La Corte ha precisato che la citata sentenza numero 120 del 2021, «appartiene al genus delle pronunce qualificate dalla dottrina di "inammissibilità di sistema", in quanto, pur riscontrando una dubbia compatibilità con i parametri costituzionali evocati, non si risolvono con una dichiarazione di illegittimità costituzionale, ma rimettono, in prima battuta, alla discrezionalità del legislatore (così, fra le altre, sentenze numero 130 e numero 71 del 2023 e numero 22 del 2022) il quomodo del necessario intervento - che può realizzarsi secondo un ventaglio di soluzioni plausibili - finalizzato a rimuovere il riscontrato vulnus».
Da questo presupposto - ha chiarito la pronuncia - «deriva che, nel caso di specie, per dare seguito allo specifico invito formulato pro futuro dalla stessa sentenza, il legislatore non era tenuto a intervenire in modo retroattivo, come invece ritiene il giudice rimettente, dal momento che anche la disciplina dell'efficacia temporale rientrava nella sua discrezionalità».
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