Il tema della somministrazione di lavoro, negli ultimi anni, è oggetto di ampia discussione, dottrinale e giurisprudenziale, ma ancora molti sono i nodi irrisolti


Il tema della somministrazione di lavoro, negli ultimi anni, è oggetto di ampia discussione, dottrinale e giurisprudenziale. Infatti, la disciplina nazionale (contenuta nel d.lgs. 276/2003) e la disciplina eurounitaria (di cui alla direttiva n. 2008/104) presentano alcuni punti di divergenza, in merito ai quali ha avuto modo di pronunciarsi la Corte di Giustizia dell'Unione Europea, oltre che i tribunali nazionali.

Tuttavia, diversi sono i nodi ancora irrisolti, con particolare riferimento al c.d. "staff leasing", ovverosia la somministrazione di lavoro a tempo indeterminato.

Il requisito della temporaneità nella recente giurisprudenza

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La questione legata alla durata della missione del lavoratore somministrato nasce da un caso sottoposto all'attenzione del Tribunale di Brescia, relativo ad un dipendente a tempo indeterminato di un'agenzia di somministrazione, il quale era stato inviato in missione per 17 volte, nell'arco di circa due anni, presso la stessa società utilizzatrice.

I Giudici bresciani - alla luce della conformità di tale situazione rispetto alla normativa nazionale - hanno disposto un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea in merito all'interpretazione della normativa nazionale in rapporto alla disciplina europea e, dunque, alla conformità di un tale meccanismo rispetto ai criteri previsti della direttiva 2008/104.

La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, con la sentenza del 14 ottobre 2020 nel procedimento 681/2018, ha in primis affermato l'insussistenza di un obbligo per il legislatore nazionale di prevedere un limite massimo del numero di missioni presso lo stesso utilizzatore assegnate a un lavoratore somministrato; allo stesso tempo, tuttavia, la Corte ha chiarito che la disciplina nazionale deve - conformemente alle previsioni della menzionata direttiva - garantire la natura temporanea della missione, secondo "quanto possa essere ragionevolmente qualificato come «temporaneo", in difetto confliggendo con la normativa eurounitaria e, segnatamente, con l'art. 5, par. 5, Dir. 104/2008.

Tale orientamento è stato fatto proprio dalla giurisprudenza nazionale, anche nomofilattica. In particolare, la Corte di Cassazione, con 7 sentenze "gemelle" emesse nel corso del luglio del 2022, nonché in altre pronunce successive, ha ripreso il principio sancito dalla Corte di Giustizia affermando che la violazione del requisito della temporaneità comporta, quale sanzione, la costituzione di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato alle dipendenze dell'utilizzatore (cfr., inter alias, Cass. civ., sez. lav., 11 ottobre 2022, n. 29570; Cass. civ., sez. lav., 21 luglio 2022, n. 22861; Cass. civ., sez. lav. 27 luglio 2022, n. 23494). Più di recente, sulla scia di tale orientamento, ormai consolidato, si sono pronunciati su casi analoghi in particolare il Tribunale di Trieste e quello di Milano (cfr. Trib. Trieste, 14 novembre 2023; Trib. Milano, 9 maggio 2023 e 16 gennaio 2024).

Il rapporto tra temporaneità e tempo indeterminato

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In tutti i casi citati, la situazione fattuale su cui i Giudici si sono pronunciati afferiva a situazioni in cui il lavoratore era dipendente a tempo indeterminato dall'agenzia di somministrazione e, successivamente, veniva somministrato a tempo determinato attraverso diverse missioni presso il medesimo l'utilizzatore: sicché, nonostante la formale apposizione di un termine alle missioni, le stesse risultavano tra loro collegate, realizzando uno schema considerato illegittimo dalla giurisprudenza comunitaria e nazionale in quanto elusivo del principio di temporaneità.

Tuttavia, diverso è il caso del lavoratore assunto dall'agenzia e somministrato, presso l'utilizzatore, a tempo indeterminato. Tale fattispecie contrattuale prende il nome di staff leasing: in un primo momento abolita dalla L. 247/2007, è stata reintrodotta dalla legge 191/2009 con alcuni limiti quanto ai settori di produttivi di riferimento e nel 2015 è stata totalmente liberalizzata.

