L'avvocato deve corrispondere il compenso al collega domiciliatario e l'inadempimento integra un illecito di natura permanente. Lo ha chiarito il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 215/2024, pubblicata il 21 ottobre scorso sul sito del Codice deontologico.
"La violazione dell'art. 43 cdf (secondo cui l'avvocato che abbia scelto o incaricato direttamente altro collega di esercitare le funzioni di rappresentanza o assistenza, ha l'obbligo di provvedere a retribuirlo, ove non adempia il cliente) è un illecito omissivo di natura permanente, per il quale, finché perdura, non decorre prescrizione" aggiunge il CNF, rigettando il ricorso presentato da un professionista avverso la decisione emessa dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del Distretto della Corte d'Appello di Roma che gli ha inflitto la sanzione della censura mediante biasimo formale.
Nulla di fatto neanche sul fronte sanzionatorio, avverso il quale il ricorrente ha eccepito innanzi al CNF l'eccessività della sanzione inflitta. Ma per il Consiglio neppure tale rilievo è condivisibile. "La determinazione della sanzione disciplinare non è frutto di un mero calcolo matematico, ma è conseguenza della complessiva valutazione dei fatti come indicato dall'art 21 cdf . Si deve tenere conto della gravità dei comportamenti contestati, al grado della colpa o all'eventuale sussistenza del dolo ed alla sua intensità, al comportamento dell'incolpato precedente e successivo al fatto, alle circostanze - soggettive e oggettive - nel cui contesto è avvenuta la violazione, all'assenza di precedenti disciplinari e la buona fede del professionista" spiega il CNF. Per cui, la sanzione inflitta è adeguata, giacché il CDD ha effettuato una corretta valutazione di tutti gli elementi. Il ricorso è dunque rigettato in ogni sua parte.
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