Insegnanti bacchettoni? Ora li "bacchetta" la Cassazione! La Suprema Corte ha detto basta ai "metodi di educazione rigidi e autoritari" per ottenere l'attenzione della classe. In una sentenza resa dalla sesta sezione penale (n.34674/2007) gli Ermellini denunciano che gli insegnanti che utilizzano metodi troppo autoritari nei confronti dei loro alunni possono provocare "rilevanti conseguenze sulla salute psichica" dei ragazzi stessi, portandolo addirittura "alla depressione".
In questo modo è stata confermata la condanna di un mestro a tre mesi di reclusione per abuso dei mezzi di correzione.
E' "ormai opinione comune nella letteratura scientifico-psicologica che metodi di educazione rigidi ed autoritari, che utilizzino comportamenti punitivi violenti o costituivi, come quelli realizzati dal maestro, siano non soltanto pericolosi, ma anche dannosi per la salute psichica, cosi' da essere responsabili di una serie di distrurbi variegati e complessi, dallo stato d'ansia all'insonnia e alla depressione, fino -quando il trauma si e' verificato nei primi anni di vita- a veri e propri disturbi caratteriali e comportamentali nell'eta' adulta".
Il maestro aveva contestato la condanna inflittagli dai giudici di merito cercando di giustificare il suo comportamento autoritario con la necessità di infliggere delle punizioni agli alunni per "trovare un dialogo con una classe impossibile".
Il maestro aveva anche sostenuto che una condanna in base all'art. 571 c. p. dovrebbe scattare soltanto se l'abuso provoca "una malattia nel corpo o nella mente". La Corte ha respinto le richieste del maestro sottolineando che la condanna per abuso dei mezzi di correzione e' stata corretta ed adeguata anche perche' i giudici di merito "hanno assunto a base della ricostruzione dei fatti le dichiarazioni rese dai minori (che, si e' evidenziato, non si tratta di bambini molto piccoli e l'audizione e' sempre avvenuta con l'ausilio di una psicologa, e cio' proprio al fine di evitare che nel racconto dei ragazzi potessero provocarsi distorsioni)".
Il maestro dunque, continua la Cassazione "non ha davvero motivo di dolersi" per le maniere forti utilizzate con gli alunni. Infatti, "il fatto commesso qualificato come abuso dei mezzi di correzione appare davvero al limite del piu' grave delitto di maltrattamenti, non potendosi ignorare che la nozione giuridica di abuso dei mezzi di correzione va interpretata in sintonia con l'evoluzione del concetto di abuso sul minore, che si concretizza allorche' si configuri un comportamento doloso, attivo od omissivo, mantenuto per un tempo apprezzabile, che umilia, svaluta, denigra e sottopone a sevizie psicologiche un minore, causandogli pericoli per la salute, anche se compiute con soggettiva intenzione correttiva o disciplinare".
Le punizioni inflitte dal Maestro nel caso preso in esame dalla Corte "hanno realizzato traumi psicologici per le piccole vittime" e da ciò deriva un pericolo per la salute mentale delle persone offese. Questo pericolo "alla stregua delle piu' recenti acquisizioni scientifiche, sussiste ogni qualvolta ricorre il concreto rischio di rilevanti conseguenze sulla salute psichica del soggetto passivo".
La corte conclude ricordando che gli insegnanti che quanti ricorrano a "comportamenti punitivi, violenti o costrittivi" arrecano un pericolo "per la salute psichica" dei ragazzi portandoli alla depressione.
In questo modo è stata confermata la condanna di un mestro a tre mesi di reclusione per abuso dei mezzi di correzione.
E' "ormai opinione comune nella letteratura scientifico-psicologica che metodi di educazione rigidi ed autoritari, che utilizzino comportamenti punitivi violenti o costituivi, come quelli realizzati dal maestro, siano non soltanto pericolosi, ma anche dannosi per la salute psichica, cosi' da essere responsabili di una serie di distrurbi variegati e complessi, dallo stato d'ansia all'insonnia e alla depressione, fino -quando il trauma si e' verificato nei primi anni di vita- a veri e propri disturbi caratteriali e comportamentali nell'eta' adulta".
Il maestro aveva contestato la condanna inflittagli dai giudici di merito cercando di giustificare il suo comportamento autoritario con la necessità di infliggere delle punizioni agli alunni per "trovare un dialogo con una classe impossibile".
Il maestro aveva anche sostenuto che una condanna in base all'art. 571 c. p. dovrebbe scattare soltanto se l'abuso provoca "una malattia nel corpo o nella mente". La Corte ha respinto le richieste del maestro sottolineando che la condanna per abuso dei mezzi di correzione e' stata corretta ed adeguata anche perche' i giudici di merito "hanno assunto a base della ricostruzione dei fatti le dichiarazioni rese dai minori (che, si e' evidenziato, non si tratta di bambini molto piccoli e l'audizione e' sempre avvenuta con l'ausilio di una psicologa, e cio' proprio al fine di evitare che nel racconto dei ragazzi potessero provocarsi distorsioni)".
Il maestro dunque, continua la Cassazione "non ha davvero motivo di dolersi" per le maniere forti utilizzate con gli alunni. Infatti, "il fatto commesso qualificato come abuso dei mezzi di correzione appare davvero al limite del piu' grave delitto di maltrattamenti, non potendosi ignorare che la nozione giuridica di abuso dei mezzi di correzione va interpretata in sintonia con l'evoluzione del concetto di abuso sul minore, che si concretizza allorche' si configuri un comportamento doloso, attivo od omissivo, mantenuto per un tempo apprezzabile, che umilia, svaluta, denigra e sottopone a sevizie psicologiche un minore, causandogli pericoli per la salute, anche se compiute con soggettiva intenzione correttiva o disciplinare".
Le punizioni inflitte dal Maestro nel caso preso in esame dalla Corte "hanno realizzato traumi psicologici per le piccole vittime" e da ciò deriva un pericolo per la salute mentale delle persone offese. Questo pericolo "alla stregua delle piu' recenti acquisizioni scientifiche, sussiste ogni qualvolta ricorre il concreto rischio di rilevanti conseguenze sulla salute psichica del soggetto passivo".
La corte conclude ricordando che gli insegnanti che quanti ricorrano a "comportamenti punitivi, violenti o costrittivi" arrecano un pericolo "per la salute psichica" dei ragazzi portandoli alla depressione.
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