"Costituisce grave illecito disciplinare il comportamento dell'avvocato che falsamente attesti l'autenticità della sottoscrizione del proprio asserito cliente, in realtà apocrifa, a nulla rilevando che l'avvocato stesso sia stato l'autore dell'apocrifo ovvero che si sia avvalso di un atto sempre apocrifo omettendo di accertare l'identità della persona che risultava aver rilasciato il mandato". Così il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 269/2024, pubblicata il 3 dicembre 2024 sul sito del Codice deontologico.
A ricorrere al CNF è un avvocato sanzionato dal Consiglio Distrettuale di Disciplina Forense del distretto della Corte d'Appello di Campobasso con la sospensione dall'esercizio dell'attività professionale per anni due, in quanto ritenuto responsabile di plurime violazioni deontologiche, tra cui l'autentica e l'uso di procura alle liti con firma apocrifa.
Il CNF, alla luce della gravità e pluralità delle condotte, conferma la responsabilità del ricorrente e rigetta il ricorso. Pur tuttavia, "in considerazione della previsione edittale minima prevista dall'art. 50 commi 1 e 2 cui si ritiene di doversi riferire per la mancanza di precedenti e ritenendo la stessa previsione alla stregua di adeguato parametro per sanzionare condotte riconducibili nell'alveo del vecchio articolo 14 del previgente codice deontologico, e valutata infine la condotta dell'incolpato nella sua complessità" ritiene equo irrogare la sanzione, di anni uno di sospensione dall'esercizio dell' attività professionale.
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