La Suprema Corte di Cassazione conferma i principi informatori di diritto già chiariti con la pregressa ordinanza del 18 aprile scorso

Richiamando la decisione n. 10505/2024 gli Ermellini ribadiscono (con l'ordinanza 20913/2024), per la terza volta, la necessità di omologazione MI.S.E. per potersi validare un accertamento strumentale della velocità idoneo a costituire "fonte di prova" fruibile dalla P.A. ai fini sanzionatori. Il pregio della sentenza è l'estrema sintesi con la quale si limita a confermare, assumendola a motivazione assodata e assorbente, la nullità del verbale di contravvenzione per carenza di omologazione Mi.S.E.

Non c'è due senza tre! Salvo incoerenti colpi di scena la questione autovelox sembra aver trovato corretta definitiva soluzione, almeno secondo i giudici di legittimità.

Sulla falsariga della pregressa ordinanza dello scorso 18 aprile, che ha sollevato non poche reazioni di disappunto e contrasto, la censura sull'illecito utilizzo degli autovelox promanante dall'ultimo grado di giudizio presenta ormai, sotto il profilo del diritto, caratteri di certezza e intangibilità.

L'ordinanza in richiamo, va a definire un procedimento promosso avverso sanzione ex art. 142, comma 8 CDS comminata dal Comune di Milano, con accoglimento del ricorso del Giudice di Pace, riforma del Tribunale, accoglimento ultimo della Suprema Corte.

Si noti che il Comune di Milano ha inteso schierare a propria difesa non uno, non due, non tre, non quattro, ma ben cinque legali, risultando infine soccombente con ulteriore condanna al rimborso delle spese processuali in favore della parte ricorrente, liquidate in euro 440, oltre a euro 100 per esborsi, per il giudizio di appello e in euro 370, oltre a euro 100 per esborsi, per il giudizio di legittimità, il tutto oltre alle spese generali, pari al 15% sui compensi e agli accessori di legge.

Per situazione similare si segnalano la sentenza n. 502/2008 e la sentenza n. 109/2018, che han visto la Corte dei Conti condannare, ad personam, due Comandanti di Polizia Municipale per ravvisato danno erariale, provvedimenti che meriterebbero analisi a parte.

La sentenza 502/2008 richiama, a motivo del provvedimento sanzionatorio, l'accertata mancanza "della speciale omologazione della medesima apparecchiatura, necessaria per poter utilizzare la stessa senza il personale della P.M. secondo il combinato disposto dell'art. 201 - comma 1-bis, lett. f) e 1-ter C.d.s., come introdotti dall'art. 4 del D.L. 151/2003 e 4 D.L. 121/2002".

La sentenza 109/2018 riferisce, a sostegno della decisione, che "l'installazione di tale apparecchiatura" [ndr. autovelox] sarebbe stata effettuata "contra legem, perché in base alle disposizioni dettate con il decreto legge n. 121 del 2002, convertito con modificazioni dalla legge n. 168 del 2002, e successivamente confermate dal decreto legge n. 151 del 2003, convertito con modificazioni dalla legge n. 214 del 2003, il viale Italia era una strada classificata di tipo E, sulla quale sarebbe stato possibile operare solo con sistemi di rilevazione della velocità che consentivano la contestazione immediata, e non come invece era avvenuto mediante un'apparecchiatura autovelox fissa".

Con sentenza 109/2018 veniva stabilita una condanna al risarcimento del danno di euro 152.423,11 in relazione alle spese che l'ente aveva sostenuto per la notificazione (euro 43.345,92) di numerosi verbali di infrazione al Codice della strada, nonché per quelle conseguenti alla soccombenza nei relativi giudizi di annullamento dei verbali stessi (euro 173.661,55), somma, poi diminuita dell'importo di euro 64.583,91 incassato per il volontario pagamento di alcuni automobilisti.

Se il problema inerente la carenza "della speciale omologazione della apparecchiatura" autovelox era ben noto alla Corte dei Conti dal lontano 2008, ci si deve interrogare sull'inerzia degli operatori di settore e dei rappresentanti di governo nel voler trovare, già da allora, adeguata soluzione alla questione ora emersa, di prepotenza, con l'ordinanza 10505/2024 e pedisseque conformi.

