La Corte Europea si pronuncia sugli assegni familiari per lavoratori stranieri (causa c-664/23)


La Corte di Giustizia dell'Unione Europea (CGUE) ha emesso una sentenza di rilievo nella causa C-664/23, stabilendo che gli Stati membri non possono negare gli assegni familiari ai lavoratori stranieri per mancanza di prova dell'ingresso legale dei figli nel territorio nazionale. La decisione tocca principi fondamentali del diritto dell'Unione, rafforzando la tutela dei lavoratori migranti e dei loro familiari.

Il contesto della causa

La questione è sorta in un caso riguardante un lavoratore straniero legalmente residente in uno Stato membro dell'UE, il quale aveva richiesto assegni familiari per i figli residenti al di fuori del territorio dell'Unione. Le autorità nazionali avevano rigettato la domanda, adducendo l'assenza di prove relative all'ingresso legale dei figli nel Paese.

La posizione della Corte di Giustizia

La CGUE ha ribadito che il principio di parità di trattamento sancito dal regolamento (UE) n. 492/2011 si applica anche ai benefici sociali, inclusi gli assegni familiari. Imporre requisiti aggiuntivi, come la prova dell'ingresso legale dei figli, rappresenta una discriminazione indiretta. Secondo la Corte, tale pratica ostacola i diritti garantiti ai lavoratori migranti e non è giustificata da obiettivi di interesse pubblico.

Il principio di diritto

La Corte Ue ha dichiarato che "l'articolo 12, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2011/98/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011, relativa a una procedura unica di domanda per il rilascio di un permesso unico che consente ai cittadini di paesi terzi di soggiornare e lavorare nel territorio di uno Stato membro e a un insieme comune di diritti per i lavoratori di paesi terzi che soggiornano regolarmente in uno Stato membro, dev'essere interpretato nel senso che: esso osta ad una normativa di uno Stato membro in forza della quale, ai fini della determinazione dei diritti alle prestazioni di sicurezza sociale di un cittadino di un paese terzo, titolare di un permesso unico, i figli a suo carico nati in un paese terzo sono presi in considerazione solo a condizione che risulti comprovato il loro ingresso regolare nel territorio di tale Stato membro".


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