Il CNF afferma che le diffide indirizzate alla controparte personalmente vanno inviate per conoscenza all'eventuale collega che la assista


"L'avvocato non deve mettersi in contatto diretto con la controparte che sappia assistita da altro collega (art. 41 co. 1 cdf), salvo per richiedere comportamenti determinati, intimare messe in mora, evitare prescrizioni o decadenze ma inviandone sempre copia per conoscenza al collega che la assiste (art. 41 co. 3 cdf)". In particolare, la richiesta di "comportamenti determinati" comprende anche le "diffide a compiere una certa attività ovvero ad astenersene, solitamente accompagnate dall'avvertenza delle possibili conseguenze in caso di inottemperanza". E' quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense, con la sentenza n. 231/2024 pubblicata il 7 novembre sul sito del Codice deontologico.

A rivolgersi al CNF è un avvocato sanzionato dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del distretto della Corte d'Appello di Bologna con l'avvertimento per aver inviato direttamente una comunicazione contenente una diffida alla controparte, ritenendo che la stessa non rientrasse tra gli atti per cui la norma impone l'invio di copia per conoscenza al collega.

"L'art. 41 co.3 NCD è chiaro nell'affermare che l'avvocato può scrivere direttamente alla controparte, ma deve comunque trasmettere copia per conoscenza al collega che la assiste" afferma innanzitutto il CNF. Né rileva quanto sostenuto dal ricorrente che si giustifica sostenendo che, "a causa di circostanze contingenti non sarebbe stato in grado di controllare il testo definitivo, compresi gli indirizzi della missiva dettata via telefono, dovendosi l'avvocato sempre astenere dall'interloquire con controparte all'oscuro del di lui legale ed essendo compito e precisa responsabilità dell'avvocato farsi carico di ogni aspetto formale nella redazione degli atti e delle missive, ancorché materialmente redatte da terzi collaboratori".

Né coglie nel segno l'argomentazione che fa leva sull'impossibilità di individuare il collega cui inviare le comunicazioni attesa l'ampiezza del collegio difensivo della controparte. Correttamente, per il CNF, "ha motivato sul punto la decisione disciplinare individuando l'Avvocato di fiducia della controparte ed, in ogni caso, il ricorrente - al fine di rispettare la norma deontologica - ben avrebbe potuto e dovuto attivarsi con i quattro colleghi che la assistevano per direzionare correttamente le proprie comunicazioni".

Per cui, il ricorso è rigettato, seppur vada dichiarata l'intervenuta prescrizione dell'azione disciplinare, e la sanzione originariamente comminata ritenuta congrua.


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