Ciò malgrado, si rende noto, alcuni giudici di pace decidono in senso contrario.

Decisioni che appaiono incomprensibili e non condivisibili in quanto vanno a bypassare i principi cardine di diritto già analizzati e incanalati dagli Ermellini in soluzione univoca più volte ribadita, imponendo all'utente ulteriore immotivato sacrificio economico e personale per perseguire già acclarata ragione.

Si consideri, infatti, la necessità per il ricorrente di doversi avvalere, per difendersi in secondo e terzo grado di giudizio, dell'assistenza di un legale con relativo aggravio di costi.

Anche qui ci si interroga sull'eventuale responsabilità del magistrato che, agli occhi del ricorrente, potrebbe apparire interprete e fautore di denegata giustizia, con possibilità di inoltrare eventuale esposto al Consiglio Superiore della Magistratura per ravvisabile responsabilità come delineata dalla Corte Costituzionale con sentenza 205/2022.

Pur vero che il giudice è soggetto solo alla legge godendo di ampia autonomia decisionale.

Ma è altrettanto assodato che nell'ambito decisionale di merito, pur non essendo vincolante l'indirizzo della Suprema Corte che ha già statuito su casi identici o simili, il giudice dovrà sempre tenerne conto.

Pertanto l'attività decisionale volta a interpretare e applicare le norme di diritto in difformità delle decisioni di legittimità presenta alcuni limiti. In tal caso il giudice dovrà sempre specificare le buone ragioni, in fatto e in diritto, atte a motivare la sua discosta pronuncia.

Fino ad oggi non sono state rinvenute, nelle decisioni di rigetto, argomentazioni valide e convincenti in grado di eludere il principio gerarchico delle fonti di diritto e di legalità che devono sempre imperare, connotando pure produzione e utilizzo degli autovelox.

In particolare è stata fino ad oggi glissata e non direttamente affrontata, forse perché argomento di non immediata comprensione, la contestazione legata all'eccepita carenza della "verifica prima" e della "legalizzazione" riconducibili al Regio Decreto 7088/1890.

Permane il fatto che, mancando un decreto M.I.M.I.T. (già Mi.S.E.) di omologazione metrico-legale acquisibile in Italia solo mediante "verifica prima", gli autovelox mai potranno essere utilizzati dalla Pubblica Amministrazione ai fini sanzionatori, ex art. 142, 6° c. CDS, non avendo qualifiche e caratteristiche di strumenti metrico-legali.

Sotto tale profilo, la questione trova insormontabile soluzione atta a inficiare i verbali di contravvenzione: senza una prova documentale fide facente scaturente da strumento per il rilevamento della velocità metrologicamente certificato manca il fondamento stesso dell'asserita violazione.

Diversamente, trattandosi di accertamento strumentale differito unico e irripetibile, verrebbe violato il diritto alla difesa. In tal senso s'è eloquentemente espressa la Corte Costituzionale con sentenza 113/2015.

Si richiama, infine, la circolarità di ragionamenti promananti e sostenuti da diversi Comandanti di Polizia Locale, Sindaci e Prefetti, ancora diversamente orientati a giustificare l'utilizzo di strumenti dichiarati fuorilegge per apparenti esternate ragioni di sicurezza stradale.

Ma di quale sicurezza stradale stiamo parlando. Di quella disattesa da 1 o 5 o 10 chilometri all'ora sopra i limiti di velocità consentiti"

Il ragionamento è lineare: hai violato i limiti imposti e devi pagare.

L'ammontare delle singole sanzioni comminate per violazione dell'art 142 Cds sono, salvo eccezioni, di modesto peso economico, con una media dai 42 ai 172 euro. Lo Stato, benevolo, concede pure uno scontro se si paga entro i 5 giorni. Per i punti patente in qualche modo ci si destreggia in famiglia tra mamma, papà, nonno e nonna.

