"La contravvenzione al foglio di via obbligatorio, di cui all'art. 2, legge 27 dicembre 1956 n. 1423, può realizzarsi sia non ottemperando all'ordine di rimpatrio - e in tal caso ha natura id reato omissivo istantaneo che si consuma con la scadenza del termine entro il quale il soggetto avrebbe dovuto raggiungere il luogo di destinazione - sia facendo ritorno non autorizzato nel comune da cui sia stato disposto l'allontanamento. In tale ipotesi la condotta ha natura di reato permanente, perdurando lo stato antigiuridico per tutto li tempo del soggiorno nel luogo vietato (Sez. 1, n. 1366 del 2/10/1997)". Lo ha chiarito la prima sezione penale della Cassazione con sentenza n. 32385/2024 (sotto allegata) esprimendosi sul ricorso di un imputato condannato per aver violato il foglio di via obbligatorio emesso dal questore di Bologna.
La Cassazione gli dà ragione e ritiene il ricorso fondato soltanto quanto alle doglianze relative al profilo dell'unicità del reato.
Nel caso di specie, invero, è stata contestata all'uomo condotta dell'avere fatto ritorno nel comune ed è evidente, sottolineano i giudici, che, "per poter configurare la seconda violazione, è necessario ipotizzare che, dopo la prima condotta di inosservanza, avesse fatto effettivamente rientro nel comune di residenza, per poi allontanarsene in occasione della nuova trasgressione del divieto. Tuttavia, di tale condotta presupposta i provvedimenti di merito non rendono conto, quanto alla prova fornita dalla Pubblica accusa, in capo alla quale incombe la dimostrazione di tutti gli elementi della fattispecie incriminatrice, ivi compresi i relativi presupposti".
Ne consegue, pertanto, che la sentenza impugnata deve essere, sul punto, annullata senza rinvio perché il fatto non sussiste.
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