Non vi è univocità di vedute in merito alla riconducibilità dello staff leasing alla disciplina della direttiva 104/2008 e, dunque, all'applicabilità del limite della temporaneità anche a siffatte ipotesi.

Ciò premesso, il Tribunale di Milano, nelle citate sentenze del 9 maggio 2023 e del 16 gennaio 2024, si è soffermato in un obiter dictum su tale fattispecie, sostenendo che anche i casi di somministrazione a tempo indeterminato confliggerebbero con il carattere temporaneo richiesto dalla disciplina eurounitaria con la conseguenza che, anche in siffatte ipotesi, sarebbe doverosa la conversione del rapporto a tempo indeterminato alle dirette dipendenze della società utilizzatrice.

Difatti, riprendendo le parole della Corte, "se effettivamente l'esigenza che determina per l'impresa utilizzatrice il ricorso alla somministrazione fosse a tempo indeterminato, non avrebbe ragione di ricorrere all'agenzia di somministrazione". In altri termini, "ciò che rileva non è la natura a tempo determinato o indeterminato del rapporto di lavoro con l'agenzia di somministrazione dovendosi, per contro, avere riguardo alle missioni presso l'utilizzatore, al fine di verificare se la precarizzazione del lavoratore assuma o meno il carattere di violazione dei principi della direttiva europea".

Si tratta di una presa di posizione particolarmente decisa, considerando che - come anticipato - lo staff leasing è formalmente consentito, senza limiti, dalla normativa nazionale e diverse imprese vi fanno ampio ricorso; contestualmente, la giurisprudenza europea non si è mai pronunciata espressamente su questo tema, che non è disciplinato né tantomeno menzionato dalla direttiva europea.

Il punto di vista della dottrina

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Le conclusioni del Tribunale di Milano non sono state accolte univocamente dalla dottrina, evidenziandosi la presenza di due orientamenti contrapposti:

1) Una prima impostazione, per cui lo staff leasing disciplinato dal D.lgs. 81/2015 fuoriesce dal campo applicativo della direttiva 104 - sul presupposto che la stessa riguarda quei lavoratori che "sono assegnati a imprese utilizzatrici per lavorare temporaneamente e sotto il controllo e la direzione delle stesse" - e, dunque, non incontra particolari limiti;

2) Una seconda impostazione, secondo la quale lo staff leasing sia soggetto ai principi della direttiva 104, rientrandone nell'ambito applicativo - atteso che la stessa si riferisce al "lavoro svolto, da un prestatore assunto da un'agenzia, in favore di una impresa utilizzatrice a prescindere dalla natura a tempo definito o sine die del contratto commerciale" - con la conseguenza che la disciplina nazionale potrebbe essere in violazione di quella comunitaria.

Sarebbe poi astrattamente ipotizzabile, quale soluzione intermedia, la legittimità della somministrazione a tempo indeterminato in tutti i casi in cui l'impresa utilizzatrice vi ricorra per far fronte a esigenze temporanee, ma alle quali non è possibile assegnare un termine ex ante, con la conseguenza che l'accertamento giudiziale della temporaneità o meno debba essere necessariamente svolto ex post e in concreto. Tuttavia, una siffatta soluzione comporterebbe, per il lavoratore, un pregiudizio rispetto alla certezza del rapporto e della sua durata sine die.

In ogni caso, nelle ipotesi sottoposte all'attenzione dei Giudici milanesi - non riguardando lavoratori somministrati a tempo indeterminato e, dunque, difettando il requisito della rilevanza - non si rinvenivano gli estremi per un ulteriore rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia, affinché si pronunciasse espressamente sull'argomento.

Tuttavia, trattandosi - come anticipato - di una questione la cui soluzione è destinata ad avere un notevolissimo impatto sul mercato del lavoro, atteso l'ampio ricorso delle imprese italiane allo staff leasing, ci si auspica che la Corte di Giustizia dell'Unione Europea possa affrontare il tema quanto prima e sciogliere il nodo in modo definitivo.


Avv. Francesco Chinni

Avv. Sergio Di Dato

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