Nella maggioranza dei casi al cittadino risulta più agevole pagare le sanzioni, inferocito ma pur rassegnato a cotal destino, per ragioni di mera convenienza economica, in una valutazione oggettiva tra costi e benefici in caso di ricorso che comporterebbe, comunque, ulteriore esborso di denaro a favore dello Stato per contributo unificato - da un minimo di € 48,00 - da doversi versare se si intende accedere alle aule di giustizia. Bisogna fare i conti con la già precaria economia domestica.

Di conseguenza solo una minima parte degli utenti stradali sanzionati, parliamo forse dell'1%, si azzarda a fare ricorso contro i verbali di contravvenzione stradale.

Per la restante parte si tratta di milioni di euro che fluiscono costantemente nelle casse comunali.

Soldi su cui le amministrazioni fanno conto, ponendoli ogni anno a preventivo di bilancio e destinati, in massima parte, alla sicurezza stradale. Come risolvere ora il problema se si dovrà rinunciare a questo tesoretto già posto a bilancio. No multe, no party. Non è condizione facile da digerire, ormai abituati ad introiti certi derivanti da una sorta di "slot machine" dove, come sappiamo, il banco vince sempre.

Consiste in questo il "giochino" della millantata sicurezza stradale attuata mediante autovelox, al di là di un contesto che vede usualmente sulle strade conducenti disciplinati che ci tengono particolarmente all'incolumità propria e del prossimo.

Di prassi viaggiamo in piena sicurezza rapportando la velocità di guida alle condizioni reali del traffico, del tratto di strada percorso, della presenza o non di potenziali situazioni di pericolo. I 5, 10, 20 o più km orari di velocità oltre i limiti consentiti, a seconda dei tratti di strada percorsi, non ci pone, il più delle volte, in una situazione di insicurezza o di pericolo potenziale o reale, ma di non conformità a quei limiti eventualmente imposti in loco dalla pubblica amministrazione. Ciò non ci rende necessariamente cattivi guidatori o pirati della strada.

Gli incidenti stradali sono, a prescindere dallo loro drammaticità, eventi fisiologici impliciti nella stessa circolazione veicolare sempre più caotica e congestionata. La mancanza di incidenti sarebbe un vero miracolo dovendosi, però, fare i conti con una realtà che colpisce duramente e nel profondo, pur con tragico tributo annuale di vite umane.

Consapevoli del problema sarebbe opportuno vagliare e introdurre, in tema di sicurezza stradale, soluzioni alternative essendovi già sistemi complessi ideati per aumentarne l'effettiva realizzazione. Si prenda ad esempio il riflessometro che consentirebbe di regolare in automatico la velocità dei mezzi a seconda di tipologia di strada e cartellonistica. Ma, si argomenta con malcelata malizia, una soluzione così efficiente andrebbe forse ad eliminare o ridurre ai minimi termini la possibilità di incorrere in violazioni e sanzioni stradali eliminando, di conseguenza, i lauti introiti da ciò derivanti.

L'elevata velocità incide, secondo indici ISTAT, per circa il 10% nella causazione degli incidenti stradali rilevando, in prima posizione, distrazione e mancata precedenza. Con l'avvento dei telefonini la distrazione alla guida impera. Monopattini ed e-bike hanno riversato sulle strade milioni di "utenti deboli", così definiti all'art. 3, comma 53 bis del Nuovo codice della strada, che prima non c'erano, con oggettivo incremento percentuale del tasso di incidentalità.

Dobbiamo ora considerare che i kamikaze dell'alta velocità ci sono e ci saranno sempre, a prescindere dalle leggi o dagli autovelox. Noi stessi, quando li vediamo sfrecciare per strada o compiere manovre azzardate, li condanniamo severamente e senza appello.

È una questione di consapevole matura responsabilità, di rispetto e di educazione stradale.

È questa, di fondo, la corretta chiave di lettura su cui dobbiamo coralmente riflettere e renderci operativi: bisogna puntare sull'educazione stradale, fin da piccoli. A riguardo si stanno facendo decisivi ammirevoli progressi.

