Le condotte dell'imputato non ritenute sufficienti, neppure, per l'ipotesi di maltrattamenti: derubricazione in percosse e minaccia

Il Tribunale di Brindisi in composizione Collegiale (sentenza n. 525/2024) ha mandato assolto l'imputato dal reato di violenza sessuale aggravata, con la formula "il fatto non sussiste".

Secondo l'ipotesi accusatoria l'imputato avrebbe costretto la vittima a subire atti di violenza sessuale, mentre il Tribunale ha rilevato che il "compendio probatorio raggiunto consente invece di affermare che siffatto delitto non sia stato integrato, soprattutto avuto riguardo alle dichiarazioni della stessa persona offesa".

Nel corso del processo la difesa ha, infatti, sostenuto e provato che l'imputato non avesse posto in essere condotte integranti l'ipotesi delittuosa di cui all'art. 609 bis e ss. c.p. e, a tal proposito, il Tribunale osserva in sentenza: "Non vi è prova, infatti, per come narrato dalla stessa p.o. che l'imputato abbia impiegato violenza ovvero minaccia, così costringendola a compiere o subire atti sessuali".

L'imputato, sempre nell'ambito del medesimo procedimento, è stato assolto anche dal reato di danneggiamento aggravato dell'autovettura in quanto - per come emerso in fase istruttoria - il predetto danneggiamento sarebbe avvenuto alla presenza della persona offesa escludendosi, così, l'esposizione dell'autovettura alla pubblica fede (si veda in tal senso, Cass. Pen. II Sez. Pen. n. 5251/2019).

Con particolare riferimento alle altre ipotesi di reato di cui rispondeva l'imputato, quali maltrattamenti in famiglia (art. 572 co. I e II c.p.), violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 co. 1 e 2 c.p.) ed una ulteriore ipotesi danneggiamento (artt. 81 e 635 co. I c.p.), il Tribunale Penale di Brindisi - previa riqualificazione delle predette ipotesi delittuose in percosse (art. 581 c.p.) e minaccia (art. 612 c.p.) - ha ritenuto di dichiarare la penale responsabilità dell'imputato con condanna ad anni uno di reclusione pena sospesa e non menzione.

A tal proposito, il Tribunale ha affermato come "le condotte dell'imputato, pur costituendo violazione di precetti penali, non sono in alcun modo sufficienti ad integrare il delitto di maltrattamenti contestato".

L'imputato ha sostenuto e, evidentemente, dimostrato nel corso del giudizio di primo grado, la insussistenza dei presupposti necessari per la configurabilità del reato di maltrattamenti.

Il Tribunale Penale di Brindisi ha rilevato che: "Siffatto reato, infatti, ha natura abituale e richiede che la reiterazione di condotte violente e sopraffattoria cagioni un perdurante scuotimento dell'equilibrio di vita della vittima, la quale, è costretta a vivere in clima di costante vessazione e mortificazione fisica e/o morale, tale da compromettere la normale tranquillità quotidiana. Il concetto di maltrattamenti di cui all'art. 572 c.p. presuppone una condotta abituale, che si estrinseca in più atti lesivi, realizzati in tempi successivi, dell'integrità, della libertà, dell'onore, del decoro del soggetto passivo o, più semplicemente, in atti di disprezzo, di umiliazione, di asservimento, che offendono la dignità della vittima".

Gli agiti dell'imputato, rileva il Tribunale, "si inscrivono in un contesto senz'altro poco armonico e di conflittualità relazionale dovuta alla cessazione della convivenza, ma, devono qualificarsi come episodici ed isolati e non avvinti dal dolo abituale e maltrattante, necessario per l'integrarsi del reato di cui all'art. 572 c.p."; da tali valutazioni ne consegue, poi, la operata riqualificazione.

Interessante sentenza del Tribunale Penale di Brindisi che si è occupata di questioni concernenti ipotesi di reato tendenti a provocare allarme sociale e che suscitano interesse nell'opinione pubblica.


Avv. Antonio Andrisano

Cassazionista del Foro di Brindisi


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