Nello stalking, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, il cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di queste condotte le quali possono essere anche in parte casuali. E' quanto ha chiarito la seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 32376/2024 (sotto allegata).
Nella vicenda, la Corte di Appello di Catania confermava la pronuncia di condanna di primo grado per il delitto di cui all'art. 612-bis cod.pen. commesso da un uomo in danno dell'ex convivente.
L'imputato proponeva ricorso per cassazione, denunciando erronea interpretazione della legge penale con riferimento alla ritenuta sussistenza dell'elemento soggettivo previsto dall'art. 612-bis cod. pen., lamentando che la sentenza impugnata avrebbe ritenuto integrato il dolo assumendo, erroneamente, che non sarebbe stato a tal fine indispensabile che il soggetto agente voglia cagionare turbamento nella persona che subisce la sua condotta, né che le minacce non abbiano avuto seguito.
Per la S.C., però, il motivo è manifestamente infondato.
La decisione impugnata, "nel ritenere prive di rilievo le circostanze che il ricorrente non si sarebbe reso conto del tenore gravemente minaccioso dei propri messaggi (asserzione che, peraltro, correttamente la pronuncia ha sottolineato essere rimasta indimostrata) e che non avrebbe poi dato corso alle stesse ponendo in essere atti di violenza nei confronti del'ex convivente, ha fatto corretta applicazione del principio, più volte affermato nella giurisprudenza di legittimità, in virtù del quale nel delitto di atti persecutori l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, li cui contenuto richiede la volontà di porre in essere più condotte di minaccia e molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice e dell'abitualità del proprio agire, ma non postula la preordinazione di tali condotte - elemento non previsto sul fronte della tipicità normativa - potendo queste ultime, invece, essere in tutto o in parte anche meramente casuali e realizzate qualora se ne presenti l'occasione (v. Sez. 1, n. 28682 del 25/09/2020; Sez. 5, n. 43085 del 24/09/2015)".
Per cui, il ricorso è inammissibile.
Scarica pdf Cass. n. 32376/2024• Foto: 123rf.com