Al di là delle doverose condotte prudenziali da mantenere sulle nostre strade, a chiunque sarà capitato di superare i limiti di velocità, inconsapevolmente o pensando di tenere una guida sicura e prudenziale, venendo poi immortalati dai famigerati autovelox.

Non è, dunque, una questione di condotta di guida, ma di limiti imposti.

Limiti imposti da chi e perché" Alla base della sicurezza stradale l'art. 1 e 36 del CDS fa obbligo ai Comuni, già dal 1992 e con successivo regolamento del 1995, di attuare i c.d. Piani Urbani del Traffico atti a rilevare le situazioni critiche relative alla circolazione veicolare. Senza i P.U.T. non è possibile realizzare la sicurezza stradale reale.

Orbene: in Italia la maggioranza dei Comuni non ha mai realizzato i P.U.T.

A tale carenza avrebbero dovuto diligentemente sopperire, come previsto all'art. 36 comma 10 del CDS, i Prefetti mediante segnalazione e, in ultima, lo stesso Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti mediante esecuzione d'ufficio del piano e relativa sua realizzazione. E' stato fatto tutto questo " Evidentemente no, salvo prova contraria. Allora, chi si è reso inadempiente e di quale sicurezza stradale stiamo parlando "

In compenso molti dei 7.904 Comuni italiani e proprietari di strade si sono muniti di circa 11.130 autovelox, introitando milioni di euro a danno degli utenti stradali per asserite violazioni rilevate con apparecchiature dichiarate, dallo scorso aprile, fuorilegge.

Venendo ora a considerare i 32.310,572 km di strade statali e di autostrade, svincoli e strade di servizio (fonte ANAS) stiamo parlando dell'occhio vigile di un autovelox piazzato ogni 3 kilometri.

Altro che sicurezza stradale: siamo al cospetto di un grottesco Grande Fratello di orwelliana memoria esteso capillarmente sull'intera rete viaria italiana, che non lascia scampo a nessuno, in termini probabilistici. Prima o poi ti becco!

È il caso di porre fine a questa situazione di manifesta illegalità, a meno che non si intenda continuare a disattendere, dolosamente, la legge e il chiaro univoco indirizzo assunto dagli Ermellini in materia di autovelox. Condizione che potrebbe legittimare ogni cittadino a depositare motivate denunce presso le competenti Procure della Repubblica nei confronti dei diretti responsabili per ravvisati e reiterati abusi lasciando poi ai Giudici l'arduo compito di assumere i provvedimenti cautelativi o repressivi del caso.

Risale al 29 luglio scorso l'attuato sequestro, disposto dal GIP di Cosenza, di alcuni autovelox (T-Exspeed v 2.0) installati lungo le statali 106 e 107 e la provinciale 234. Sequestro poi esteso in altre parti d'Italia tra cui s'annoverano Venezia, Vicenza, Modena, Reggio Emilia, Pomarico (Matera), Cerignola (Foggia), Pianezza (Torino), Piadena (Cremona), Formigine (Modena), Arcola (La Spezia), Carlentini (Siracusa) e San Martino in Pensilis (Campobasso).

Si auspica che il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e il Ministero delle Imprese e del Made in Italy (avente competenza esclusiva in materia di metrologia legale) abbiano ad indire una Conferenza di Servizi che preveda l'istituzione di laboratori metrici dedicati a vagliare e certificare il possesso degli autovelox (ma valga pure per gli etilometri) delle qualità tecniche e funzionali conformi ai requisiti metrico-legali previsti per legge.

Prima di allora sarebbe coerente e sensato, da parte delle pubbliche amministrazioni, sospendere l'utilizzo ai fini sanzionatori di apparecchiature dichiarate fuorilegge, incrementando, in alternativa, la presenza degli agenti di polizia a pattugliare lungo le nostre strade.

Il rispetto delle leggi deve valere anche per chi amministra il bene comune, non solo per noi cittadini!

Avv. Emanuele Dalla Palma

Presidente dell'associazione Nazionale dei Consumatori e delle Micro Imprese MIGLIORE TUTELA - Referente Nazionale del CENTRO TUTELA LEGALE


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