Procedimento disciplinare e rinvio dell'udienza per legittimo impedimento: il diritto di partecipare dignitosamente all'udienza va bilanciato con il principio di ragionevole durata del processo. E' quanto si ricava dalla sentenza n. 133/2024 del Consiglio Nazionale Forense (pubblicata l'1 settembre sul sito del Codice deontologico).
Nella vicenda, è un legale a rivolgersi al CNF avverso la decisione con cui era stata dichiarata la sua responsabilità disciplinare, per ritenuta violazione di cui all'art. 63 c. 1 CDF e inflitta la sanzione dell'avvertimento.
Tra le doglianze dell'avvocato, il mancato accoglimento della propria istanza di rinvio per legittimo impedimento, motivata dalla gravidanza della moglie.
Sul punto, rileva il CNF, al fine di rigettare la doglianza, è sufficiente rinviare all'univoco indirizzo ermeneutico della Suprema Corte di Cassazione, in virtù della quale "L'assenza del professionista all'udienza disciplinare comporta il necessario rinvio dell'udienza stessa solo qualora sia comprovata l'assoluta impossibilità a comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, specifico e documentato" (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 7073 del 3 marzo 2022).
La gravidanza della moglie dell'incolpato non può essere inquadrata in nessuna di tali evenienze.
E' utile richiamare, prosegue il Consiglio, la Corte di Cassazione, SS.UU, sentenza n. 20384 del 16 luglio 2021: "La partecipazione all'udienza costituisce una libera scelta dell'incolpato, mentre la mancata partecipazione comporta una lesione del suo diritto di difesa solo se determinata da un impedimento a comparire dalle caratteristiche tali da non risolversi in una mera difficoltà di presenziare all'udienza nella data stabilita, bensì in una situazione impeditiva di natura cogente che determini la assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento" (art. 420 ter cpp). Sebbene tale requisito non concerna soltanto la capacità di recarsi fisicamente in udienza, ma anche quella di parteciparvi dignitosamente ed attivamente per l'esercizio del diritto costituzionale di difesa, cionondimeno, anche al fine di garantire il necessario bilanciamento con il principio di ragionevole durata del processo, la condizione ostativa così delineata non può derivare in via automatica dall'esistenza di una patologia più o meno invalidante, dovendo questa essere vagliata dal giudice di merito (con esiti certamente non rivedibili in sede di legittimità se congruamente motivati) sotto il profilo di una impossibilità effettiva ed assoluta (oltre che non ascrivibile al soggetto), perché non dominabile né contenibile secondo parametri di normale esigibilità".
Sulla scorta di quanto precede, appare evidente per il CNF che la richiesta di differimento dell'udienza celebratasi avanti al CDD di Milano, avanzata dal ricorrente, non risponde in alcun modo alle stringenti condizioni, legittimanti l'eventuale accoglimento della stessa.
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