Corte di cassazione ha respinto il ricorso, confermando la legittimità della sanzione della censura.
Contesto normativo e giurisprudenziale
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La vicenda si inquadra nel contesto della responsabilità disciplinare degli avvocati, regolata dalla legge professionale (L. 247/2012) e dal Codice Deontologico Forense.
In particolare, vengono in rilievo gli articoli 9 (dovere di probità e dignità), 10 (dovere di fedeltà), 12 (dovere di diligenza) e 26 (adempimento del mandato) del CDF.
La giurisprudenza della Cassazione ha più volte affermato l'importanza di questi principi deontologici e la necessità di sanzionare adeguatamente le violazioni gravi, per cui la violazione dei doveri deontologici è configurabile anche in caso di colpa lieve (Cass. SU 13456/2017).
Il punto della Cassazione
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Le Sezioni Unite hanno respinto il ricorso, confermando la legittimità della sanzione della censura, sulla base dei seguenti principi:
- la violazione dei doveri professionali può sussistere anche in assenza di conseguenze pregiudizievoli per il cliente;
- l'errore inevitabile non è configurabile per un professionista legale tenuto a conoscere il sistema delle fonti;
- la valutazione della gravità della condotta spetta agli organi disciplinari e non è sindacabile in Cassazione se adeguatamente motivata;
- il codice deontologico forense, pur non avendo carattere normativo, rileva in sede giurisdizionale quando si colleghi "all'incompetenza, all'eccesso di potere o alla violazione di legge".
La Cassazione, nel caso di specie, si è così espressa: "l'incolpato è venuto meno al primo e paradigmatico dovere del difensore dell'imputato, costituito dall'assistenza e difesa in ogni fase del procedimento. Ciò che costituisca grave trascuratezza costituisce apprezzamento deontologico proprio del giudizio disciplinare, non sindacabile in questa sede. L'assunto che il precetto disciplinare non sia violato ove non vengano in emersione conseguenze pregiudizievoli per il cliente risulta palesemente estranea al contenuto del precetto stesso e, oltre che ai principi di decoro e dignità della professione".
Implicazioni pratiche e conclusioni
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La sentenza ribadisce l'importanza del rispetto dei doveri deontologici da parte degli avvocati, in particolare nell'adempimento del mandato difensivo.
Gli ordini professionali sono legittimati a sanzionare con fermezza e rigore le condotte gravemente negligenti, anche in assenza di un danno concreto per il cliente. Ciò impone particolare attenzione nell'adempimento diligente di tutti gli atti inerenti al mandato.
La decisione delle Sezioni Unite si pone in linea di continuità con l'orientamento severo della giurisprudenza precedente, volto a tutelare il decoro e la dignità della professione.
Essa sottolinea come la funzione dell'avvocato, essenziale per l'amministrazione della giustizia, richieda il massimo rispetto dei doveri professionali ed un elevato standard di diligenza, la cui violazione non può essere considerata lieve quando incide sul diritto di difesa dell'assistito ed anche in assenza di effettivi pregiudizi in capo a quest'ultimo.
Avv. Francesco Pace
Studio Legale Cataldi sede di Roma
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Scarica pdf Cass. n. 20877/2024• Foto: 123rf.com