È questo il principio ricavabile dalla lettura di una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile (n. 24010/2007) che ha accolto il ricorso proposto dalla Rai
"Il canone di abbonamento radiotelevisivo (…) non trova la sua ragione nell'esistenza di uno specifico rapporto contrattuale che leghi il contribuente, da un lato, e l'Ente - la Rai, appunto - che gestisce il servizio pubblico radiotelevisivo, ma si tratta di una prestazione tributaria, fondata sulla legge, non commisurata alla possibilità effettiva di usufruire del servizio de quo. Essendo un'entrata tributaria, la giurisdizione sulla debenza del canone di abbonamento radiotelevisivo spetta, come queste Sezioni Unite hanno già avuto modo di affermare, al giudice tributario ai sensi dell'art. 2, D.Lgs. n. 546 del 1992, come modificato dall'art. 12, comma 2, L. n. 448 del 2001 (Cass. S.U. n. 20068 del 2006)".
È questo il principio ricavabile dalla lettura di una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile (n. 24010/2007) che ha accolto il ricorso proposto dalla Rai con il quale si eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario - nel caso di specie il giudice di pace - a favore del giudice tributario.
È questo il principio ricavabile dalla lettura di una recente pronuncia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione civile (n. 24010/2007) che ha accolto il ricorso proposto dalla Rai con il quale si eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario - nel caso di specie il giudice di pace - a favore del giudice tributario.
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