La Consulta ha affermato che il legislatore non era tenuto a intervenire in modo retroattivo sull'aggio di riscossione


Il legislatore è stato sollecito nel raccogliere, già con la legge di Bilancio 2022, il pressante invito rivolto dalla Corte Costituzionale (sentenza numero 120 del 2021) a riformare i meccanismi di remunerazione del servizio della riscossione e non era tenuto a intervenire retroattivamente. È quanto ha stabilito la Consulta nella sentenza numero 46/2025, decidendo la questione sollevata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, che lamentava la lesione di diversi parametri costituzionali, dal momento che la sostanziale abrogazione dell'aggio di riscossione è stata prevista dal legislatore solo pro futuro, ovvero a decorrere dal 1° gennaio 2022.


La Corte ha precisato che la citata sentenza numero 120 del 2021, «appartiene al genus delle pronunce qualificate dalla dottrina di "inammissibilità di sistema", in quanto, pur riscontrando una dubbia compatibilità con i parametri costituzionali evocati, non si risolvono con una dichiarazione di illegittimità costituzionale, ma rimettono, in prima battuta, alla discrezionalità del legislatore (così, fra le altre, sentenze numero 130 e numero 71 del 2023 e numero 22 del 2022) il quomodo del necessario intervento - che può realizzarsi secondo un ventaglio di soluzioni plausibili - finalizzato a rimuovere il riscontrato vulnus».


Da questo presupposto - ha chiarito la pronuncia - «deriva che, nel caso di specie, per dare seguito allo specifico invito formulato pro futuro dalla stessa sentenza, il legislatore non era tenuto a intervenire in modo retroattivo, come invece ritiene il giudice rimettente, dal momento che anche la disciplina dell'efficacia temporale rientrava nella sua discrezionalità».


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