Lavoro di pubblica utilità sostitutivo in caso di condanna alla reclusione fino a quattro anni


Interessante sentenza del Gip presso il Tribunale di Brindisi che ha accolto la richiesta di applicazione di pena concordemente formulata dal Pubblico Ministero e dall'imputato - agli arresti domiciliari - che prevedeva l'irrogazione di una pena detentiva pari ad anni 2, mesi 4 di reclusione ed euro 540,00 di multa da convertirsi, ex art. 20 bis c.p., in lavoro di pubblica utilità sostitutivo.

L'imputato che rispondeva di maltrattamenti in famiglia ed estorsione, dopo aver subito un periodo di custodia cautelare in carcere, trovavasi agli arresti domiciliari, allorquando compariva innanzi al GIP per la decisione in merito alla proposta di patteggiamento con conversione della pena detentiva in lavoro di pubblica utilità.

La questione, evidentemente interessante sotto il profilo giuridico, proprio in ragione della possibilità di concedere la conversione della pena in lavoro di pubblica utilità in favore di imputato sottoposto agli arresti domiciliari è stata risolta positivamente dal Gip presso il Tribunale di Brindisi, con sentenza n. 589/2024, che ha accolto l'istanza ex art. 444 c.p.p. rinviando, poi, ad altra udienza per le informazioni da acquisirsi presso l'Uepe competente ai fini del programma per lo svolgimento del predetto LPU.

A tal proposito si segnala una recentissima sentenza della Corte di Cassazione Sezione I Penale n. 41185/2024 dell'8.11.2024 con la quale il Supremo Collegio ha affermato come la messa alla prova possa coesistere con la detenzione domiciliare a condizione che le relative prescrizioni siano compatibili e che la partecipazione ai lavori di pubblica utilità non crei pericolo di reiterazione del reato.

Il Supremo Collegio, con la predetta sentenza, ha affermato e ricordato come colui che trovasi in detenzione domestica possa essere autorizzato a lasciare il domicilio per lavoro o altre finalità.

Con particolare riferimento al caso di specie, il Gip ha rilevato in sentenza come all'imputato potessero essere concesse le circostanze attenuanti generiche in ragione della di lui incensuratezza e della confessione resa.

Trattasi di una decisione, quella del Gip presso il Tribunale di Brindisi, che si pone in linea con il fondamentale principio di finalità rieducativa della pena, sancito dall'art. 27 della Costituzione, secondo cui le pene non devono essere volte unicamente alla punizione del reo ma devono, innanzitutto, mirare alla sua rieducazione, quale requisito fondamentale per il suo reinserimento sociale.


Avv. Antonio Andrisano

Cassazionista del Foro di Brindisi


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